Ho apprezzato l’editoriale di Gianfranco Colombo sulla Lecco da bere, pubblicato sul quotidiano la Provincia di Lecco qualche tempo fa.

Come non condividere infatti la morale: “a prescindere di chi sia la colpa è utile porvi rimedio”.

Non sono mai stata tra quelli che si auguravano che Berlusconi facesse danni incommensurabili così da poter dire: “ve l’avevo detto che era un pericolo per l’Italia”. Non sono così egoista da voler male all’Italia solo per aver ragione io.

Vale anche per la mia città.

Lecco è stata da bere. Non perché bar/ristoranti sono sempre stati strapieni ma perché, come cittadini, ci si è accontentati della (parvenza) dell’effimero e soprattutto si è coltivato il menefreghismo verso la politica comunale. Bastava (per usare un’iperbole) che i supermercati rimanessero aperti anche la domenica e troppi erano contenti.

Ovvi, quindi, che l’innalzamento dell’Irpef non è un dramma se questo vuol dire salvare i servizi e tutelare una comunità. Soprattutto se l’aumento riguarderà noi che abbiamo buoni redditi.

Questo però non ci deve esimere dal ricordare che il Sindaco Brivio solo poco più di un anno fa (non secoli) in campagna elettorale promise di toglierla l’Irpef.

E non serviva la mia Laurea in Economia per comprendere che c’era già, forte e concreta, la crisi, o che il Patto di stabilità legava le mani ai conti del Comune. Il fieno si tiene in cascina se le nubi nere sono sopra la testa.

Era una questione di credibilità e onestà.

Quindi non si permetta che ci dicano che tuteleranno le fasce deboli, che si modulerà l’aliquota, etc etc. Perché davanti ad una promessa del Sindaco di non farla più pagare, anche pagarla poco è sempre pagarla di più.

Si abbia l’onestà di dire che, come Berlusconi, per propri tornaconti si è negato fino alla fine che ci fosse la crisi. Lui facendo quindi del male al Paese, altri, in piccolo, qui a Lecco.

Barbara Valsecchi