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I MUSULMANI CI FANNO LA PELLE

dal nostro ex khorakhaneker Francesco

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La Dainese di Molvena (Vicenza), storico marchio per l’abbigliamento da motocicilisti, tra cui Valentino Rossi, avvia – dopo un accordo in Provincia con i sindacati – la delocalizzazione della produzione in Tunisia e ricorre alla Cassa integrazione per 120 addetti, per arrivare ad un taglio definitivo di 80 unità, sui 250 attualmente in forza.

Dainese ha in casa anche alcuni marchi storici come Mavet e Agv (celebri i caschi tricolori di Giacomo Agostini). In Veneto resteranno le teste pensanti dell’azienda (design, nuovi prodotti e una selezione di modelli) e in Tunisia – già attivo uno stabilimento con 500 addetti – tutta la produzione. Continua la lettura di I MUSULMANI CI FANNO LA PELLE

è ora del LAVORO FLESSIBILE

tl_tabella1La neve di questi giorni ha messo in ginocchio i trasporti e gli spostamenti. E con essi i lavoratori e le aziende che hanno perso ore di lavoro e produttività. Può essere nuovamente l’ennesima occasione per allargare l’osservazione. Ogni anno, nel percorrere la distanza che separa la casa dall’ufficio, gli europei perdono 39 giorni lavorativi. Un tesoretto che per la stragrande maggioranza di loro potrebbe trasformarsi in tempo libero grazie al telelavoro. Questo è uno dei dati che emerge da una ricerca dal titolo: “Flexible Working 2009” commissionata nel primo semestre alla società di consulenza Dynamic Market. Per l’Italia, il campione appartiene, in maggioranza alle piccole e medie imprese. Il 60% dei pendolari utilizza l’auto per recarsi al lavoro, una maggiore flessibilità nell’organizzazione lavorativa d’ufficio comporterebbe, conseguentemente, una riduzione dei veicoli in movimento sulle strade. Da non sottovalutare poi una diminuzione sensibile dei costi per le aziende che potrebbero, almeno parzialmente, essere indirizzati nel monte salario. Secondo i lavoratori italiani intervistati, il lavoro flessibile produce effetti importanti sui livelli di occupazione: l’82% ritiene che possa favorire la creazione di nuovi posti di lavoro e la conservazione di quelli esistenti. Altri dati interessanti della ricerca sono quelli che evidenziano come il telelavoro è un’opportunità di benessere sociale, fisico ed ambientale. Il tempo che non viene più impiegato per spostarsi per il tragitto casa/lavoro-casa è dedicato alla famiglia per il 56%, al relax (45%) e anche per lavorare di più (21%). Continua la lettura di è ora del LAVORO FLESSIBILE

QUEL RENE DI TROPPO

reneLa manovra finanziaria (su cui sarà posta l’ennesima fiducia) è coperta dal 33,5% dal fondo TFR, dal 42,5% dallo scudo fiscale.

Ho personalmente molti dubbi sull’eticità della provvista, comunque, egoisticamente, sono sereno per non aver conferito il mio TFR ad alcun fondo. Le lunghe mani del Governo erano più che un’ipotesi.

Se però vi sembra lecito che una manovra finanziaria di una nazione debba essere “coperta” per oltre 1/3 dalla previdenza individuale, forse non condividiamo gli stessi valori.

Una volta la manovra finanziaria doveva essere coperta dal gettito fiscale e/o dal debito pubblico; ora si inventano di attualizzare il futuro? Sarebbe questo quanto prevede la Costituzione in materia fiscale? Io continuo a non essere d’accordo sul principio perchè mi sembra illecito fare cassa a svantaggio dei redditi futuri dei lavoratori dipendenti.

E non mi servono a nulla, non mi consolano per nulla le parole dei politici di destra che ci ricordano che la predisposizione ai TFR fu introdotta da un Governo di Sinistra ed ora è solo usata da un governo di Destra.

Io che sono fiero di non aver “convogliato” nulla del mio TFR; checché ne diceva la destra e molta, troppa, sinistra… praticamente ho schivato due avvoltoi con una fava!

Ascoltare quindi le giustificazioni che passavano in questi giorni in radio e televisione da parte di esponenti del governo in carica, i quali appunto, tronfi, tiravano in ballo i provvedimenti presi sul TFR dal governo precedente, mi ha fatto venire da pensare che quando si cerca di giustificare una propria stronzata tirando in ballo stronzate altrui, siamo proprio nella merda! Continua la lettura di QUEL RENE DI TROPPO

dialogo: UN PROBLEMA GROSSO

eurofilaIeri ero, come sempre, con la coda davanti, ad uno sportello della mia banca. Mi piace, per far passare il tempo che la coda si smaltisca, ascoltare i clienti in fila parlare del più e del meno.

Ieri, appunto, questo più e meno era l’economia, la politica. Ho quindi, a casa, trascritto il dialogo registrato con il mio cellulare, come una D’Addario qualsiasi. Ve lo riporto, paro paro

 

Uomo1: Il problema grosso è che, trattandosi di una crisi mondiale, va risolta su base mondiale.Il problema grosso è che siamo 6 miliardi, che a occhio e croce fa circa 4 miliardi di abili al lavoro, e 4 miliardi di posti di lavoro non ci sono, e nemmeno 3, e forse neanche 2 miliardi, e gli altri? Il problema grosso è che, come dice perfino ora il compagno Fini, l’unica strada è la via dei sussidi minimi. Lo stipendio è un diritto, il lavoro si paga a parte.

 

Uomo2: Resta il fatto che prima della crisi tutti questi contratti flessibili, da molti definiti “atipici”, hanno permesso una notevole diminuzione della disoccupazione! Quindi, pur in considerazione della profonda crisi che stiamo vivendo, meglio disoccupati o occupati precari? Lo so che non sono entrambe belle situazioni, ma tra le due....

 

Uomo1: E’ schifoso questo ricatto da parte di chi ha il coltello dalla parte del manico. Meglio disoccupati: è più dignitoso per la persona e più nocivo per il sistema.

 

Uomo2: Meglio disoccupati per essere contro il sistema è si un sentimento idealisticamente pienamente condivisibile… purtroppo oggi è sempre più complicato cercare di sovvertire il sistema se non sei figlio di papà…

 

Uomo1: Cercherò di spiegarti perché non è necessario essere figli di papà per sovvertire il sistema. In questa fase storica di decadimento il sistema, inteso come intreccio di politica e affari, è retto da una classe dirigente in gran parte composta, questa sì, da figli di papà, raccomandati, smidollati, cocainomani senza alcuna tensione ideale e morale e ai quali ciò che importa, ciò che sta loro veramente a cuore, è riuscire a ritagliarsi spazi per lo sballo, come le recenti cronache testimoniano; e trasmettono subdolamente al resto della popolazione il medesimo messaggio affinché assimili questa “filosofia di vita” e le somigli. La popolazione deve restare calma, stordita, anestetizzata. Queste coscienze addormentate sono l’unico ostacolo alla rivoluzione. La rivoluzione va esercitata non con le armi da fuoco (per ora) ma con le armi del pensiero critico, finalizzate al risveglio delle coscienze, poiché il problema oggi non è denunciare che il re è nudo, il che è fin troppo evidente, ma che il popolo è nudo. Una volta che il popolo, destatosi dal torpore televisivo, prendesse coscienza che il potere oggi non è altro che una tigre di carta, un’accolita di vigliacchetti debosciati, basterebbero due o tre colpi ben assestati per far crollare la baracca.

 

Uomo3: Quel (per ora) mi inquieta non poco!

Ok, hai fatto crollare la baracca con la rivoluzione più o meno violenta e poi? Già, perchè è il poi che a me interessa! Nel senso che la storia ha sempre dimostrato che il “poi” spesso diventava peggio del “prima” o, più semplicemente: rapidamente “ritornava tutto come prima”!

 

Uomo1: Non si sa mai che piega prendano gli eventi, il potere non molla facilmente l’osso. Sarebbe stato quantomeno imprudente per i combattenti della Liberazione dal nazifascismo escludere di imbracciare il fucile … Il “poi” dipenderà da noi, non dalla storia, dal destino o dagli astri. Noi che società vogliamo?

IMPARATE, PIANGINA

scudo-fiscLo chiameremo, con scarsa fantasia, Mario Rossi. Niente nomi veri, niente ragione sociale: il nostro Mario Rossi è uno “scudiero” molto nervoso e, anche, arrabbiato. Con i giornali, in primo luogo: «Tutti quei titoloni sulla caccia agli evasori sono ridicoli. Mi irrito quando leggo che rientreranno cento miliardi occultati o riciclati. Io aderirò allo scudo fiscale, ma non sono e non mi sento un evasore. E mi secca molto che lo scudo si sia trasformato in un calderone dove il Fisco trita tutto e tutti uniformemente: imprenditori, riciclatori, speculatori e fighetti che inventano prodotti finanziari tossici, alla base della crisi attuale». Cosa voleva, uno scudo per soli imprenditori?….Noi siamo costretti a mettere mano a tutti i fondi disponibili per non affogare. Beni personali e beni allocati all’estero: questo sforzo va appoggiato, sostenuto e, in qualche modo, premiato... leggi tutto l’art. del sole24ore

Questi piccoli borghesi, questi imprenditoruncoli, questi piangina, questi dilettanti. Mentre il 14 ottobre 1980 salutavano la svolta della Storia determinata dalla marcia dei 40.000 a Torino, il loro mito, il modello inarrivabile, quello che ‘l’ovologio va sopva il polsino’, ossequiato e ammirato alle riunioni confindustriali, dopo aver chiesto e ottenuto fiumi di denaro pubblico (dunque derivante dalla tassazione del lavoro dipendente) perché ‘il bene della Fiat è il bene dell’Italia’, dopo aver ridotto l’occupazione di decine di migliaia di unità, si premurava di accantonare ‘riserve’ all’estero per ca. 2 miliardi di euro. Questo è capitalismo! Imparate, piangina.

Dal nostro inviato ex Khorakhaneker, nel cuore della svizzera verde Gustavo Schianchi 

IL SUPERINDICE e i corvi

grafico1 “Forti segnali di ripresa. Ocse, l’Italia è al top” Sale il superindice di settembre, da noi a +10,8 (+1,3 su base mensile) Secondo i lanci di agenzia l’Italia è il Paese che mostra l’incremento maggiore su base annua. “Ci sono forti segnali di ripresa, basta vedere i dati dell’Ocse”, ha detto subito al balzo il Presidente del Consiglio. Tremonti non si è trattenuto ed ha aggiunto: “Il tempo è stato galantuomo, ora dobbiamo insistere”. Italia al top“, scrivono Corriere e Repubblica, che aggiungono: “la nostra economia è quella che va meglio” e anche “Noi nella media europea“. Delle due l’una. E’ al top o nella media? Sarà ma allora come ci spieghiamo che le ditte cominciano a fallire adesso? Non so in altre parti d’Italia come si sta, ma qui tra Bergamo, Lecco e Como si vedono anche le grosse aziende storiche in forti difficoltà….concordati preventivi, ritardi nei pagamenti.. e ora, oltre ai dipendenti delle suddette, soffre anche l’indotto, con i suoi dipendenti e i suoi fornitori che non riceveranno a loro volta i pagamenti…. Sara’, ma a me sembra che la crisi vera, quella che tocca la gente e non solo le banche stia cominciando adesso..E allora prima di andare a vedere cos’è mai questo superindice è bene leggere tutto il comunicato dell’OCSE che quasi tutti i giornali, orgasticamente supini alle dichiarazioni dei politici, si sono dimenticati di mettere almeno un poco in risalto…

“…Sebbene segnali di espansione possano essere osservati in vari paesi, nondimeno questi segnali dovrebbero essere interpretati con cautela perché l’atteso miglioramento dell’attività economica, in relazione ai livelli del potenziale di lungo termine, può essere attribuito in parte a una diminuzione dello stesso livello potenziale di lungo termine e non solo a un miglioramento dell’attività economica in sé».

E’ serio ricercare quindi, quantomeno prima di esagerare con i proclami, porsi necessariamente un’altra domanda: quanto sono crollate le economie dei diversi paesi prima: perché è vero che le prospettive per esempio della Cina, vedendo gli ultimi dati, sono solo un poco migliori di quelle dell’Italia (+1,6 punti rispetto ad agosto, +7 su anno), ma vorrà pur dir qualcosa che questi exploit per la Cina, avvengono dopo un incremento quasi a due cifre nell’ultimo anno e per l’Italia, purtroppo, giungono dopo un crollo della produzione a doppia cifra nello stesso periodo. Vero? Quindi la prima vera notizia è che Tremonti ha una fretta un po’ troppo sospetta nel voler far credere che tutto va benissimo.

Ma che cos’è quindi questo superindice OCSE che fa applaudire e fa fare titoli farlocchi? E’ un misuratore delle aspettative e non dell’andamento reale dell’economia. E già questo dovrebbe bastare, purtroppo, per ridimensionare l’entusiasmo. Il superindice infatti riassume variabili mensili relative alle aspettative sulla fiducia delle famiglie e delle imprese. In particolare quello italiano misura non l’andamento reale dell’economia, che rimane difficoltoso, ma le aspettative che gli operatori economici hanno sul suo andamento. Insomma è anche probabile che ci sia, finalmente, qualche modesta ripresa della produzione, dopo i crolli pesantissimi, ci mancherebbe altro, ma questo, purtroppo, non significa, innanzitutto che il bilancio dello Stato sia al sicuro e un benessere del Paese.

Se un impresa è pazzescamente indebitata è indubbiamente positivo per lei che ordini e vendite migliorino dopo il crollo, ma questo non significa che automaticamente, per questo fatto, riuscirà a pagare i debiti alla banca, se questi hanno superato il livello di guardia. Quando il superindice dirà la stessa cosa dei dati sull’aumento degli stipendi, sulla riduzione della cassa integrazione, sulla crescita del Pil, sulle nuove assunzioni, sull’abbattimento del debito pubblico, allora sarà veramente un dato credibile, da apertura di giornali, non prima. Non Adesso!

Dalla nostra ex-khorakhaneker Cristina, dai banchi dell’Università Bocconi. Cra cracra cracra