
Ci sono andato dopo aver partecipato alcune settimane fa ad un incontro, ad un’overture, di questa Mostra, sull’identità, nella cornice del festival Leggermente .
Un dialogo tra il Maestro Orazio e il prof Alberto Zatti, professore di psicologia sociale all’Università di Bergamo.
Poco pubblico, allora, ma tantissimi spunti, sassolini, briciole di pane, chiavi per le proprie porte, oserei dire interiori, nascoste. Insomma un’affascinante serata. Bellissime persone, a dialogare e a coordinare.
In un linguaggio diverso, senza il filtro delle parole.
È, per me, una mostra da vedere, da guardare, da leggere. Da rimanerci dentro sospesi.
La forza rabbiosa della materia, il piombo, il catrame, le tavole di legno che invade prepotente gli spazi, le figure.
La potenza della fabbrica, le nostre fabbriche di operai e ferro e la quiete, dallo stesso quadro, della figura che si adagia in un riposo,un sonno che è sogno.Una mostra che è un’affascinante percorso, non banale.
Una mostra cui va riconosciuto e dato merito a chi l’ha pensata, realizzata, voluta, perché è indubbio che non sia Picasso, che non sia facile, ma proprio perchè non è facile, scontata, non solo bella ma ricca, interrogativa, che ti interroga, che è assolutamente da vedere.
In fondo non è proprio questo il ruolo di un’Amministrazione, dei Musei della città: avvicinare al bello, alle domande, far conoscere e accompagnare, crescere oserei dire, il cittadino ancor prima che il turista?
L’istallazione del bosco bugiardo, tronchi concavi di Betulle, una delle opere presenti, è di forte impatto, forse un poco costretta in uno spazio meno arioso di quello che ne necessitava per cogliere anche il retro, la notte dei tratti, dei dipinti, delle bracciate che ne animano l’interno e che nella Sala del primo piano del Palazzo delle Paure un poco viene sacrificato.
E poi quei quadri di azzurro acqua e corpi che fluttuano sospesi ma non persi verso l’alto, verso il risveglio che è paradiso, lago e fiume, lo sguardo che ognuno di noi deve trovare dentro di sé, nella ricerca di sé.
C’è poi un piccolo disegno, dentro la bacheca, sotto un vetro di una delle sale, un corpo sdraiato ma sospeso, leggero, una pietà, asessuato, che ricorda, senza volerlo ricordare, il Toro di Picasso,due linee semplici, pulite, che sono forma e sono il tutto di quello che ognuno ci vuol vedere dentro. L’anima, che pesa 21 grammi. Bellissimo.
E, non tanto un consiglio ma un invito, guardate “Dedizione” se, anche per voi, è fuoco, oscurità è leggerezza o sprofondo.
Quindi, da parte mia, come cittadino, un plauso al Comune, Assessore alla Cultura e Curatrice della Mostra in primis che han osato una Mostra come questa, fuori dalla strada facile, un lavoro culturale ed educativo che è semina indispensabile per questa città.