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NOTTI GRATIS SU MARTE Ed ETICA SULLA TERRA

SALA-VIA-FOSCOLOLunedì sera, il Consiglio comunale di Lecco sarà chiamato a votare per revocare una Delibera (la nr.54 del 10 settembre 2012: “Sala Polifunzionale di Via Ugo Foscolo n. 42: istituzione del servizio, approvazione del regolamento e delle tariffe d’uso”) segno del fallimento della stessa Amministrazione, o meglio, quella prima.

L’allora assessore alla Cultura, Michele Tavola,  di Appello per Lecco, su via Foscolo ci si incartò, prima ratificò, poi promise, infine lesse e il fare si trasformò in faremo e oggi nemmeno in quello.

Oggi il tutto si cancella, si revoca. Non è successo nulla, scherzavamo. Abbiamo scherzato.

Normare l’utilizzo e le tariffe di un posto che resta chiuso in effetti non ha senso. E’ come offrire due notti gratis su Marte con tutti i comfort da usufruire però entro il prossimo week end.

La revoca della Delibera, proposta nei fatti dall’Assessore al Patrimonio, Corrado Valsecchi, sempre di Appello per Lecco, è propedeutica a concedere la Sala a Teatro Invito che è stata l’unica a rispondere a una rapida e mirata indagine conoscitiva di mercato, promossa dall’Assessore stesso.

Ma è sufficiente che si sia trovato qualcuno, disposto a dormire su Marte perché l’operazione debba trovarci tutti felici e contenti e con il naso all’insù?

E allora mi chiedo, perché è più facile, con il naso all’insù, inciampare coi piedi che vedere asini che volano, ri-avanzare sia una questione civica di chiarezza e trasparenza, sia alcune domande sull’iter seguito.

Quali erano gli ostacoli, reali, che ne impedivano in questi anni, anche recenti, l’apertura da parte del Comune? E perché sono decaduti ora non con la gestione diretta del Comune ma concedendola ad una Associazione?

Il Comune, va ricordato, incasserà da Teatro Invito per un Auditorium da ben 320 posti seduti, solo 2600 euro all’anno. (216,67 euro al mese). Quando, anche questo va ricordato, il canone di mercato quantificato in perizia (Id. 6816 del 29.01.2016), agli atti del servizio patrimonio, è di € 25.129,80.

Vien da chiedere poi quali altri oneri e di che entità sono in capo all’Associazione a cui è stato concesso l’utilizzo? Oneri così alti che il Comune non può pagare e non può nemmeno paventare di incassare dal noleggio diffuso della struttura, ma sostenibili da un’associazione?

La povertà di spazi civici e pubblici in città è conosciuta da tutti, chiedo, ai consiglieri in primis, se è stato previsto che Teatro Invito possa affittare la Sala a chi ne farà richiesta. Che però apre un altro aspetto che cozza con i soli 2600 euro di affitto annuo chiesti dal Comune. I costi. Sala Ticozzi, grande uguale, costa oltre 230 euro per una sera, la sala di Palazzo delle Paure, da 80 posti, altrettanti, idem la sala di palazzo Falck. La metà per quella da 100 posti del Centro Sociale. Importi comunque, come si vede, che coprirebbero, in poco tempo, la spesa del canone annuo.

E allora si torna alla domanda iniziale, perché il Comune non è stato in grado di aprirla da solo? Qual è il vantaggio economico per un’associazione che non può essere sostenuto dal Comune direttamente o da un azionariato comunitario? 

E allora provo ad avanzare due altri dubbi e due proposte.

Perché non chiedere che Acel Service, che in fondo è un’azienda pubblica a partecipazione comunale, di dirottare parte dei suoi finanziamenti per il territorio e pubblicitari per alcuni anni, per darle il via prima dell’autosostentamento? Risorse che l’Assessore al Patrimonio non è stato in grado, o, forse, non ha voluto, trovare.

Così, questo, permetterebbe di da dare il tempo di creare, intorno a quella sala polifunzionale pubblica, un ragionamento che va nella direzione di un possibile, futuro affidamento a reti di associazioni o qualsiasi altra cosa che si può inventare per non trasformarla in luogo privato.

E’ stata chiusa per anni e oggi, tutta una corsa pazza e di fretta dell’Assessore di Appello per Lecco, che in 20 giorni ha fatto bando e affidamento.

E un concorso di idee? Una collegiale costruzione condivisa con gli altri assessorati c’è stata? E soprattutto con la città, quella cittadinanza attiva, il volontariato, che quando fa comodo ci si riempie la bocca, non era proprio auspicabile, possibile? Perché?

E ultimo, certamente solo come nota di colore, non è una cattiveria ma non viviamo nemmeno sulla  Luna per non notare la labile opportunità, nel partecipare ad un Avviso indetto dall’Assessore al Patrimonio, in quota Appello per Lecco, da parte di Teatro Invito dopo che la propria responsabile organizzativa, Elena Scolari, è stata prima candidata, proprio nella lista dello stesso Assessore ed oggi è addirittura nel gruppo di presidenza dello stesso Partito / Associazione.

Non c’entra la legge, ma l’etica non dovrebbe stare solo su Marte.

STADIO, IMPRENDITORI E UNA PARTITA DIVERSA DA GIOCARE

stadioIl calcio a Lecco quando è televisione è strade deserte e bandiere alle finestre.

Il calcio a Lecco quando è stadio è strade bloccate e un centinaio appena di persone sulle gradinate.

Il calcio a Lecco è debiti privati e crediti pubblici. i primi non pagati. I secondi non riscossi.

Eppure il calcio a Lecco è cortei con in testa sindaco e assessori; e ogni giro d’anno imprenditori come cavalieri bianchi. Ma non c’è mai un indotto, non c’è mai un soldo, non c’è ormai più nemmeno un blasone.

E allora leggo di occasioni mancate, di potenzialità aggregative, turistiche e culturali che restano solo allenamenti a porte chiuse, parole e schemi sulla lavagna negli spogliatoi di qualche commissione coi gessetti di qualche assessore, di qualche consigliere. Che provano a correre ed inventare giocate degne di Maradona, con dribbling tra i tempi e la burocrazia che manco Baggio ai mondiali.  Poi senti un fischio pensi a quello d’inizio ed invece è fine partita.

Anche quest’anno – pare – il calcio a Lecco avrà il suo cavaliere bianco che è tenuto segreto manco fosse un agente della Cia in missione in Corea del Nord, manco viaggiasse con la Gioconda nel doppiofondo della valigia, alla frontiera francese.

E Lecco tornerà così a popolarsi di strade bloccate, poliziotti dietro le transenne e un centinaio appena di persone sulle gradinate.

E se invece quello stadio, quelle gradinate diventassero soprattutto un luogo di concerti, di spettacoli, di fiere sostenibili e identitarie? E’ possibile che gli imprenditori che si son fatti avanti per pagare i debiti del calcio o per investirci soldi per passione e non per ritorno economico inizino a valutare le potenzialità offerte dall’investimento in questo ambito o, come sembra, qui da noi manca l’imprenditorialità legata al mondo dello spettacolo e della  cultura?

Forse non ci vedono un potenziale, una vocazione, come invece avviene, in maniera consolidata, da anni, in altri territori. Ma, soprattutto, sono a fargli una supplica e preghiera: Perché non trasformate il vostro amore per la città come la scintilla di un potente motore dello sviluppo sociale ed economico? Soddisfazione dei bisogni culturali e soddisfazione dei bisogni economici.

Da una parte la cultura non semplicemente una componente del prodotto turistico, quanto invece motore per lo sviluppo locale, capace di fecondare con nuovi linguaggi e nuovi approcci la produzione di beni, lo sviluppo dei servizi, la capacità creativa e innovativa di un’intera comunità e dall’altra fonte di possibili guadagni personali e comunitari.

Mediante la valorizzazione del capitale sociale/culturale di cui Lecco non è per nulla sprovvista e, lo dico soprattutto all’imprenditore Frigerio, a Battazza, alla famiglia Invernizzi, ai Fiocchi, agli Aldè, ai Galli e diffusamente ad ogni cittadino.

QUANDO L’ARTE E’ DONO, promozione delle persone e crescita per la città

tazze e borseL’arte, alla fine, sarà quella cosa che salverà il mondo.

E se sono, come sono o dovrebbero essere,  i piccoli puzzle costruiti assieme che riempiono e danno valore alla quotidianità dei giorni, oggi in un normale sabato di shopping d’estate e luce argentata che increspava il lago, tra l’affascinante attesa della Torre Umana di Igualada, la città catalana gemellata con Lecco, e la mostra su Expo Landscapes alla Torre Viscontea, assolutamente da vedere, ho avuto la fortuna di entrare, casualmente, alla Libreria Mascari 5 nel tardo pomeriggio e così assistere, scoprire direi, la bellezza di un’attività culturale svolta dai ragazzi di Artimedia – una rete di servizi del Comune di Lecco dedicati alla disabilità – che se è nata – come si è detto durante la presentazione  – per contribuire a favorire la crescita personale e l’inclusione sociale di cui ha tanto bisogno la città, a me è parso che abbia raggiunto soprattutto la capacità di narrarci la bellezza dell’arte che abbiamo nei nostri musei con altri occhi, che sono tutti soggettivi, quindi un servizio, di promozione culturale, donato alla città. E, per noi lecchesi, farci conoscere ancor di più la quotidianità di un mondo come quello dei servizi alla disabilità, che non è solo assistenza ma deve essere, è, come in questo caso, sostegno.

Oggi, in quei locali, quei volti, quelle esperienze erano il puzzle che costruiva iniziative di corresponsabilità civile di rete che quotidianamente legano nodi invisibili, ma forti, tessendo la vita della nostra città.

Dietro a un quadro dipinto c’è un tessuto di vissuto, c’è un impegno di lavoro e ci sono gli occhi di un ragazzo che manifesta il suo essere artista. Perché ci vuole tutta l’emozione che viene da dentro per reinventare, rivisitare, rigenerare un quadro, un dipinto, un’opera di Tino Stefanoni, di Alfredo Chiappori.

E dentro alla libreria Mascari 5 oggi si è visto questo, il dono dei ragazzi alla città, il lavoro di Artimedia e degli operatori per valorizzare i loro talenti e le loro personalità, il valore della collaborazione e della sinergia che ogni giorno, come un puzzle si costruisce dentro la città tra realtà che lavorano assieme.

Ed è stata una buona cosa la presenza attiva degli Assessori ai servizi sociali Riccardo Mariani e della Cultura, Simona Piazza, sintesi e sinergia dell’assistenza e del sostegno per progetti di promozione delle persone e culturale della città.

Il dono che questa “piccola” esperienza promossa e costruita da tutti questi attori e realtà è anche quella di aver aperto le basi, per creare potenzialmente lo stesso percorso, in un futuro, anche con gli utenti dei servizi di salute mentale del territorio così da dar vita, sostenere, insieme al percorso di crescita personale e inclusione sociale dei frequentatori, anche la promozione culturale arricchente per la città e i suoi musei che va sotto il nome di “art Brut” Arte grezza.

Quella vista nella libreria Mascari 5, è stata una proficua sinergia tra Artimedia, gli studenti del corso di grafica del CFPP di Lecco, i Musei di Lecco e molti volontari che ha dato vita, ispirandosi alle opere della sezione d’Arte Contemporanea della Galleria Comunale a Palazzo della Paure ad un percorso che dura da anni con la mostra: “Arte: io la vedo così”, alla creazione finale di una linea di prodotti “Vivarte” presentata oggi, fatta di tazze, segnalibri, spille, magneti , tovagliette americane, borse di stoffa per la spesa.

Bellissime, colorate, con dietro Stefanoni, Chiappori e ogni altro artista affermato che possiamo vedere al secondo piano di Palazzo delle Paure, e davanti mescolato, lo sguardo catturato, liberato, rapito di queste tele che si è fatto alfabeto che ognuno degli artisti di Artimedia ha straformato, interpretato.

E’ un dono per la città, che ha bisogno di un ulteriore riconoscimento.

Sotto forma di acquisto, sotto forma di visita alla Galleria d’Arte Comunale, sotto forma di attenzione ai servizi di Artimedia e del Cfpp di via Montessori.

Perché l’arte, alla fine, sarà quella cosa che salverà il mondo.

E lo sta facendo

prodotti

SLOT: UN ROBIN HOOD ALL’INCONTRAIO

SLOTOgni azione di contrasto alla diffusione delle slot va sostenuto e premiato.
A margine di questo vorrei fare una riflessione.
Nei prossimi giorni Lecco vedrà diverse iniziative sia Istituzionali che Associative su questo tema.
Una di queste ha uno slogan efficace: “Non giochiamoci il futuro”, un progetto di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo finanziato dal Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci che tra i vari obiettivi ha quello di “monitorare la diffusione del gioco d’azzardo nelle sue varie forme tra i cittadini del territorio attraverso un questionario anonimo”.
Io non so se questa specifica modalità porterà dei frutti, sono un poco scettico, ma i dati di oggi sono allarmanti.
E ogni azione è importante.
Non si può abbassare la guardia.
Le stime infatti parlano di un numero che varia dai 1700 ai 7500 giocatori patologici residenti in provincia e di un numero doppio di giocatori problematici, cioè coloro che utilizzano una parte significativa del proprio reddito per il gioco.
La spesa media annua a persona (neonati compresi) per il nostro territorio è di circa 1.400 euro e per un totale di oltre 460 milioni di euro. All’anno.
Ci sarebbero quindi – ci sono – soldi, per un sostegno all’assistenza, per la promozione della cultura, per la riduzione della povertà ect ect. In altre parole per il benessere diffuso. E invece finiscono in tasca ai ricchi.
Un travaso, un Robin Hood all’incontrarioCredo che il motore per un’efficace azione di sostegno per un contrasto efficace sia però non colpevolizzare chi gioca ma sostenerlo in percorsi di consapevolezza e, far argine a chi non gioca perché non lo faccia.

Io credo che un serio impegno civico doveroso vada nell’ordine di costruire e non decostruire, almeno il più delle volte.

Per questo per azioni di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo, credo vadano seguite anche altre strade e
coinvolgere una pluralità di attori
.
Ognuno per la sua parte di responsabilità civica collettiva.Le strade secondo me più concrete sono: Quella Istituzionale con i rapporti tra Enti ed esercenti, quella diretta ai clienti e quella alla stampa.

La prima è quella più limitata che vede l’Ente Comunale, tramite un apposito Atto, vietare la sponsorizzazione, i patrocini e tutti quei rapporti non obbligatori per Legge, con i soggetti che, dopo un percorso di consapevolezza e confronto reciproco,  scelgono lo steso di tenere queste slot e, come forma più persuasiva, anche con chi co-organizza iniziative con gli stessi.
La seconda,più formativa, è quella di rivolgersi direttamente ai clienti di questi esercizi per farli promotori diretti di una campagna “autoprodotta”. Tipo: “(Bar/negozio)tu e noi assieme, senza più slot”.
Potrebbe essere, secondo me, l’occasione buona per sostenere l’esercente in una presa di coscienza di un problema, di un’anomalia e anche di una convenienza economica.
La modalità storica nonviolenta del boicottaggio è una pratica di responsabilità, anche autoformativa.La terza strada è rivolta alla stampa, ed è quella di chiedere di non enfatizzare vincite da “gratta e vinci”, limitare la pubblicità di questo tipo di mercato, di informare con frequenza dell’ammontare, immane,di spesa complessiva e procapite sul nostro territorio del gioco diazzardo.
E ancora delle irrisorie, e a volte nulle – si nulle – possibilità di vincita del gioco di azzardo.
Nonché dei rischi e delle patologie che l’abuso da gioco genera.
E’probabile che si fallirà su tutta la linea, ma perché non provarci?
Sono convinto che anche gli esercenti, i bar, i circoli, i negozi, nonché gli stessi giocatori e famigliari se sostenuti e affiancati,
siano di grandissimo aiuto per risultati efficaci.

Quando il bookcrossing è solo un (bel) pretesto

aver curaIl servizio di bookcrossing per Lecco non è nulla di pirotecnico, è solo un pretesto. E’ un servizio utile di scambio libri, utile ma, in fondo, non necessario. Ossia se ne poteva certo far a meno, se lo leggessimo, il servizio, come un mero e solo libero scambio di libri.

Potrebbe suonare strano che a dirlo sia io che, con altri, sono tra i promotori di questo servizio di BookCrossing “LeccoLeggo”. Le 10 postazioni gemmate non solo in centro, volutamente non solo in centro, di scambio libero di libri che diventeranno, dal 14 maggio, patrimonio comune dei cittadini.

Potrebbe suonare ancora più strano perché il bookcrossing è un servizio che dopo anni e anni di silenzi e porte comunali in faccia, è finalmente potuto diventar realtà, e questo grazie all’aver trovato, all’interno dell’Amministrazione Comunale, chi ascolta e non solo chi sente. Ossia l’Assessore alla Cultura e alle politiche giovanili, Simona Piazza.

Invece la vera bontà di questa iniziativa e soprattutto il vero enorme merito che va riconosciuto pubblicamente all’Assessore Piazza, è che ha trasformato l’idea del bookcrossing – come l’intera settimana dell’”Aver cura del Bene Comune” – in uno strumento per eleggere – come filosofia – quale beneficiario la Comunità invece che il singolo.

Liberare energie, immaginare alleanze nuove, creare patti di corresponsabilità tra cittadini e amministrazioni. E’ questo il fil rouge, a me è parso, che lega il pensiero e le azioni dell’Assessore alla Cultura.

Non si dota solo e tanto la città di un servizio dove il singolo cittadino può andare a prendersi un libro a gratis, leggerlo, portarselo a casa e, se vuole, riportarlo o portarne un altro. E se questa cosa prende piede vuol dire che ci saranno più libri da prendere, per ognuno.

La forza del fil rouge dell’Assessore è che il bookcrossing LeccoLeggo è, in fondo, solo un pretesto, un progetto, uno strumento, uno come tanti – uno vale l’altro – per ricostruire legami di comunità, sotto forma di patto di corresponsabilità in cui, giovani e soggetti diversi, forse prima difficilmente interfaccianti, decidono di partecipare dandosi un ruolo.

Costruire uno scenario in cui il dotare la città, la comunità, di un servizio nuovo, è il pretesto, lo strumento perché gli abitanti collaborino fra di loro e con l’amministrazione, costruendo una comunità del cambiamento, del prendersi cura della comunità.

L’interesse è mettere in comune. Progetti, idee, servizi, realizzazioni che hanno un comun edenominatore: una comunità che scambia, progetta e re-investe

“La partecipazione è un nostro diritto, mi auguro che questo sia solo l’inizio di un lungo percorso” ha infatti detto l’assessore Piazza presentando la settimana dell’”Aver cura del Bene Comune”.

Lei l’ha messa in pratica mettendosi, non davanti o in posa, ma al servizio della comunità in cammino.

Altri, dentro la stessa Giunta, come si può osservare facendo Appello ogni giorno, si gonfiano invece il petto e cercano di prendersi soprattutto i meriti, anche quando non ne hanno.

Ma il loro obiettivo è farlo credere.

Loro sono sempre in campagna elettorale. Per un voto in più. Per sè stessi.

A GRANDI BRACCIATE NELL’OSCURITA’

MentreSono andato a vedere la mostra appena aperta a Palazzo delle Paure di Gaetano Orazio, “a grandi bracciate nell’oscurità”.

Ci sono andato dopo aver partecipato alcune settimane fa ad un incontro, ad un’overture, di questa Mostra, sull’identità, nella cornice del festival Leggermente .
Un dialogo tra il Maestro Orazio e il prof Alberto Zatti, professore di psicologia sociale all’Università di Bergamo.
Poco pubblico, allora, ma tantissimi spunti, sassolini, briciole di pane, chiavi per le proprie porte, oserei dire interiori, nascoste. Insomma un’affascinante serata. Bellissime persone, a dialogare e a coordinare.
Così ieri, domenica pomeriggio, a mostra appena aperta, – l’inaugurazione, con persone persino lungo le scale è infatti avvenuta sabato sera -ho voluto visitarla, vedere se il fascino della parola, del dialogo, riuscivo a coglierlo – e un poco anche l’artista a trasmetterlo – anche attraverso il linguaggio di una mostra. Dentro i quadri e le istallazioni
In un linguaggio diverso, senza il filtro delle parole.
Che dire.
È, per me, una mostra da vedere, da guardare, da leggere. Da rimanerci dentro sospesi.
La forza rabbiosa della materia, il piombo, il catrame, le tavole di legno che invade prepotente gli spazi, le figure.
Come fosse notte, e la luce argento del corso d’acqua.
La potenza della fabbrica, le nostre fabbriche di operai e ferro e la quiete, dallo stesso quadro, della figura che si adagia in un riposo,un sonno che è sogno.Una mostra che è un’affascinante percorso, non banale.
Una mostra cui va riconosciuto e dato merito a chi l’ha pensata, realizzata, voluta, perché è indubbio che non sia Picasso, che non sia facile, ma proprio perchè non è facile, scontata, non solo bella ma ricca, interrogativa, che ti interroga, che è assolutamente da vedere.

In fondo non è proprio questo il ruolo di un’Amministrazione, dei Musei della città: avvicinare al bello, alle domande, far conoscere e accompagnare, crescere oserei dire, il cittadino ancor prima che il turista?

L’istallazione del bosco bugiardo, tronchi concavi di Betulle, una delle opere presenti, è di forte impatto, forse un poco costretta in uno spazio meno arioso di quello che ne necessitava per cogliere anche il retro, la notte dei tratti, dei dipinti, delle bracciate che ne animano l’interno e che nella Sala del primo piano del Palazzo delle Paure un poco viene sacrificato.

E poi quei quadri di azzurro acqua e corpi che fluttuano sospesi ma non persi verso l’alto, verso il risveglio che è paradiso, lago e fiume, lo sguardo che ognuno di noi deve trovare dentro di sé, nella ricerca di sé.

C’è poi un piccolo disegno, dentro la bacheca, sotto un vetro di una delle sale, un corpo sdraiato ma sospeso, leggero, una pietà, asessuato, che ricorda, senza volerlo ricordare, il Toro di Picasso,due linee semplici, pulite, che sono forma e sono il tutto di quello che ognuno ci vuol vedere dentro. L’anima, che pesa 21 grammi. Bellissimo.

E, non tanto un consiglio ma un invito, guardate “Dedizione” se, anche per voi, è fuoco, oscurità è leggerezza o sprofondo.

È testa e croce, assieme.
Quindi, da parte mia, come cittadino, un plauso al Comune, Assessore alla Cultura e Curatrice della Mostra in primis  che han osato una Mostra come questa, fuori dalla strada facile, un lavoro culturale ed educativo che è semina indispensabile per questa città.