CODE & SALDI

 

codaLe cronache italiane di questo inizio anno narrano di code inquietanti fuori da negozi e outlet di abbigliamento e calzature per i tanto agognati saldi. Adunate oceaniche convocate dai tam tam mediatici, che ricordano famigerate adunate oceaniche di tempi andati. Oppure ricordano le code per il pane di sovietica memoria. La coda è sempre coda e il fatto di mettersi in fila per abiti griffati e scarpe di marca anziché per beni primari ci dovrebbe dire qualcosa sulla dignità di un popolo. E’ questa la libertà per la quale hanno combattuto e sono morti i nostri padri? Oggi assistiamo allo spettacolo desolante di questa libertà. Coda chiama coda: in un servizio del Tg abbiamo assistito ad un’intervista lunare da parte di un giornalista ad una signora in coda davanti a un negozio di via Montenapoleone. “Signora, ma qui fanno i saldi?” “No” “E allora perché siete in coda” “Per vedere”. Allucinante. Nemmeno Beckett ci sarebbe arrivato. C’è qualcosa di contorto, di perverso, io non mi capacito. Come cittadini democratici perchè non si sente il dovere di disertare queste adunate oceaniche e di disvelare e denunciare il fascismo in ogni sua subdola forma?

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