La coda è sempre coda e il fatto di mettersi in fila per abiti griffati e scarpe di marca anziché per beni primari ci dovrebbe dire qualcosa sulla dignità di un popolo. Oggi assistiamo allo spettacolo desolante di questa libertà. Coda chiama coda: in un servizio del Tg abbiamo assistito ad un’intervista lunare da parte di un giornalista ad una signora in coda davanti a un negozio di via Montenapoleone. “Signora, ma qui fanno i saldi?” “No” “E allora perché siete in coda” “Per vedere”. Allucinante. Nemmeno Beckett ci sarebbe arrivato. C’è qualcosa di contorto, di perverso, io non mi capacito. Come cittadini democratici perchè non si sente il dovere di disertare queste adunate oceaniche e di disvelare e denunciare il fascismo in ogni sua subdola forma?
Torno quindi un attimo sulle code…
C’è quella gente li che pensano a vanvera e altri ancora. Poi c’è Maria, la marocchina che abita sopra di me, cuce scarpe a 90 centesimi al paio, a farne un paio ci voglio 20 minuti. Maria fa il pane in casa per la sua famiglia due volte la settimana, in panificio costa troppo e non se lo può permettere. Ieri sera Miriam è andata a chiedergli se aveva un po’ di pane per noi che eravamo rimasti senza e ci siamo scordati di prenderlo al mercato. Miriam aiuta sempre Maria quando ha bisogno. Accompagna lei e i suoi bimbi dal medico quando serve, gli traduce le lettere che arrivano dall’asilo o dal comune e gli spiega cosa bisogna fare. Maria ci ha dato il pane dispiacendosi che fosse surgelato, non fresco. E’ buono il pane arabo, a volte ancora di più. Come si fa, Esserevento, a mettere insieme tutta questa gggente? Quelli delle cinfrusaglie e quelli del pane? Quelli delle code che comprano made in Italy in vendita a Milano in via Montenapoleone e prodotto a Cavaion Veronese in via Dolomiti 60B da una marocchina nell’appartamento sopra il mio e quelli con un paio di scarpe che durano 20 anni?
Ne vogliamo parlare?