Mense scolastiche E I PASTI DEI NOSTRI FIGLI

Poco prima di Natale la neve ha provocato la ritardata (o mancata) consegna del pranzo nelle scuole cittadine. L’assessore all’Istruzione, Francesca Bonacina, ha promesso di studiare un piano per far fronte alle emergenze. Nell’attesa di conoscerlo è bene cogliere l’occasione per fare ulteriori ragionamenti sulle mense scolastiche. Troppe cose non vanno o si sottovalutano, al di là delle emergenze climatiche.

La ristorazione scolastica, che in Italia vale 1,8 miliardi di euro, all’anno, ha come abitudine quella delle gare d’appalto aggiudicate al massimo ribasso, anche se i pasti sono quelli dei nostri figli. Quella di Lecco non fa eccezione. Aggiudicato per il periodo 2009-014 al colosso Avenance e Ristorazione e Servizi per le Comunità,  ha un valore di 9.250.000 e serve 400.000 pasti annui.

Settimana scorsa si è parlato degli avanzi/sprechi del cibo. Ben oltre il fisiologico. Infatti il 30%, come l’assessore ai Servizi sociali, Ivano Donato, ha confermato, è aberrante.  1/3 del cibo prodotto non può trovare consolazione solo nell’auspicato impegno (meritorio) di recupero, con il Progetto Last minute market, ad uso caritatevole. Il 30% è anche un dato spaventoso in termini di costi inutili/impropri. Costi girati sulle famiglie con il prezzo del buono pasto. Buono pasto, tra l’altro, mica tanto equo. Avendo, per scelta del Comune, solo 3 sole fasce di prezzo. Quello di 1,55 euro, per la fascia più bassa, 2,55 euro per l’intermedia e, infine, per la fascia più alta, un buono pasto dal costo di 4,10 euro. Una finta differenziazione nel concreto perché le fasce sono improponibili, farlocche, pochissimo progressive, tendenzialmente discriminanti.

Per avere il minor costo del pasto (1,55) una famiglia di 4 persone deve avere un reddito complessivo, al lordo degli oneri deducibili, di max 14.151euro l’anno. Con poco più del doppio (28.818) il costo diventa già quello massimo. Per pagare il massimo, inoltre, è sufficiente superare i 22mila euro se si è in 2 in famiglia. Se si ha un reddito complessivo tra 18 e 19500 euro serve essere almeno in 7 in famiglia per poter pagare la cifra più bassa. Improponibile oltre che improbabile. In un solo anno le tariffe sono poi aumentate, per le 2 fasce più onerose, di oltre il 7%.

E se pensiamo che gli impiegati trovano, con 9-10 euro, in ristoranti, menu comprensivi di bevande e caffè (senza parlare del sovente rimborso aziendale dintorno al 50%), bisogna chiedersi se nelle scuole il costo attuale sia giustificato. E se la qualità è più alta. E se tende a crescere con l’aumento del costo del buono pasto. No, no e ancora no. Il biologico, con scuse abbastanza indecenti: “non si trova tutta la verdura tutto l’anno” come se fosse serio che ci debbano essere le stesse cose in tutte le stagioni, al posto che aumentare è stato pressoché bandito. (tranne yogurt e mela).

I bicchieri e piatti, dagli ecologici e istruttivi materiali riutilizzabili, sono, da quest’anno, diventati usa e getta. Una massa di rifiuti che andrebbe arrestata.

Le cucine dalla città sono inoltre state trasferite a Costa Masnaga, a quasi 20 km dai luoghi dove poi vanno portati e serviti i cibi per la consumazione. Se si pensa in aggiunta che sono varie le soste nelle diverse scuole per la consegna del rispettivo cibo, la qualità che giunge sulla tavola dei nostri bimbi non può essere ottimale cioè quella dovuta.

E’ da auspicare quindi che alcuni correttivi vengano valutati e posti in essere dall’Amministrazione comunale con urgenza e altri vengano valutati e programmati per il prossimo futuro.

Per i primi la reintroduzione del biologico, la priorità della stagionalità degli alimenti e la vicinanza ove possibile dei produttori stessi, (ne guadagnerebbero ambiente ed economia locale), l’acqua esclusivamente del rubinetto, bicchieri e stoviglie non più usa e getta.

Per il prossimo futuro, sull’esperienza di altre comunità, altrettanto grandi, la produzione dei cibi in un centro di cottura cittadino [co-]pubblico, per facilitare, garantire, standard di qualità e di efficienza propri di un modello ecosostenibile, realizzata per operare a basso impatto ambientale, ricorrendo per il proprio soddisfacimento energetico a fonti rinnovabili d’energia e ai recuperi di calore. Tutti percorsi per favorire un’educazione alimentare incentrata su buonsenso e sobrietà senza disdire il risparmio per le famiglie. Superando però quelle gare d’appalto aggiudicate al massimo ribasso, bandite e pensate troppo superficialmente, anche se i pasti sono quelli dei nostri figli.

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