In questi giorni si parla, soprattutto qui da noi, di Vittorio Arrigoni, Vik, ucciso in terra di Palestina.
Si commette volontariamente l’errore, però, di ritenerlo ucciso per mano di amici. Beffardamente. Dandogli, chi più palesemente chi meno, del folle utopista, vittima del suo buonismo, amico dei fondamentalisti. Perciò figlio di una morte ancor più inutile perché combatteva, facendosi col suo corpo scudo umano, contrapposizione, interposizione, contro il nemico sbagliato.
Non si dice, in nessun editoriale, in nessun articolo, in nessuna opinione, (tantomeno sui quei giornali che quando Vitorrio documentava da Gaza la barbarie nazista di Israele con “Piombo Fuso” tacevano, si voltavano dall’altra parte) che quella che invece sta all’origine di questa abominevole tragedia che è la morte di Vittorio Arrigoni, di un ragazzo, di un ambasciatore di pace, che è la morte di un testimone, di un narratore armato dei suoi occhi, si chiama conflitto israelo-palestinese. E di quel lager a cielo aperto – quel luogo di tortura e di sterminio, di quella shoa ancor più umiliante e grave perché perpetrata dalla mano di chi è stato figlio di quell’Olocausto nazista – vittima di quella Striscia di terra, Gaza, che appunto nessuna comunità internazionale, nessuna Onu, nessuna Europa, nessun difensore dell’”umanità” osa denunciare e contrapporsi, farsi scudo umano, verso Israele.
E’ la vigliaccheria di non ammettere nemmeno di doversele porre queste domande che inchioda alla loro falsa coscienza, ma vera cattiveria chi si maschera dietro la mano salafita, integralista e fondamentalista di Palestinesi.
La morte di Vittorio Arrigoni, sarà un’altra morte ancor più inutile se anche noi contribuissimo, come soldatini dell’ipocrisia, piantando un altro chiodo sulla sua bara, a dimenticare quello che succede là. Là, dove è morto, ma dove soprattutto aveva scelto di vivere di provare lui, con i suoi occhi, con le sue braccia, con la sua pipa e il suo computer, a dare la speranza ai giovani palestinesi che c’era, grazie anche a lui, almeno una speranza di vita.
La morte di Vittorio Arrigoni, sarà un’altra morte ancor più inutile se noi non ricordassimo ai politici, ai parlamentari, alla politica, tutti i giorni, che, per dignità, deve trovare una soluzione alla guerra Israelo Palestinese.
Che quel lager a cielo aperto che è la Striscia di Gaza, senza diritti, dove gli abitanti ammassati in un fazzoletto di terra sono lasciati morire di parto ai posti di blocco, di malattie banali, costretti a nutrirsi di rifiuti, e sottoposti a un accanimento sadico da parte di Israele, un lager con le porte sbarrate anche per i fondamentali beni essenziali di sopravvivenza, non può essere permesso. Nemmeno ad Israele.
E’ un dovere morale delle Istituzioni, della politica, di ognuno dei politici che oggi firma appelli e messaggi di cordoglio per la morte di Vittorio Arrigoni deve assumersi con gesti e compiti concreti. Con gli strumenti che il suo ruolo gli mette, gli ha messo a disposizione.
A noi cittadini che con Vittorio abbiamo parlato, che Vittorio l’abbiamo conosciuto dalle sue mail, dalle sue cronache dalla terra dove aveva scelto di spendersi, non resta che continuare con maggior impegno e fatica ad informarci, a documentare, a metterci come scudi umani tra l’indifferenza e l’ipocrisia.
Ce n’è bisogno ancora di più da oggi.
Dopo che Vik è morto perché aveva un cuore troppo grande…. e perché, nonostante la comunità internazionale, nonostante la stessa Onu, nonostante la “civile” Europa, nonostante tutti i difensori dell’”umanità”, credeva ancora nella Pace in Palestina. Credeva ancora nell’Umanità.