Potremmo cominciare dal fondo, dall’ultimo atto.
Da venerdì 20 marzo 2020, ore 10, a Roma, quando la Corte di Cassazione, si pronuncerà, in maniera definitiva, sulla verità giudiziaria di Mauro Rostagno. Sull’omicidio di Mauro Rostagno.
Quel giorno era lunedì 26 settembre 1988. Una sera buia.
Un buio che per tanti dura da 32 anni. Per altri era già stato squarciato, da subito, dalla verità, dalla luce limpida, delle molte vite di Mauro Rostagno.
Mauro Rostagno, quella sera, in quella stradina di Lenzi, frazione di Valderice, provincia di Trapani, a pochi metri dalla sua Comunità Saman, luogo che aveva creato per dare speranza, fiducia e recupero alle persone tossicodipendenti che volevano un futuro, una speranza e chiedevano fiducia, è stato ucciso dalla Mafia.
E’ quella giudiziaria la verità che si attende venerdì.
Una verità togata, in nome del popolo italiano, che è un diritto avere, è una verità doverosa, che è lì da pronunciare dopo tre decenni di depistaggi, omissioni, arresti indegni e vergognosi, omertà e interessi.
Una verità da mettere a fianco di quella nobile e quotidiana che si sa da sempre. Da subito.
Mauro Rostagno è stato ucciso dalla mafia. Su mandato, dovrà sigillare venerdì anche la Corte di Cassazione, di Vincenzo Virga, capomafia di Trapani, perché, come riassume limpidamente Maddalena, la sua figlia più piccola e così forte come quell’Hibiscus rosso nel sole di Trapani “stava facendo il terapeuta di una città”.
Mauro Rostagno da una tv locale, RTC, infatti, raccontava a una città, a un popolo trapanese e siciliano, che si fermava per ascoltarlo, i piccoli e grandi misfatti dei criminali comuni e degli alti papaveri che tenevano in pugno la loro città e, di fatto, le loro vite. E lo diceva e denunciava come nessuno.
Mauro Rostagno è stato anche per esempio, in una delle sue vite precedenti, una sorgente fondamentale per la consapevolezza di Peppino Impastato, il giovane de “i 100 passi”, “la mafia è una montagna di merda”, ed è stato soprattutto così tante altre cose luminose e splendide che la sola piccola consolazione di questa verità giudiziaria – a 32 anni dal suo omicidio per mano della mafia – che si aspetta venerdì 20 marzo, ore 10, a Roma, in Corte di Cassazione, è che chi allora non c’era, i giovanissimi di oggi, gli uomini e le donne di domani, tutti quei petali ideali di Hibiscus rosso che oggi stanno fiorendo, ognuno alla propria maniera, e dove ovunque dicono a noi adulti con il loro alfabeto: “Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto”, avranno modo, possibilità così di conoscere ancora di più Mauro Rostagno.
Una persona di cui essere fieri e debitori.
Idealmente un loro nonno, un partigiano, che la mafia e i poteri che soffocano il futuro, pensavano di aver zittito, volevano zittire, si erano illusi di aver zittito.
Uno che “Ci spiegava le cose che facevamo in un modo così bello che noi non avremmo potuto accorgercene”, come dissero gli operai della Philips di Monza, in una serata dedicata al suo ricordo.
E quindi finiamo dall’inizio. Dal primo atto.
Mauro Rostagno è da scoprire e riscoprire perché è una bella persona. Meravigliosa.