La privacy del macchinone turbo
Oh, me tapino, ingenuo e gattino cieco che non sono altro! E io che credevo che già il fisco avesse tutti i miei dati incrociati, l’Iva e l’Irpef e il diavolo che se lo porta. E che sapesse che macchina ho, e se posseggo (no) uno yacht di trenta metri, oppure se posseggo (no) una casa in montagna, o al mare, o un residence che figura come catapecchia per pastori e invece ha tre piscine, oppure la villa di alcuni ettari che per andare dal salotto al cesso ci vuole il motorino! Nella mia infinita e vanagloriosa supponenza io credevo che tutte queste cose esistessero già e che da qualche parte nel segreto ventre dello Stato qualcuno potesse digitare il mio nome su un computer e dire: «ah, ah! Si è comprato una stampante!». O che magari si sapesse, e suonasse un pochino sospetto, che il mio vicino dichiari un reddito da badante polacca e se la rida salendo sul suo gippone biturbo da centodieci mila euro che consuma come lo shuttle! Io credevo che tutto questo esistesse già, che fosse ovvio e naturale e invece apprendo che no, non esiste, forse esisterà, ma per il momento no, e solo ora Visco promette di farlo. Così ora mi tocca sentire gli allarmi e le contumelie dei liberisti contrari all’anagrafe tributaria individuale. I pianti degli alfieri degli alti redditi minacciati dalla lotta fiscale di classe. Le stridule lamentazioni dei teorici del meno-stato-più-mercato che si appellano alla privacy. Lo stato sa dove vivo? Che macchina ho? Sacrilegio! E la mia privacy? Ma una volta imparata l’arte dei dati incrociati, non si smette più. E dunque basta incrociare questa solenne levata di scudi con altre prese di posizione degli stessi arguti pensatori per accorgersi che qualcosa non torna. Non si occupavano di privacy quando le nostre città diventavano un’immensa telecamera per il «controllo del territorio»? Non si angosciavano per l’arroganza dello stato quando decidevano che un ragazzino poteva finire in galera per due canne? No, anzi. In decine e decine di casi lo stato forte gli piaceva parecchio, a questi teorici della privacy ad alto reddito. Tolleranza zero! Finché non ti sale in barca, la tolleranza, o sul macchinone, o non ti entra nel villone. E allora d’incanto, ecco che non la tollerano più, e si appellano alla privacy. Porca miseria, va bene la tolleranza zero, ma bisogna proprio fatturarla?
Alessandro Robecchi (il Manifesto) 23. 08.06
Un pensiero su “Nota:LA PRIVACY DEL MACCHINONE TURBO (in merito alle dichiarazioni dei redditi rese pubbliche)”