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LE LISTE DI PROSCRIZIONE, RIINA JR E LE PENE AGGIUNTIVE

"In quesa libreria non si ordina né si vende il libro di Salvatore Riina". Questo il cartello attaccato ad una vetrata di una libreria del centro storico di Catania, "Libreria vicolo stretto", all'indomani dell'intervista di Bruno Vespa a Salvatore Riina, figlio del boss Toto' Riina, andata in onda a 'Porta a Porta' su Rai 1, Catania, 7 aprile 2016. ANSA/LIBRERIA VICOLO STRETTO
“In quesa libreria non si ordina né si vende il libro di Salvatore Riina”. Questo il cartello attaccato ad una vetrata di una libreria del centro storico di Catania, “Libreria vicolo stretto”, all’indomani dell’intervista di Bruno Vespa a Salvatore Riina, figlio del boss Toto’ Riina, andata in onda a ‘Porta a Porta’ su Rai 1, Catania, 7 aprile 2016. ANSA/LIBRERIA VICOLO STRETTO

Io non sono così d’accordo con tutto questo scandalo dell’intervistare Riina Jr da parte di Vespa e non concordo nemmeno, soprattutto, sul mettere all’indice un libro.
Come ha detto una mia amica su fb, Sara Mauri, credo fermamente che:  Il problema della tv non è a chi fai l’intervista, è come la fai. Puoi intervistare chiunque, ma le domande fatte cambiano tutto. Cambiano il modo in cui si percepiscono le cose. Le domande ribaltano, incalzano, dannopasso, peso e accento. Le domande giuste a un personaggio scomodo fanno ladifferenza, fanno la qualità di un’intervista. A volte il personaggiointervistato non risponde, si nasconde. E nel silenzio di una risposta nondata, in un balbettio, in un telefono buttato in faccia, c’è più verità che inuna risposta serena e concordata. È il modo che non funziona, l’obiettivo. Ilpunto non è la scelta del personaggio oggetto dell’intervista. Altrimenti,scusate: nel passato e nel presente, non sarebbero mai stati intervistatidittatori e tiranni e saremmo andati avanti a pensare di vivere in un mondo dirose e fiori. Ed ecco che, la domanda è regina. Una domanda cambia e stravolge il senso delle cose. La modalità scelta offre un tono differente al concetto di”pubblica utilità”.

Mi sembra che questo sia un buon modo di porsi nel tema.
Il problema del libro che alcune librerie non vendono e addirittura non ordinano è la stessa cosa.

Non mi trova concorde non tanto e non solo perché così si fa maggior pubblicità al libro stesso, ma prioritariamente è che i libri non si censurano.
Oggi è Riina, che si sfonda una porta aperta nell’opinione pubblica, anzi ti fai pure pubblicità a non venderlo;domani é la Gamberale perché è donna, o la Murgia perchè è cofondatore di un partito, scrive romanzi e fa politica, o Andrea Vitali perchè è a favore, o contro le vaccinazioni ai bimbi, o vattelapesca qualsiasi altro per x motivo.

Qui, peraltro, ci si scandalizza di più di uno che va in tv che di quelli che andavano e vanno in onda nel Paese. Che ancora siedono e sedevano in Parlamento.
Non si vende Riina ma si continua a vendere Vespa che lo ha invitato, o al casa editrice che lo ha stampato ect.

Le Liste di proscrizione – l’abbiamo viste pochi mesi fa con il sindaco di Venezia che ne ha stilata una per le “sue” scuole perché, secondo lui, promuovevano la cultura gender (?!!) – son sempre sbagliate anche se hanno tanti fans, soprattutto se hanno tanti fans.

E poi non si capisce se chi ha reati addosso o di lato deve avere pure pene supplementari, non deve parlare o vattelapesca.
Certo fa scandalo perché è più facile essere buoni ma il problema di Vespa non è stato intervistare Riina jr è casomai come lo ha intervistato (che non ho neppure visto).
Il problema non è che Riina vende il suo libro, casomai è che non si comprano più gli altri, che non ci sono più in giro il Partigiano Johnny, (intendo fisicamente) ma non è colpa di Riina ne padre ne figlio.
E poi censurare un libro, da parte delle librerie e poi vendere Mondadori, per fare un esempio, (dove si sa chi è il proprietario e che legami aveva, comprovati e a sentenza, con la mafia, dove i suoi guadagni non sono 8% che di media prendono gli autori ma ben di più, mi pare nascondersi dietro un dito e seguire l’onda e farsi pubblicità.
Io sono il più incoerente del mondo ma credo bisogna imparare a essere giusti più che #iBuoni.
E, a proprosito, solo come consiglio, leggete “I Buoni” di Luca Rastello ed. Chiarelettere, e non solo perchè son soldi spesi decisamente meglio.

SUI BINARI PIU’ MODULI CHE TRENI

treno avanzamento_illegaleMa com’è che questi di Trenord tolgono treni e aggiungono moduli? Han cambiato lavoro o solo dovrebbero cambiarlo.

Si è interrotto il caldo del Sahara che bloccava i treni, o erano i macchinisti, intendo a bloccarli, o a bloccarsi, non ho mai capito. Voi?

Siam così entrati in agosto dove il caldo del Sahara ora si chiama calendario e a bloccarli sembra siano i santi, un santo al giorno. Ogni santo giorno.

Risultato meno treni, uguale. E te ne fai una ragione, in fondo gente che lavora ce n’è sempre meno, lo dice anche la televisione.

Non danno però la colpa a Trenord, ma alla disoccupazione, o era pigrizia? Macchinisti, capitreno, ferrovieri, controllori e bigliettai. Più lavori che lavoratori. O viceversa?

E tu che lavori e che hai pure il tuo treno che, evidentemente, finita la siesta ha gabbatu lu santu, -‘o miraculu- vai a fare l’abbonamento perché ami il rischio e paghi tutti i viaggi prima, sulla fiducia. Così come incentivo, che mi pare l’unico motivo.

E intanto alla richiesta di un nuovo abbonamento, il bigliettaio allo sportello ti chiede se hai già la tessera.

Come al supermercato ci deve essere la raccolta punti, pensi. Se ne accumuli tanti, qui gli danno il nome di ritardi.

No, gli dici che no, non l’hai la tessera e non la vuoi: fammi lo sconto, adesso, che chissà se a settembre ci sarò ancora io o almeno un treno, uno.

Il bigliettaio ti guarda, lo sguardo ha dentro tutta la sabbia del deserto del mondo, e ti dice che vuole quella per caricare l’abbonamento, anche se è solo un settimanale.

Gli passi “io viaggio” che scarseggia tra i macchinisti ma non la vuole, fino al mese scorso andava bene ora non più.

Fa caldo, provo con quella del FrecciaRossa, mi pare un affronto ma spero che questo mi risparmi la vita e mi apra le porte del treno.

Ti dice che non va bene nemmeno quella, da questo mese ci vuole quella nuova che si chiama “Itinero” che la posso fare lì o online, con una foto con una moneta. Che non è chiaro se è la foto che deve essere con la moneta o è la moneta che serve per la foto.

2€ online; 4€ da lui; gli faccio notare che in quest’ultimo caso però son già minimo due, le monete. Prendo il modulo, sto per andarmene ma mi trattiene: “pss!!! psss!!, signore lo faccia subito perché il mese prossimo ne esce uno nuovo”.

-Di treno?

-No, di modulo. Di tessera.

-Come di tessera?

-SI! Si! Una nuova tessera che sostituisce questa.

-Ma scusi, questa c’è scritto che ci vuole un mese circa per averla. Ma scusi, bigliettaio, tanto qui di treni non ne passano, è pur sempre un giorno festivo… ma vuol dire che io devo caricare su questa tessera che mi arriverà il prossimo mese, l’abbonamento di questo, e il mese prossimo me ne farà richiedere un’altra che ci vorrà un altro mese per averla?

-Si, no, quasi.

-Se fa l’abbonamento solo per il treno usa quella che gli arriverà il mese prossimo dove caricherà l’abbonamento di questo mese.

-E’ certo? Le sembra che fili?

-Non lo so.

-Non lo blocco più perché non vorrei che a sua volta sia collegato/alimentato con qualche treno…

-Se fa l’abbonamento solo per il treno usa quella che gli arriverà il mese prossimo dove caricherà l’abbonamento di questo mese. Se fa l’abbonamento per il treno e un altro mezzo usa “Io Viaggio” perché quella che gli mandiamo il mese prossimo non va bene.

-Ma scusi, bigliettaio, non è possibile unire le due tessere?

-Sì, no, quasi.

-In che senso scusi, bigliettaio

-Cioè, quella nuova che faremo il mese prossimo le unisce entrambe, ma lei non può farla. La può richiedere solo chi non ha “Itinero” e “io Viaggio”.

-Perché così?

Perché siamo in ritardo, ma quella nuova è innovativa, le sarà molto utile. Appena ci mandano i nuovi moduli noi partiamo.

-Come fa, scusi, ad essermi utile se non potrò averla?

-…

-Ma è innovativa, l’abbonamento in un’unica carta.

-Vuol dire come la tessera sanitaria regionale di anni fa dove già si caricavano gli abbonamenti?

-Sì, ma questa ha il logo Expo.

-E per i treni, il treno ci sarà?

-So solo del logo Expo, ma immagino che un treno stilizzato lo metteranno, forse solo  dietro.

-No, intendevo i treni veri, quelli ora parcheggiati nel deserto del Sahara.

-Aspetti che vado a chiedere.

Sparito, bloccato altrove, sto già cumulando punti

 

QUI LE TESSERE NON COMPATIBILI

CIAO LUCA, “A DOMANI”

porta di lampedusaE ti ho incontrato che ero ancora un ragazzino pieno di ideali e di speranza. 16 anni fa.
Disegnavo corridoi su una cartina in Piazza a Lecco.
C’era ancora la guerra in casa, eravamo in piazza da settimane, tutti i giorni, e al di là dell’Adriatico, tutti i giorni, il nostro governo andava a bombardare un popolo.
E io disegnavo i tuoi corridoi di petrolio e di potere, tu così potente con le parole avevi permesso a noi di interrogarci, di capire e di spiegare.
Quei corridoi che ancora oggi umiliano le persone, i popoli e le intelligenze. Ti stavo intervistando via telefono, quei telefonini che pesavano un chilo.

Sembra retorica – che odi come l’ipocrisia – ma non è più stato lo stesso.
Hai insegnato – e insegni – a cercare non solo il come e il quando ma anche, e soprattutto, il perché delle cose.

Il gennaio successivo con te si è parlato di Cecenia, quando la Cecenia non andava di moda e poi ogni volta un pretesto, una serata, una macchina da Torino per Lecco.

O come quella volta a Milano a mangiare pugliese, solo pretesto per vederci con Duccio, Mariacarla che sono belli come te. E sono orgoglioso di avervi fatto conoscere io.

Duccio ti somiglia. Ricordi?

E ci sono state altre cento volte cento.
Due giorni dopo le Torri gemelle; La Frontiera addosso; I migranti; La Stampa e le inchieste; i viaggi; Il Binario Morto.

Sempre alfabeti tirati a lucido. E poi un dizionario per un lavoro da Matti. Per cercare appunto non solo il come e il quando ma anche, e soprattutto, il perché delle cose.

E i volti delle persone. Li guardavi sempre in faccia, a testa alta le persone. Anche i Buoni. Tu. Loro che invece si guardano le scarpe o, con il volto sofferente, guardano troppo in alto e vogliono essere guardati.
Una mail e poi un’altra. L’aurora e gli abbracci. La tua sveglia che non ti ho mai restituito, che non hai mai voluto, “passo a prenderla domani”
E poi Piove all’insù, e poi altre telefonate e altri “domani” e altri abbracci
I suoi come quegli alberi forti che ti danno anche la corteccia perché sanno che ne hai bisogno.
La sua bellezza e ‘sta bestia bastarda che lo divora dentro ma almeno gli dà il tempo di prepararsi così te ne vai solo quando lei, la bestia, non ce la fa più a vincerti.

E ci sono mail, telefonate e in una di queste ultime ti accorgi che lui è al di là dell’oceano e non solo dell’Adriatico e questa volta è festa e non dolore.
E tu Luca sei in uno stadio e ti stai sposando – “in casa mia è arrivata una benedizione imprevista e si è fermata qui, e non sono solo, e questo è nuovo e bello” – ed è festa anche da questa parte del cellulare che ora non pesa più un chilo.
Ma tutto il resto non è cambiato.
O quella volta che mi chiami e mi dici: “abbi cura di Serena della Libreria Volante, io poi vengo all’inaugurazione”. C’eri, infatti, anche se non ti ho visto, ti ho abbracciato lo stesso..

L’ultima volta che ti ho visto qui a Lecco, alla presentazione de “i Buoni”, il tuo romanzo più duro, più sofferto, più dolce, che ha fatto incazzare preti ipocriti – anche locali – che io non lo sapevo, ma ora grazie a te lo so – “arriva per tutti, immancabilmente, un dies irae. Il mio non è neanche fra molto e io so, con coscienza serena e pulita, che il loro sarà peggiore.” – quelli insomma che mettono sul piatto della bilancia gli interessi e le denunce, le amicizie e le convenienze – e il potere – perché non esiste potere buono – ecco di quella serata non ho registrazioni e paradossalmente è la cosa migliore.
Ho “l’obbligo” e l’esercizio del ricordo e so già che non affievolirà.
La maledetta lotta tra poveri, e quella a fianco degli impoveriti, la denuncia, e quelle battaglie che hai insegnato a starci dentro anche e soprattutto se si sospettano già perdute.
Il bello dell’intelligenza, il volto e le parole di Duccio,  saran lì ogni volta a ricordarmelo, anche se non ce ne sarà bisogno.

Ho amici come te.
Esempi e speranze di come vorrei che fossero i miei figli fuori da scuola
e come vorrei fossero i cittadini e come vorrei, non lo dimentico, essere io se ne fossi capace
I buoni sanno ferire per non guardarsi dentro che fa male.

Oggi non sei più libero di ieri, perché lo sei sempre stato.
Luca, ti voglio bene, davvero.

“a domani”

 

Il degrado sono io

APPELLO x un “chiagne e fotte” X LA RIELEZIONE

imageProviamo a ricapitolare?

Si pagano troppe tasse. I cittadini meno fortunati dovrebbero pagarne meno sulla casa.
L’Amministrazione comunale deve intervenire.
Le slot machine vanno disincentivate, basta nuove aperture.
L’Amministrazione comunale deve intervenire.
Il mercato alla Piccola non può più starci, è uno spazio degradato.
L’Amministrazione comunale deve intervenire.
La lotta alla mafia va fatta sul serio. Va creato un Osservatorio antimafia.
L’Amministrazione comunale deve intervenire.
Gli autobus sono un servizio per i lecchesi di tutte le età, vanno incentivati. L’Amministrazione comunale deve intervenire.
Il fondo comunale destinato alle famiglie più in difficoltà va fortemente integrato.  L’Amministrazione comunale deve intervenire.
Villa Ponchielli sta cadendo a pezzi e ci vivono pure i barboni.
L’Amministrazione comunale deve intervenire.
E si potrebbe continuare su turismo, viabilità, appalti, Addizionale Irpef…
Tutto sempre finiva e finisce con: L’Amministrazione comunale deve intervenire.
E giustamente è proprio l’Amministrazione comunale che deve intervenire, poi leggi chi ha detto queste cose, chi ha fatto queste affermazioni e vedi che è Corrado Valsecchi di Appello per Lecco…e ti chiedi se si è reso conto che il suo movimento, lista civica, combriccola partitica è proprio con i piedi ben piantati, da anni, dentro l’Amministrazione comunale e sta pure in maggioranza.
E che al posto di dirlo sui giornali, per qualche applauso e voto, era molto meglio e serio, che lo avesse detto, e fatto in Consiglio Comunale.
E invece così non è, mai, stato.

I suoi consiglieri infatti, tra un suo comunicato e l’altro, intanto tagliavano servizi, tagliavano le corse dei autobus, sprecavano soldi in Appalti enormi facilmente riducibili, approvavano aumenti delle sale giochi, lasciavano cadere a pezzi il patrimonio artistico collettivo, pubblico, aumentavano le tasse e sprecavano milioni di euro dei cittadini.

Cioè il classico chiagne e fotte che va avanti da anni in Appello e questa Amministrazione

Chiacchiere elettorali, voli pindarici per qualche voto e presa in giro, che poi, nei fatti, questi voli si dimostrano paracarri.
Sempre che pulire due statue invece che ridurre le tasse e migliorare la qualità della vita dei lecchesi si ritenga azione da encomi.
Chiacchiere elettorali. Bisognerebbe svelare i trucchi, farci una rubrica giornalistica.

AUTUNNI CALDI: LA CODA PER UN LOGO E LA LIBERTÀ:

imageLa cronaca di questo fine settimana narra con enfasi di code inquietanti fuori da negozi per uno speciale arrivo. Il nuovissimo telefonino Iphone 6.
Adunate oceaniche convocate dai tam tam mediatici, che ricordano quelle famigerate di tempi andati. Oppure ricordano le code per il pane di sovietica memoria.
La coda è sempre coda e il fatto di mettersi in fila per cellulari griffati anziché per beni primari ci dovrebbe dire qualcosa sulla dignità di un popolo.
E’ questa la libertà per cui 70anni fa si è combattuto?
Oggi assistiamo allo spettacolo desolante di questa libertà.

Coda chiama coda: 300 telefonini e 650 persone in coda e altre in coda, da ore, per vedere.
“Signora perché è ancora in coda se è la 388esima?”
“Per vedere
”.
Allucinante. Nemmeno Beckett ci sarebbe arrivato.
C’è qualcosa di contorto, di perverso.
Come cittadini democratici, come giornalisti, perché non si sente il dovere di disertare queste adunate oceaniche e di disvelare il fascismo in ogni sua subdola forma?
800-1000 euro (più dello stipendio di un operaio, il doppio di una pensione minima) per un telefonino di cui, per altro, si userà solo il 5-10% della sua capacità e potenzialità, con un sovrapprezzo per il logo – e non per le sue funzioni – da bevitori di favole….

Come si fa a mettere insieme tutta questa gggente?
Quelli delle cianfrusaglie e quelli del pane?
Quelli delle code che comprano “sovrapprezzo” un prodotto dello sfruttamento made in China in centro (e che cambia ogni anno e mezzo) e quelli che vogliono cacciare i venditori di colore sul lungolago con un paio di scarpe che devono durare 20 anni?

CE NE VORREBBE UNA AL GIORNO

imageCorreva voce che l’altro giorno fosse stato messo a segno un furto al Circolo Arci di Germanedo.
Dalle prime notizie mi dicevo: caspita tutta la mia solidarietà.
Lì c’è gente che lavora e arrivano dei ladri a rovinare tutto, a vanificare gli sforzi di una giornata.
Mi sono così informato di più.
Non vorrei sembrare cinico ma posso non provare nessun tipo di solidarietà?
Premesso che i furti, se non per fame, vanno (quasi) tutti condannati, è altrettanto vero però che ci sono furti e furti.
Alcuni fanno girare le scatole, altri l’economia, altri sono restituzione del maltolto…
Il furto in questione, infatti, senza procurare danni e spaventi diretti ad avventori e personale ha interessato esclusivamente le macchinette slot machine, i vodeopoker.
Cioè quello strumento che da più fonti è accertato sia causa di disagio e dipendenza.

Un modo facile e pericoloso, seppur legale, in termini sociali (apparentemente molto cari ai Circoli Arci) di far soldi, una montagna di soldi (Il Circolo ci gratifica dicendoci quanto al giorno, fine settimana, mese, anno?) senza minimamente interessarsi e tener conto di tutto il dramma e la vulnerabilità che oramai quotidianamente anche le strutture ospedaliere e Asl registrano come patologia da questo tipo di gioco.

I videopoker, soprattutto in locali altamente frequentati da giovani e adolescenti come lo sono i Circoli o i bar, dovrebbero – se non fosse reato farlo e pure apologia dello stesso suggerirlo – essere rapinati e messi fuori uso quotidanamente.
E gli stessi avventori, (vale per tutti i bar che hanno le macchinette) almeno fra quelli più sensibili e svegli dovrebbero lanciare una campagna di sensibilizzazione tipo: “Bar x, (Circolo x) o noi o le macchinette”.
Sempre se pensano di contare qualcosa e non essere solo trattati come consumatori e spenditori di palanche.
Mi auguro fortemente quindi che i gestori del Circolo Arci al posto di dare la caccia al ladro alla fine lo ringrazino perchè forse è stata l’occasione buona per svegliarli dal torpore della convenienza economica.
E così siano da esempio per gli altri locali e per gli avventori.