DIETRO LA PORTA DELLA LOTTA TRA DEMOCRAZIA E MERCATO

democraziaVi lascio la pace, vi do la mia pace’ (cit.) ‘Il mondo è in guerra perché ha perduto la pace’ (cit.) ‘Non è una guerra di religione’ (aricit.)

Come se la fede nel dio danaro non fosse una religione che non ha nulla da invidiare agli altri integralismi quanto a fanatismo, dogmatismo, mancanza di dubbi, fini che giustificano ogni mezzo.
La crisi economica, irreversibile, ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che è irreversibile, non permette al sistema di mercato di sopravvivere in condizioni di democrazia, di costituzioni che consentono lotte sindacali, rivendicazioni, tutele ai lavoratori, scioperi. Il mercato può sopravvivere e continuare a funzionare solo in un contesto di stato di polizia, tipo il carcere a cielo aperto della Cina. Lì sì che il capitalismo va alla grande.

E’ alle porte un nuovo fascismo, che rispetto al passato risparmierà ebrei e omosessuali, due categorie, due lobbies che negli ultimi anni hanno intelligentemente costruito le condizioni culturali per scampare a un nuovo olocausto. Una novità da salutare indubbiamente con soddisfazione. Tuttavia sempre di fascismo si tratterà, dunque leggi razziali, ghetti, deportazioni innanzitutto per i musulmani, poi per i rom, per ‘lo straniero’ tout court in quanto refrattario ai precetti occidentali dell’arbeit macht frei, del produrre e consumare (ricordiamo che il nazifascismo è un prodotto prettamente occidentale) poi naturalmente si estenderanno le ‘leggi speciali’ nei confronti degli autoctoni che dissentono, che in quanto tali sono sospetti di intelligenza col nemico, in un clima crescente di maccartismo che possiamo osservare in nuce nella Turchia di questi giorni.
Tuttavia ancora non sarà un male questo disvelamento , questo calare la maschera del sistema, poiché metterà gli antifascisti di fronte alla necessità di scegliere, finalmente, senza ambiguità, fra democrazia o mercato.

 

Dall’infinita dote di intelligenza e pasolinaiana lettura della società del nsotro ex Khoarakhaneker Pococurante

AUDITORIUM via Foscolo: LE COMPETENZE E IL METODO

viafoscoloÈ forse solo perché non abito sopra l’Auditorium di Via Foscolo, o perché più che il fascino educativo della prima bicicletta, ad una certa età, in me, è prevalso quello della disillusione ma, a differenza dei sig. Colombo  – che hanno scritto questa lettera – , io sono totalmente critico su come si sono sviluppate e concluse le cose in merito all’assegnazione della Sala Comunale di via Foscolo a Lecco.

E sono critico perché ne evidenzio la gravità per una questione di metodo e di etica, non sulle competenze di chi ha avuto assegnato la sala.

L’Amministrazione comunale – non mi interessa quale assessore e ufficio è maggiormente responsabile sebbene le carte sono lì, inequivocabilmente, a dimostrarlo, e portano il nome dell’Assessore Corrado Valsecchi e dei suoi Uffici del Patrimonio anche perché poi la Delibera di Giunta (nr. 123 del 19.7.2016) è stata votata da tutti – mi auguro possa e voglia rispondere anche per continuare questo nuovo e positivo dialogo di partecipazione verso i cittadini che ha appena riaperto.

Dubbi e domande che non sono ideologiche o pretestuose, ma semplici, comuni, necessarie o, perlomeno, legittime.

1) CONFLITTO DI INTERESSE ETICO:

Mi chiedo: E’ eticamente opportuno che l’Assessore che ha promosso questa assegnazione sia il leader dello stesso partito che vede il rappresentante amministrativo della realtà a cui è stato assegnato l’Auditorium non solo è stata candidata nella stessa lista civico/partitica ma addirittura dirigente nella Presidenza dello stesso assessore?

Tutto legale, chiaro, ma l’etica non è una questione di tribunali ma di rapporti civici e sociali.

2) RAGIONI E OSTACOLI DELLA CHIUSURA:

Mi chiedo quali erano gli ostacoli, reali, che ne impedivano in questi anni, anche recenti, l’apertura da parte del Comune?

E perché sono decaduti ora non con la gestione diretta del Comune ma concedendola ad una Associazione?

3) AFFITTO DIECI VOLTE PIU BASSO

Il Comune, va ricordato, dato non di poco conto, percepirà un incasso da Teatro Invito per un Auditorium da ben 320 posti seduti, di solo 2600 euro all’anno. (216,67 euro al mese), quando, in perizia (Id. 6816 del 29.01.2016), agli atti del servizio patrimonio, questo valore era stato valorizzato in € 25.129,80.

4) ONERI NON ESPLICITATI E NOLEGGIO DIFFUSO

Vien da chiedere quali altri oneri e di che entità sono in capo all’Associazione a cui è stato concesso l’utilizzo?

Oneri così alti che il Comune non può pagare e non può nemmeno paventare di incassare dal noleggio diffuso della struttura, ma sostenibili da una medio piccola realtà associativa?

Che infatti, al punto 3 del suo Progetto dichiara che, ovviamente e giustamente, che lo farà “dietro il pagamento di un contributo per le spese di gestione”. E addirittura ampliando, di molto, le proprie possibilità di guadagno: “anche iniziative che esulino dall’ambito strettamente culturale come meeting o convegni organizzati da privati”.

5) SPAZI PUBBLICI CARENTI E TARIFFE

La povertà di spazi civici e pubblici in città è conosciuta da tutti, con tariffe di utilizzo, per sale anche ben più piccole di oltre 200 euro a serata fin a oltre 1000 euro (Sala Ticozzi). Importi quindi che in poco tempo coprirebbero la spesa del canone annuo.

6) RICERCA SPONSOR E AUSTOSOSTENTAMENTO:

E allora perché il Comune non è stato in grado di aprirla da solo? Qual è il vantaggio economico per un’associazione che non può essere ricercato dal Comune direttamente o da un azionariato comunitario?

Perché non chiedere, per esempio, a Acel Service, che in fondo è un’azienda pubblica a partecipazione comunale, di dirottare parte dei suoi finanziamenti per il territorio e pubblicitari per alcuni anni, per darle il via prima dell’autosostentamento?

Questo, permetterebbe di avere il tempo di creare, intorno a quella sala polifunzionale pubblica, un ragionamento che va nella direzione di un possibile futuro affidamento a reti di associazioni o qualsiasi altra cosa che si può inventare per non trasformarla in luogo privato, e di reddito privato.

Una collegiale costruzione condivisa con gli altri assessorati c’è stata? E, soprattutto, con la città, quella cittadinanza attiva, il volontariato, che quando fa comodo ci si riempie la bocca, non era proprio auspicabile, possibile? Perché?

7) UNA NUOVA RICHIESTA DI SOLDI PUBBLICI E GESTIONE APPALTATA

Se poi leggiamo il punto 4 del comunque bel Progetto di Teatro Invito, perché è un bel progetto davvero nella parte artistica culturale, punto dove l’associazione richiede nuovi soldi “fund raising, azionariato popolare, Bandi, ricerca di sponsor.. siamo convinti che un’amministrazione dinamica e al passo coi tempi .. occasione per supportare un’attività significativa per la città” viene da chiedersi in primis se è stata assegnata ad un’associazione senza robuste capacità finanziarie che basa molto sul denaro pubblico e di altri il proprio sostentamento e in secondo se tale ricerca di raccolta fondi non poteva essere lo strumento da utilizzare da parte del Comune per una gestione diffusa e condivisa e non privata. E infine se non conveniva, visti i soldi che tale Sala catalizzerà, affidarla si prioritariamente ad una associazione strutturata e valida come Teatro Invito, per una cosiddetta gestione esternalizzata di attività culturali ma mantenendo la Gestione e quindi gli incassi, come avviene per il Teatro della Società, ma qui con evidenza con molti minori costi di struttura di tutto il resto.

Non critico le competenze di chi ha avuto assegnato la Sala Auditorium, ma evidenzio la gravità del metodo.

La polemica è sempre distruttiva, la critica però ha, spero, diritto di cittadinanza e, auspicabilmente, di risposta.

LE SCUOLE MATERNE PARITARIE E I SOLDI DI TUTTI O DI QUALCUNO

lecco_dati_scuole_4Le scuole materne paritarie a Lecco sono una risorsa. Da sempre.

Lo sono anche i soldi che il Comune ogni anno gli riconosce per questo ruolo a sostegno di un servizio, ora indispensabile, alla città.

Parliamo di oltre 1.300.000 euro ogni anno, cioè ben il 40% circa delle rette delle scuole materne private e questo vale anche per chi non è residente in città. (La Regione si ferma intorno al 3%).

Non mi soffermo, sebbene forse vada fatto, sul parallelismo che intanto nelle scuole primarie pubbliche non ci sono soldi per fare delle banalissime fotocopie e spesso si porta da casa pure sapone e carta igienica.

Non c’è bisogno di fare una guerra tra poveri.

Vorrei solo evidenziare che forse il ragionamento da fare è un altro.

Dal 2013 a oggi c’è stato un calo di iscrizioni, nelle 15 scuole paritarie (una ha addirittura chiuso) di quasi 200 bambini (177 il numero indicato dal Presidente dell’associazione scuole materne paritarie sig. Panzeri) da 1103 a 926.

Sarebbe cosa positiva che tale calo, in percentuale oltre il 15%, sia stornato anche dal contributo annuale riconosciuto dal Comune e proprio in questi giorni in approvazione in Consiglio, tantopiù che non ci si rimette in pari con i contributi “in esubero” degli anni scorsi.

Ma aggiungerei un ulteriore ragionamento di equità e giustizia che non tocca, proprio per questo, caratteri ideologici o politici, ma solo di buon senso. Che fa il paio con appunto quello della logica che vorrebbe che se prima si riconosceva un contributo per un certo numero di iscritti oggi questo vada ridotto in funzione degli iscritti reali attuali.

Il pezzo di ragionamento in più è quello che il Comune dovrebbe riconoscere il contributo procapite per bambino iscritto – anche se lo riconosce alla scuola e non direttamente all’iscritto) solo a quelli residenti a Lecco città e non a chi per scelta, comodità o altre valutazioni della famiglia, ha deciso di iscriverlo ad una scuola della città e non del proprio Comune di residenza.

Ad oggi dovrebbero essere circa il 15-20% degli iscritti totali.

Non è una cattiveria, una miope battaglia di razzismo o di innalzamento di muri ma una logica prettamente oggettiva.

L’Associazione delle scuole materne dovrebbe, più correttamente, fare convenzioni con quei Comuni di provenienza degli iscritti, e non riversare questi oneri sul Comune di Lecco, come peraltro mi pare sia anche riconosciuto dalle norme.

L’Associazione percepirebbe lo stesso ammontare complessivo di contributi ma ripartiti più equamente e correttamente tra i soggetti corretti

Un solo discorso di buon senso.

Che vedrebbe altresì liberarsi così, per il Comune di Lecco, risorse importanti (200/300.000 euro) ogni anno, per azioni amministrative di benessere e qualità della vita per i propri residenti e per completare quei servizi dai bambini agli anziani e disabili che tanto si sente il bisogno.

E’ chiedere troppo?

PER UN DIALOGO CHE NON SIA PASSERELLA

sindaco-giunta-in-piazzaHo partecipato l’altro ieri sera all’iniziativa in piazza della Giunta di Lecco a un anno dalle elezioni.

Una sorta di diario. Cosa abbiamo fatto, cosa faremo.

Buonissima idea, a prescindere dalle motivazioni, decisamente meno la messa in pratica. Schieri una tavolozza di colori – o meglio, di pittori – davanti ad una tela e poi volteggi davanti alla platea solo il pennello e fai solo un buffetto di colore?

Un’ora di intervento del solo Sindaco e due domande due dal pubblico e poi grazie a tutti “apposto così” ?

Mi spiego.

La serata è positiva. Un buon inizio. Parlare alla città e tra la gente è una buona cosa da apprezzare e sostenere. Ben vengano quindi queste iniziative, totalmente riuscite o meno. Però che senso ha cercare di rinnovare (o costruire?) un’immagine pubblica dopo sei anni di anonimato e far parlare solo il Sindaco? Non è un poco fuori tempo massimo? Se si sta cercando di far vedere – o credere – che sono un’altra cosa dalla precedente, cosa che per me è abbastanza vero, per intelligenza tattica avrebbero dovuto far parlare prima di tutto gli assessori nuovi. Poi Brivio.

Nel merito oltre che nella forma, posso dire che quanto schematicamente riportato sulle cartoline, (bella idea) divise in cosa fatto e cosa faremo, dei singoli assessori, mi è parso di cogliere che alcuni han segnalato cose egregissime, (Simona Piazza con Villa Manzoni, Bene Comune e Orari estesi dei musei, Gaia Bolognini con i Piani d’Erna, Francesca Bonacina con l’Osservatorio dell’Alpinismo..) altri han cercato di prendesi meriti di assessori precedenti (Corrado Valsecchi con Piazza Affari, Mappatura del verde, Tribunale – merito invece soprattutto dell’ex assessore Francesca Rota; e Riccardo Mariani con il Nuovo Polo Frassoni), altri han messo anche punti che se non era per sollecitazioni infinite dei cittadini (Anna Mazzoleni con la volontà di donazione organi sulla carta d’Identità, e Salvatore Rizzolino con i servizi mensa online) eravamo ancora in attesa delle calende greche, ma forse questo è un merito. Infine altri han messo punti in realtà modesti (Ezio Venturini con il Bike Up e la mobilità elettrica, Stefano Gheza con il dialogo con le associazioni sportive).

L’aspetto da migliorare è che non c’è stato tempo per chiedere di lavorare a: – Ridurre i volumi di cemento concessi dal PGT, che ha sovrastimato i numeri di abitanti – Una maggior incisività sulle politiche e azioni contro il gioco d’azzardo anche attraverso il monitoraggio delle sponsorizzazioni e patrocini concessi – Promuovere parcheggi periferici e bus navetta – Nuova ubicazione del Centro diurno di Salute Mentale da anni sotto sfratto  – Abbattimento delle barriere architettoniche – Sistemazione anche ordinaria della passeggiata del Lungolago – Sostegno al reperimento di appartamenti per un’accoglienza diffusa per i richiedenti asilo – Ecofeste ecologiche e sostenibili  -Sostegno alla disabilità e 100 altro ancora.

Però è un inizio, stanno provando a mettersi saldi in piedi e iniziare a camminare davvero, pretendere che vadano avanti a tutta è un poco pretestuoso.

Speriamo che questi incontri e questi impegni non siano come le chiacchiere di qualche Assessore che da anni – pur di farsi campagna elettorale – sta parlando che è questione di ore – da anni però – per portare il Cinema a Lecco.

Cioè appunto solo chiacchiere e passerella

cibo a chilometro zero in piazza e nei ristoranti

secret

Riscoprire noi e far scoprire al turista alcuni piatti che ci rappresentano, anche per condividere un tempo comune

La notte bianca di sabato scorso è stata meravigliosa.

Lecco, istituzione compresa, ha dimostrato che ha tutte le potenzialità, gli ingredienti, per essere un’agorà di divertimento, cultura e comunità.

I musei aperti affollati fino a tardi e la cena mysecretdinner collettiva sul lungolago sono stati, a parer mio, le cose migliori, più caratterizzanti.

Un bel richiamo per i lecchesi e i turisti.

Non è semplice semplice ma perché, pur senza l’indubbia capacità organizzativa e di struttura che i promotori della cena segreta hanno dimostrato, non si può ragionare, con il supporto dell’Amministrazione Comunale per permessi, e Associazioni di categoria per quello logistico, a cene o pranzi, – più misurati – sul lungolago e nelle piazze, non solo del centro, – ma anche negli stessi ristoranti – con elemento caratterizzante non l’abito bianco, come è stato appunto per la cena di sabato, ma uno o più prodotti locali?

Mi spiego.

Una Proposta culturale, turistico-gastronomica per tutto l’anno.

Sia portando da casa il cibo sia, ancor più auspicabile, con le stesse abituali qualità della loro cucina, prendendolo da asporto fatto dai ristornati – quando si fa all’aperto – che, nell’occasione propongono un loro menu a “chilometro zero”.

E ci si ritrova in piazza, per festeggiare e condividere un tempo comune. E, di inverno, al posto delle piazze direttamente nei ristornati a prezzi calmierati. E, in entrambi i casi, intorno all’occasione del pranzo – all’aperto o nei ristorati – promuovere attività ludiche e culturali.

I piatti a “chilometro zer0” sono quelli cucinati fornendosi per gli acquisti prevalentemente (esclusivamente) dei prodotti del circondario o dei territori vicini accompagnati nell’occasione comunitaria con adeguata sottolineatura: la storia, la ricetta, il metodo di coltivazione, il produttore… altrettanto vale per i ristornati proponendoli così alla propria clientela.

Il resto lo fa, e lo deve fare, le capacità e l’inventiva del cuoco del ristorante o di casa.

Magari recuperando anche ricette più o meno antiche.

Quanti buoni vini della Valle del Curone e di Montevecchia vediamo evidenziati nelle carte dei Vini dei nostri ristoranti? E l’asparago rosa di Mezzago, l’ottimo olio d’oliva di Perledo? Il prosciutto crudo di Oggiono? I dolci di cioccolato di Lecco? I caviadini di Introbio? I formaggi di capra e pecora dei Piani Resinelli? Il farro antico o il mais biologico di Monte Marenzo? Il pane cotto nel forno a legna di Colle Brianza? La Birra Cruda del comasco, di Lecco e Galbiate?

La Meascia poi meriterebbe un capitolo a parte, ma chi la trova più o sa cos’è?

Ed il miele bio della Valsassina e della Brianza? La patata di Campodolcino o le mele di Torre de Busi? Le castagne secche …? Riusciamo a degustare solo i taleggi, qualche porcino e sempre meno i missoltini. Un po’ poco o sbaglio?

Riscoprire noi e far scoprire al turista anche alcuni piatti che più e meglio ci rappresentano: l’accoppiata: riso e luganega, l’Ugiada: minestra d’orzo ineguagliabile, il Manzo alla California, la Zuppa di ciliegie e marasche, la già citata Meascia che ormai si propone in solo qualche raro e raffinato pranzo casalingo…

E chissà quante me ne dimentico.

Insomma credo che sarebbe bello se provassimo a valorizzare il bello e il buono che abbiamo in modalità diverse.

Ho esagerato con l’utopia o c’è chi raccoglie l’invito?

“Non avrete il nostro odio, continueremo a fare un mondo più giusto”

camion-nizzaQuesta mattina leggo di Nizza e mi vengono due groppi al cuore.
Il dolore che non si semina ma, anzi, brucia le radici, i semi in un terreno che vogliono sempre più arido e inospitale.
E il dolore che sono certo troverò nei commenti, nelle parole, di chi fomenterà l’odio e troverà forza nel riprendere anche il più ordinario gesto di dialogo, la stretta di mano, l’aiuto ai richiedenti asilo, la condivisione della preghiera, il gioco dei bimbi, per riattaccare chi crea ponti, dopo questa notte .E allora scrivo per ricordarmi e ricordare quella frase che uno sguardo bello scrisse sull’asfalto di Bruxelles e ancor prima un altro sguardo altrettanto bello di un papà parigino scrisse ai terroristi dopo le stragi dei mesi scorsi:“Non avrete il nostro odio, continueremo a fare un mondo più giusto”.
E questi fatti, ovunque avvengano, la pietà per le vittime, tutte le vittime, dovrebbero renderci più umani e non più feroci e violenti.

E la quotidianità, la semplicità dei gesti che combattono le discriminazioni e sono da esempio e riflessione, e soprattutto argine culturale verso chi alimenta il rancore e fomenta l’odio, e soprattutto son argine culturale per chi alimenta la paura, che vanno ricordati oggi e sempre.

Seminare paura fa comodo sia a chi colpisce gente innocente a Nizza o Bruxelles, Bagdad o Aleppo, perché i nostri morti sono importanti, ma non più importanti di altri morti. Morti innocenti. E di morti ce ne sono stati troppi, ma fa altrettanto comodo anche a chi non vede l’ora di alzare muri e barriere, a chi prova ad insinuarci la diffidenza, a chi vuole creare una società blindata.

E quindi scrivo per chiedere a me e soprattutto a chi, localmente e non solo, oggi è più rappresentativo ed esposto civicamente di altri, di essere ancor più nitidamente seminatore di una una società migliore, più giusta.
Di continuare a immaginarla e costruirla – anche con i gesti simbolici oltre a quelli quotidiani.

Una società, una comunità più giusta, migliore, non solo per noi, ma per tutti.
Perché l’odio, di parole, e di bombe, è solo un tentativo, ignorante e vigliacco, di fermare un cammino che invece giorno dopo giorno, gesto dopo gesto, parola dopo parola, viene percorso e permette di segnare e costruire strade che nuovi sguardi, personali e collettivi insieme, potranno proseguire.
Continuiamo il cammino, perché ovviamente siamo devastati dal dolore ma tutti i terroristi, di bombe e di parole, devono sentirsi incessantemente ribadire: “Non avrete il nostro odio, continueremo a fare un mondo più giusto”.