Mi pare di ricordare così, correggetemi se sbaglio:
C’era una volta un tizio che voleva a tutti i costi comperare una casa editrice. Pur comprando sul mercato azioni su azioni non riusciva ad ottenere il pacchetto di maggioranza che gli avrebbe permesso il controllo di quella società. Gli altri soci di maggioranza erano un certo De Maledetti e gli eredi della famiglia che aveva creato la società. Questi ultimi, gli eredi, avevano pattuito contrattualmente che avrebbero ceduto le loro azioni al De Maledetti, salvo poi stracciare l’impegno preso e consegnare le azioni in loro possesso al tizio che a tutti costi voleva quella società. Si creò un conflitto per il quale era difficile stabilire esattamente chi avesse il diritto di controllare la società. I contendenti decisero di unanime accordo di rivolgersi ad un arbitro al quale far decidere chi avesse ragione. Decisero che si sarebbero inchinati alla decisione dell’arbitro. L’arbitrò sentenziò che De Maledetti aveva ragione. Il tizio, uno che i capelli gli cominciano a crescere a 70 anni, Non accettò la sentenza e fece ricorso. Vinse il ricorso. C’è un tipo, Tre Viti mi pare si chiami, che è stato condannato con sentenza passata in giudicato per aver corrotto i Giudici che sentenziarono il destino della casa editrice. Uno dei giudici mi pare si chiamasse Pacifico e Feroce, non ricordo. Tutti in piazza, per il diritto, per la giustizia, e per la difesa del toupé.
dal nostro ex inviato in tribunale Francesco
Macché piazza, tutti alle urne per la difesa del toupé. Come ha già detto un ministro padano, tutta questa concatenazione di eventi sfavorevoli è solo una manovra della mafia che si è sentita penalizzata da questo governo (forse ritiene troppo onerosa la tassazione del 5% dello scudo fiscale …)