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L’Okapi e le impronte di un bel libro

opakiI libri per bambini e ragazzi devono avere le impronte grandi. Quelle che quando ci entri con tutta la curiosità per la storia ti accorgi che ci stai comodo ma non riesci e nemmeno vuoi star fermo.
Il cuore ti dice di correre per arrivare in un balzo nell’altra impronta davanti, e finirla la storia, la testa ti dice però di rallentare, di sentire,assaporare prima i profumi, guardare le cose nuove, quelle differenti da quanto già conosci, toccare i bordi dell’impronta e sederti a gambe incrociate, sul letto, e leggere, leggere e leggere ancora, impronta per impronta, pagina per pagina.
O, quando si può o si vuole, farsela leggere, stando con le orecchie dritte e gli occhi chiusi. Sentire le impronte. E ogni tanto aprire, adagio, un occhio e vederese è tutto come prima.
Un libro così è: “E tu chi sei? L’Okapi”.

Il nuovissimo libro di Dino Ticli, insegnante e scrittore che ha trovato una delle sue impronte qui a Lecco, appena presentato a Leggermente il Festival della Lettura inaugurato sabato scorso.

Un libro che può essere letto sul letto a gambe incrociate, in biblioteca nella sala ragazzi, nelle scuole, a colazione prima di andarci a scuola, o nei Parchi della città, spaparanzati nell’erba.

Un libro che fa amare la lettura.
E soprattutto un libro che è nato corale dentro le impronte di questo lago.
Ci sono,infatti, le illustrazioni di Gianni Cella, la grafica di Paolo Vallara, il sostegno della Galleria d’Arte Melesi, la tipografia dell’Editore Bellavite di Missaglia,
le traduzioni in francese di Marie-France Briant di Canzo e l’Idea e il Progetto del COE, l’Associazione Centro Orientamento Educativo che è cittadina del mondo
ma il cuore e la sua prima impronta preziosa è a Barzio.

Un libro che prende il pretesto di seguire l’impronta ideale di una storia di animali che però parla di uomini, dentro la mescolanza le differenze, i difetti e i colori di un animale misterioso della Repubblica democratica del Congo. L’Opaki, appunto.
E se soprattutto per i libri per bambini e ragazzi “Siamo quello che leggiamo”,questo libro, senza svelarvi nulla, è uno di quelli che non dovrebbero mancare sul comodino dei bimbi.

Il Libro è stato pensato con il testo bilingue, italiano e francese, perché le impronte sono soprattutto segni di vita, di passaggio, di possibili incontri e conoscenze.

E con la vendita in Italia, il Coe che già sostiene molteplici progetti educativi per l’infanzia e il mondo giovanile potrà offrire alcune copie del testo alla scuola materna “St. François” e alla scuola elementare “Angela Andriano” di Rungu, al “CASC – Centro di Animazione Socio-Culturale” diTshimbulu, e al centro per bambini di strada “La Benedicta” di Kinshasa, proprio nella Repubblica Democratica del Congo.

Creando nuove impronte dove il piccolo lettore italiano e il piccolo lettore congolese saranno compagni di avventura.

Per informazioni, acquisti, richiesta laboratori educativi e creativi, si può già contattare PrashanthCattaneo, del COE 339 5335242  p.cattaneo@coeweb.org

Domenica prossima 19 Marzo ore15.30 un nuovo appuntamento
Palazzo del Commercio (Ex Palazzo Falk) – Piazza Garibaldi, 4 Lecco
Leggermente VIII edizione “sul confine” – Assocultura Confcommercio Lecco
Laboratorio creativo e merenda.

E saranno disponibili, anche lì, le copie del libro

IL SILENZIO DIVENTA VOCE. UNA MOSTRA CHE CI INTERROGA

(foto di Prahsanth Cattaneo)
(foto di Prahsanth Cattaneo)

Un pubblico delle grandi occasioni quello che stasera, sabato 4 febbraio, a Palazzo delle Paure ha partecipato all’inaugurazione della Mostra su Don Milani “Il silenzio diventa voce”; che si protrarrà fino al 30 aprile. Pubblico delle grandi occasioni, per una grande occasione, quello di scoprire, riscoprire, e interrogarsi su quell’uomo di chiesa che ha messo gli ultimi, il prossimo, ancor prima e più in alto di Dio. Per innalzare Dio e l’Uomo. Tutto questo a partire dalla scuola, dall’insegnamento, duro e rigoroso, di una manciata di ragazzini.

Una Mostra, composta da 28 pannelli informativi – in bianco e nero – con le frasi e la storia di quell’esperienza che l’ha visto protagonista a Barbiana, uno sparuto insieme di poche case, una chiesa e una canonica, fuori dal mondo, diventato mondo, volo.
E come dono e integrazione accompagnata con le opere a china, splendide e profonde, di Gianni Bolis, le foto di Barbiana di Luigi Erba, e le sculture piene di forza, di slancio, uomini che si elevano e si fanno moltitudine, di Dolores Previtali.

Una Mostra che non è solo o soprattutto tributo o ricordo di don Lorenzo Milani ma, lo si nota subito e profondamente visitandola e soffermandosi sulle didascalie dei pannelli, alfabeto dei Valori che da Barbiana, a cavallo di poco più di 10 anni tra gli anni 50 e 60, un giovane Priore e i suoi ragazzi hanno provato a seminare a donare, a offrire agli altri.
Attraverso la pedagogia, la didattica, la vita sociale e le battaglie, rivoluzionarie e di civiltà che hanno portato avanti. Valori come “messaggio forte, capace di parlare molto lontano, sia come tempo che come luogo e che, la Mostra qui a Lecco ne è testimonianza e conferma, ancora oggi continua a muovere, a commuovere, ad esaltare o a urtare”, per riprendere le parole di Michele Gesualdi, uno dei piccoli ragazzi di don milani oggi presidente della Fondazione a lui intitolata.

Perché si questa Mostra può essere anche una mostra difficile. E si spera che sia così, un ulteriore merito dell’Assessorato alla Cultura e dell’Amministrazione che l’ha promossa e voluta, perché è una Mostra che ci interroga, ci scuote, ci chiede conto personalmente e interiormente del nostro ruolo, nella società e nelle nostre professioni.

Ci interroga e ci sfida, “perché la grandezza d’una vita non si misura dalla grandezza del luogo in cui si è svolta, ma da tutt’altre cose. E neanche le possibilità di far del bene si misurano sul numero di parrocchiani”

Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani… che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto”, per citare due delle frasi che si possono leggere, di Don Milani, all’interno del bel catalogo che accompagna la Mostra.
E noi siamo tutti giovani. Ad ogni età
Una Mostra quindi, insieme soprattutto alle diverse iniziative di approfondimento, – per il pubblico e per le scuole (che entrambi si spera ne possano far tesoro dell’opportunità offertagli) che danno alla Città di Lecco quel respiro che è uno sguardo sul futuro. Il futuro che vogliamo disegnare e offrirci.

(audio Agostino Burberi, Allievo di Don Milani)

(audio Assessore Cultura Simona Piazza)

(audio Innocente Pessina Fondazione Don Milani)

IL BIONE, L’ABITO DA SERA E IL SONNO DELL’OPPOSIZIONE

ALTAN-TOCCA-A-MECi sono stati 495 commenti e like e 29 condivisioni di articoli (diversi) sulla paventata chiusura del Bione,
solo nei gruppi facebook locali.
Tra i commenti, la stragrande maggioranza, erano insulti e rabbie grevi.In 4 giorni.
Solo 5 condivisioni e 23 commenti e like invece per la notizia che il Bione non chiude. In 2 giorni
Questi son dati neutri ma parecchio allarmanti.
Molto, troppo popolo dei social ama il sangue. E ci mette più pancia che testa.
La notizia positiva non buca. E in fondo non interessava nemmeno.
La questione Bione non si è quindi nemmeno incartata in uno stantio ping pong di pro e conto.
Si è fermata al contro. Il solito sport.
Il Bione non interessa in realtà. Interessavano le dimissioni.

Dimostrazione ulteriore è il sonno degli accusatori.
L’opposizione sul Bione ha infatti dormito così tanto che fino al botto dello spumante del 31 dicembre, del suo ruolo di controllo se n’era bella che dimenticata.
La prova provata è che tolte dichiarazioni vacue, buone solo per la pancia rabbiosa dei social – un poco come farsi belli indossando un abito da sera senza però essersi lavati da una settimana – le carte, le mail, la documentazione su tutta la tematica le ha trovate,mostrate e rese pubbliche, Qui Lecco Libera, ossia un gruppo che sta ben fuori il Palazzo.

L’opposizione,in altre parole, nella concretezza dei fatti e dei documenti, con evidenza, non ha fatto nulla, in tutto questo tempo, – mesi e mesi, eancora mesi – per vederci chiaro.
Né la destra più strutturata per candidarsi a vincere le elezioni, che su opere incompiute e danni alla città è maestra e ha un’esperienza diretta e di responsabilità insieme ai leghisti, che noi cittadini abbiamo ancora come ferite aperte sotto gli occhi, né i grillini che sono per la trasparenza totale e la lotta dura e pura: “apriremo il Parlamento come una scatola di tonno” ma a Lecco non riescono nemmeno ad aprire una mail per chiedere l’Accesso agli Atti.
Il candidato sindaco Negrini manca da Consiglio e Commissioni da così tanto tempo che non si è nemmeno accorto di non aver presentato la sua dichiarazione dei redditi, figuriamoci trovare documenti non suoi…
In altre parole l’opposizione non ha fatto l’opposizione, ma ha solo provato a mettersi all’ultimo il vestito da sera buono pensando di nascondere l’odore. Per ingannare i cittadini, e non potrà che usare il lavoro di Qui Lecco Libera per interrogare la Giunta, lunedì.
Io però non partecipo al gioco pro o contro Brivio, perché non ha senso.
A me interessa, oggi, darmi un interesse “comunitario che, nello specifico, era il Bione aperto, intesa come Bene Comune la non chiusura. E applaudo il risultato.
E credo più utile sostenere, non a occhi bendati, tutto ciò che consideriamo Bene Comune e quindi l’impegno a migliorare Lecco per i lecchesi, a partire da ciò che è in pista: Ostello, progetti con Politecnico, Porticciolo, LungoLago,Villa Manzoni, Turismo, Servizi sociali, ect.
Nell’Opposizione vedo invece la volontà di bruciare la casa per cacciare l’inquilino. Io voglio preservare la casa.

IL SONDAGGIO SUL SINDACO E’ UNA FORLOCCATA. ANCHE OGGI

BrivioE’ stata pubblicata oggi, lunedì 16 gennaio dal Sole 24 ore l’annuale classifica “Governance poll 2017” sul gradimento degli amministratori italiani dei capoluoghi di Provincia. Quindi anche per quello di Lecco, Brivio.

Ho il vantaggio con pochissimi, forse l’unico – mi sia permessa la saccenza – di averlo detto quando in tutti questi anni, ogni anno, il sondaggio del Sole24ore sul gradimento tra i Sindaci, premiava quello di Lecco con risultati importanti e lusinghieri – e tutta la stampa faceva la ola. Posso quindi dirlo anche oggi, con il dato della classifica per Virginio Brivio segnalato come negativo.

Il sondaggio del Sole24ore è una farloccata. Lo era prima, lo è anche adesso. Proviamo ad evitare di aprire il sipario nell’arena del circo mediatico. Numeri dei saltimbanchi, piroette, mangiafuoco e lanciatori di coltelli?

Evitiamo titoli: “E’ finita la luna di Miele di Brivio”. “Oltre il 3% dei cittadini che aveva scelto per sindaco Virginio Brivio oggi non lo rivoterebbe” come erano da evitare “Non si può pretendere che possa fare i salti mortali in questa situazione di crisi”. “Tutto senza di lui sarebbe andato peggio”. “mettere la faccia paga”. (tutti titoli degli anni passati)

Anche perché oggi si rischia di trovare lanciatori di coltelli tra gli stessi che prima lanciavano medaglie con la stessa immotivata sicurezza.

Il 51% di oggi diventa apocalitticamente diverso e peggiore del 53,5% dello scorso anno, ma potrebbe essere un balzo in su dal 50% dell’anno prima, il 2015. (e poi basterebbe guardare la classifica dello scorso anno su Fassino allora sindaco di Torino, 4° per non darle troppo valore)  

Starò impazzendo ma resto della mia idea. Questo sondaggio è una farloccata buona solo per le pagine gossip dei giornali.

Perché è così semplice, basterebbe guardare il metodo del sondaggio, i numeri, i dati e porsele due domande, mica così stravolgenti ed impegnative.

Il dato primario. Il margine di errore del sondaggio è +/- 4% Basta per capire la fallibilità della percentuale? Potrebbe cioè essere 30esimo e non 71° come la classifica riporta, ma potrebbe essere addirittura giù,  alla93esima posizione, su 106. Più farlocco di così.

Il secondo dato. Hanno intervistato 600 elettori lecchesi, su 40000. Basta per dare il peso della serietà del sondaggio?

Ma soprattutto ci si è chiesti, se questi 600 elettori sono gli stessi intervistati lo scorso anno e quello ancora prima?

Perché se non lo sono, come non lo sono, ha senso dire e scrivere “Quasi l’3% dei cittadini che aveva scelto per sindaco Virginio Brivio oggi non lo rivoterebbe” e chi lo dice? Lo può provare?

Può essere che abbia detto si alla domanda dell’intervista “Lei voterebbe a favore del sindaco se dovesse votare oggi?” un elettore che invece nell’urna ha votato Negrini o Bodega o uno degli altri. E vale anche viceversa.

Paradossalmente, non si può escludere che il Sindaco abbia aumentato i consensi. Ma non va bene nemmeno questo, perché oltre ad aver intervistato troppe poche persone (da qui l’alta percentuale del margine di errore) non si è nemmeno intervistato gli stessi interlocutori dell’anno precedente. Né, tantomeno, questi possono essere classificati con certezza elettori o meno del Sindaco nelle vere elezioni del giugno 2015.

Statisticamente questo sondaggio è una farloccata. Così come viene venduta, da anni, anche la notizia.

Questi dati e il metodo può sembrare il tutto cosa di poco conto, ma non lo è. Non dirlo, non scriverlo, non premetterlo, non tenerlo a mente è falsificare la realtà e quindi la notizia. Sono i criteri della ricerca, mica pizza e fichi.

Un invito al Sindaco Brivio, ci dia un occhio al sondaggio ma continui a guardare la realtà e nel caso metterci più impegno che può. I risultati che contano sono per la città non le classifiche

LA NOTTE DEI MIRACOLI; 1951 lecco per il polesine allagato

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Accadde Oggi

LA NOTTE DEI MIRACOLI

Era la notte del 16 novembre 1951, tra venerdì e sabato.

La telefonata che chiedeva soccorsi era arrivata all’allora Sindaco di Lecco, Ugo Bartesaghi, alle due della notte. Dall’altro capo del telefono il capitano Zero della Compagnia Carabinieri su appello del Prefetto di Rovigo, Umberto Mondio.

Il Polesine, la sua popolazione, la sua comunità, avevano bisogno di tutta la solidarietà possibile, di ogni altra comunità capace e volenterosa, le piogge intense che da settimane imperversavano in tutta quella regione avevano purtroppo rotto gli argini del Po.

Il dramma era imminente, aveva già invaso i campi, le strade, era già addosso alle case.

Il cuore e l’operosità di Lecco si misero subito in moto.

Nel giro di non più di sette ore in via Leonardo da Vinci, allora senza traffico perché il Ponte Nuovo era ancora al di là dall’essere costruito, fu allineata una colonna di sei autocarri, di cui due provvisti di rimorchio, preceduti dalla Fiat 1100 del Comune di Lecco che, alle 9.15 del mattino, con in testa il Sindaco, si metteva in moto alla volta di Rovigo.

Sugli autocarri erano stati caricati 15 “batej”, le nostre larghe barche a fondo piatto, scortate da 17 pescatori di Pescarenico che le avrebbero condotte. Oltre alle barche, la colonna aveva caricato quattro pontoni galleggianti in ferro, in dotazione alla Canottieri Lecco come zatteroni, un grosso canotto messo a disposizione da Pietro Vassena, l’inventore del famoso batiscafo C3, e altro materiale di salvataggio.

Sono circa le 18 del 17 novembre – scrive nel suo diario il Sindaco Bartesaghi – quando giungiamo a Cavarzere. Nel municipio regna una grande confusione e il bisogno di soccorrere gli abitati e le case isolate che già sono divenuti preda della fiumana dilagante si mescola e contrasta con la necessità insorgente di provvedere allo sgombero di Cavarzere stessa, che si dispera ormai possa salvarsi dall’alluvione”.

Lecco salvò centinaia e centinaia di vite umane in quella terra che era diventata un lago, 70 km per 20, ma di dolore e sofferenza.

Basti un dato del dramma sociale ed economico che toccò quelle famiglie e quei territori – nella prima grande tragedia collettiva del dopoguerra – da lì per decenni a seguire: Dal 1951 al 1961 lasciarono in modo definitivo il Polesine 80.183 abitanti, con un calo medio della popolazione del 22%. Al 2001 abbandonarono il Polesine oltre 110.000 persone. In molti Comuni il calo superò, dal ’51 all’81, il 50% della popolazione residente. Come una guerra.

La Colonna Lecchese di Soccorso che si mise in moto quella notte e partì con il primo cittadino Ugo Bartesaghi fu composta, per il Comune, dall’ingegnere capo Massaro Pasquale, dai geom. Berti Lucesio e Aldeghi Franco, Mauri Carlo vigile autista e Giaroli Germano, vigile, con loro i tecnici volontari, Vassena Mario e De Capitani Renato e i Pescatori di Pescarenico: Ghislanzoni Dante, Ermanno, Ferdinando, Pietro e Stefano; i Monti Ambrogio, Giovanni, i Polvara Francesco, Gaetano, Natale, Pasquale, Pierino e i Riva Angelo, Giuseppe, Natale e Renato.

I mezzi furono forniti dalla Ditta Fiocchi, con gli autisti Galbusera Riccardo e Zanetti Emilio,  dalla Sae con gli autisti Scola Carlo e Turati Angelo, dalla ditta Tpl Giacomo Aldè, con gli autisti Alini Olinto e Lena Luigi; dalla Ditta Badoni, con Casati Giuseppe e Lazzari Domenico; dalla ditta Comi Francesco, con Aleotti Giulio e Bravi Giulio, e dalla Moto Guzzi con gli autisti Rodolati Luigi e Nava Ferdinando.

Son passati esattamente 65 anni da quella notte, dove Lecco, tutta, “unita in un sol uomo”, ossia dai ceti più modesti a quelli più ricchi, dai sindacati agli industriali ai commercianti, dalle cooperative e dalle organizzazioni politiche fino alle maggiori industri, in uno sforzo che, forse, non è più stato eguagliato, legò indissolubilmente il suo nome a quelle genti dentro il volto della solidarietà. Dote e lineamenti che han sempre caratterizzato la nostra Città.

Lo abbiamo visto ancora in seguito due decenni più tardi con il terremoto del Friuli e anche in questi mesi recenti con il dramma di Amatrice, che tragicamente sta segnando il nostro Paese, e poi ancora con l’Esodo umano e biblico dei migranti, profughi anch’essi dalle loro terre, il più delle volte, qui, per responsabilità di altri uomini e non anche della Natura.

Rifacendoci ancora alle parole che il Sindaco Bartesaghi scrisse nel suo Diario che tenne in quei giorni, direttamente da Cavarzere, dove l’acqua era salita più che altrove, fino a 4 metri, si può riannodare tutto il valore della solidarietà, della corresponsabilità civile, e dell’umanità che già allora correva nelle vene, come l’acqua del lago nei nostri occhi.

“Ci resterai in cuore per sempre, terra di Polesine martoriata, che abbiamo amato e amiamo come la nostra terra natìa, perché ti abbiamo conosciuto nell’immenso dolore. Vorremmo rimanere ancora, per essere con i tuoi figli ad attendere il giorno in cui lo splendore del sole brillerà sui tuoi solchi ritornati fecondi, ribenedetti dal sudore dell’uomo nella invocata pietà di Dio, sulle tue case riaperte alla vita, sui tuoi bambini tornati giocondi fra gli alberi in fiore. Solo quel giorno, davanti alla prora delle barche che i pescatori nostri tornano a spingere sul loro fiume e sul loro lago, l’acqua ritornerà limpida e chiara. E rifletterà ancora l’azzurro”. 

La solidarietà delle prime ore continuò, da subito, con la disponibilità di moltissime famiglie, a Lecco e a Cassina, ad ospitare, bambini, famiglie di quelle terre.

A Cassina furono ospitati, “una baraonda di bambini”, per riprendere le parole di Monsignor Teresio Ferraroni nella Colonia che la parrocchia di Lecco aveva in affitto dalla Pontificia Opera di Assistenza, sezione di Lecco. “Le suore hanno detto subito si, sono state bravissime. Nessuna difficoltà, quando vien un’alluvione si apre la porta a chi bussa, senza chiedere nulla”.

Furono ospitate ben 138 persone, oltre ai famigliari che arrivavano a trovare gli ospiti e vi si aggiungevano. Da fine novembre alla primavera inoltrata del 1952.

Cosi fece anche la cooperativa “La Moderna” di Cortenova per altri 50 posti, l’Asilo di Maggio per una ventina, l’Asilo Stoppani di Lecco si offrì di accogliere 30 bambini.

Il “Comitato pro alluvionati”, che coordinò tutte le azioni del territorio si dimostrò efficacissimo e ben rodato, una delle ragioni era che, il Comitato era già in funzione dall’inizio di agosto per far fronte all’Alluvione che colpì prepotentemente il Comasco, alluvione che l’8 agosto aveva ucciso 30 persone e procurato danni ingentissimi. Il Comitato poi si attivò ancora per l’alluvione del 8 novembre 1951, dove il Torrente Cosia, in quel di Tavernerio, sopra Erba, provocò una frana che uccise altre 16 persone.

Il cronista del settimanale “Il Resegone” del 16 novembre successivo concludeva il suo commento alla tragedia con una nuova preoccupazione “…il Po, in piena come mai visto, minaccia di allagare l’entroterra del basso delta..”.

Come si è visto, così avvenne.

Lecco si dimostrò generosa non solo con l’invio di uomini e mezzi e con l’ospitalità diffusa, ma anche con la raccolta di indumenti, denari e viveri.

Il Centro raccolta fu aperto nella sede municipale, coordinato da Maria Panzeri ved. Pozzoli e dal geom. Vincenzo Patris, funzionario comunale responsabile formalmente e nei fatti.

I furgoni del Comitato e quelli dell’Unione Commercianti fecero il giro dei rioni, già alla sera del lunedì la sede non era più in grado di contenere tutto. Fu così necessario, almeno per gli indumenti adibire a centro il salone sottostante la Chiesa della Vittoria, coordinato da Maria Airoldi in Galli. Già a mercoledì erano state confezionate 564 casse contenenti 22.000 capi di vestiario, tutti in ottimo stato, in larga parte anche nuovi.

Da una vasta documentazione rinvenuta nel “dossier” conservato in Archivio Comunale, utilizzato da Carlo Panzeri, (figlio di uno dei fondatori del Partito Popolare a Lecco nel 1919, impegnato nel direttivo della Dc fino all’abbandono dopo l’espulsione dello stesso Bartesaghi, e nel Corpo Musicale G. Verdi, nel CAI di Belledo, nell’Uoei, è stato anche, per cinque anni, Presidente del CdZ2),  per il numero monografico di “Archivi di Lecco” del dicembre 1996, “1951 Lecco per il Polesine allagato -la colonna lecchese di soccorso”, lavoro preziosissimo e toccante, che è possibile consultare presso la Biblioteca Civica di Lecco, si può sentire, respirare, quell’afflato civico e di Comunità che Lecco è, quando vuole e non solo quando può.

Da questo dossier si evincono, pezze giustificative, ricevute, appunti, che ci permettono di farci un’idea della generosità e dell’operosità della cittadinanza lecchese. Del senso positivo di una comunità coesa e solidale di cui troppo spesso si parla solo a braccia conserte. Una comunità che allora non aveva certamente ancora perso o affievolito almeno il senso e il valore della responsabilità collettiva, di quella responsabilità che ci chiama a essere cittadini attivi che concorrono alla costruzione e al benessere di una collettività.

Dall’elenco emerge che già al mercoledì 21 le offerte in denaro superavano gli 8 milioni di lire, tra queste le 811.000 raccolte la domenica dagli studenti, un milione consegnate al Prevosto di Lecco mons. Borsieri da un cittadino che ha voluto mantenere l’anonimato, le 84.000 raccolte la domenica al Campo sportivo, decine e decine di bambini con i loro salvadanai, i musicanti della banda Manzoni rinunciando al tradizionale pranzo per la festa di Santa Cecilia offrirono 50.000 lire, così il corpo musicale di Castello 25.000, uguale avvenne il mercoledì al Cinema Impero dove il gestore, il sig. Volpato, destinò l’intero incasso, 90.000 lire, uguale fece il cinema Marconi. La cooperativa “la Popolare”, con viveri di prima necessità per 100.000 lire L’Istituto Airoldi e Muzzi 70.000; la S.E.L.  20.000, il Circolo Avvenire 50.000; l’Ente Consumi 50.000; l’Aazienda di Soggiorno e Turismo anch’essa 50.000; la Casa degli Angeli del Belvedere 30.000; i Ferrovieri 575.000; il Cda della Banca Popolare di Lecco offrì un contributo di un milione; e i dirigenti e impiegati il controvalore di una giornata di lavoro pari a 500.000. Così da raggiungere, nel complessivo la somma di 11.995.407 lire come comunicato dal Sindaco Bartesaghi nel Consiglio Comunale del 22 dicembre.

Questi riportati sono solo alcuni esempi tra i tanti, non per fare a gara, ma per dimostrare l’unità e la coesione di una Comunità, intera.

“Se il bisogno urge, il popolo si ritrova”, ci ricorda, nella sua testimonianza, mons. Ferraroni, raccolta, nel 1996 a 45 anni dai fatti, Sempre nel numero monografico degli “Archivi di Lecco”.

Oggi per tutto questo dobbiamo ricordare a 65 anni di distanza, quella tragedia e quella bontà d’animo ed insegnamento civico così esteso e diffuso della nostra città. Come riconoscenza delle nostre genti e come insegnamento. Ne abbiamo bisogno.

Mons. Ferraroni nel ricordare il sindaco Ugo Bartesaghi, sempre nel bellissimo numero di “Archivi di Lecco” scatta anche una fotografa, il suo profilo, un ritratto d’amore e di stima, di modello che senza santità tutti, politici e cittadini dovrebbero tendere a non dimenticare:

Lo ricorda infatti cosi: ”Un uomo prestato totalmente agli altri, al servizio degli altri: non era più l’intellettuale degli anni ’40, il più intelligente e colto della FUCI (Federazione Universitaria cattolica italiana) era stato ormai consigliere comunale, di minoranza, poi sindaco, era sindaco, ma solo in questa esperienza ha dormito per la prima volta sulla paglia accanto agli operai, aia barcaioli, ai pescatori.

Non aveva mai conosciuto la fatica fisica, soltanto quella intellettuale. Ma in quel momento qualcosa è esploso dentro di lui, un sussulto di solidarietà nel concreto lo ha risucchiato ed egli si è sentito uno di loro, è andato con loro, li ha organizzati e diretti, ma come un primo fra gli altri. Con maggiore responsabilità ma accanto a loro. E forse se lo avessimo interrogato in quei giorni, lo avremmo trovato disarmato a spiegarci una scelta così totale”  

Infine una proposta all’Amministrazione, perché non pensare, in quel di Piazza Era, a Pescarenico, dove barche e barcaioli sono partiti in quella notte gloriosa per spirito, umanità e comunità, di posare una targa a ricordo e insegnamento che riproduce quella sopra la bottega di Ceko?

Perchè no, proprio dentro l’iniziativa Amminsitrativa di educazione civica, culturale e sociale: “Avere Cura del Bene Comune”?

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Cavarzere 1951, donne, famiglie sfollate
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Numero monografico “Archivi di Lecco” ott-dic 1996; ed. Casa editrice G. Stefanoni, (presente per il prestito Biblioteca Civica)
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Numero unico di “Cuore di Lecco” del 20 novembre 1951 – offerta minima L.20
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Angelo Riva, uno dei pescatori di Pescarenico a Cavarzere 1951 (Foto Galbusera)
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Cavarzere 1951, davanti al Municipio, si riconsocoo il geom Berti, col berretto, Dante Ghislanzoni, in primo piano, il Sindaco Bartesaghi, col cappello e Ermanno Ghislanzoni in nero
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piccole profughe sfollate dal Polesine 1951, e ospitate in arrivo a Lecco e Cassina

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WEBETI E FALSARI

boccaloniE poi ci si trova così ad aver l’ennesima conferma che i molti gruppi facebook son pieni di leoni da tastiera, che oltre a non potersi sostituire alla stampa professionista, sempre più spesso, troppo spesso, non sono nemmeno in grado e non hanno voglia di provare ad informare, ma lo scopo è aizzare gli animi, fare polemica.
Per qualche click, per partito preso. Per visibilità
E’ pieno il web di queste evidenze.
La questione del cavalcavia crollato: tutti o quasi ingegneri.
La questione del traffico: tutti o quasi vigili.
La questione del Patto di stabilità: tutti o quasi economisti.
La questione del Referendum: tutti o quasi Costituzionalisti.
La questione dell’immigrazione: tutti o quasi razzisti.
Che non significa che puoi allora parlare solo del nulla, che puoi discutere solo del niente, ma vuol dire che devi informarti, documentarti ed ascoltare, verificare e documentarti.
Sul facebook non si riesce a fare quasi mai un discorso pacato.
Non puoi  portare le prove perché quelle prove e quei documenti son sempre troppo lunghi. Anche se è un semplice link di una riga.
In troppi gruppi facebook serve la claque, il clan, i sodali e molti, i più, che non possono star dietro a ogni post.
E allora tu stai lì come una gabbianella e un gatto a guardare se in un sussulto di dignità, di correttezza verso i membri del gruppo, verso l’interlocutore, qualcuno dopo che si è fatto notare che non è come si voleva far credere su quella specifica cosa, dopo che si fa notare che non è perché hai 2044 like e 1500 commenti che la notizia è vera, ecco speri che l’interlocutore si ricreda davanti all’evidenza non succede invece nulla.
Capita anche che ti bannano.
Una balla basta ripeterla e ripeterla che diventa vera.
C’è troppa gente che vuole male a Lecco e pur di aver ragione
si augura che affondi, che Lecco vada a gambe all’aria per poter dire ve l’avevo detto.
Ecco, invece la bellezza, con tutta la precarietà, gli sforzi è che qualcuno ci sta provando invece a migliorarla Lecco.
Va riconosciuto anche se sono tuoi avversari.
Che, peraltro, ti legittima anche quando farai una critica, motivata.
E’ una questione di rispetto e oserei dire anche di autorispetto.