VIOLENZA

La violenza, come ogni attività umana, si presta ad essere valutata sotto il profilo estetico ed etico. Si tratta di valutare se la violenza è bella o brutta e poi se è buona o cattiva. Dal punto di vista estetico la violenza è oggettivante brutta, bruttissima. Ogni persona ‘normale’, pur con tutti i limiti di questa aggettivazione, non può che trovare la violenza ripugnante, a meno che non sia una persona affetta da particolari patologie (per es. il sadismo). Certi giorni (preferibilmente il lunedì), quando suona la sveglia, trovo ripugnante dover abbandonare le calde e soffici coltri del mio letto per uscire nel gelo della prima mattina. Eppur bisogna andar. Non tutto ciò che è ripugnante è innecessario. Una volta stabilito che la violenza è brutta, ripugnante, si tratta di valutare la violenza sotto l’aspetto etico.

Qui cerchiamo di non essere ipocriti, moralisti, semplicistici. La violenza non è sempre da condannare. C’è una violenza buona e una violenza cattiva. Come distinguere quella buona dalla cattiva? E’ molto semplice. In ogni stato democratico (ma curiosamente anche in quelli non democratici) il monopolio della violenza è istituzionalmente detenuto dalla polizia e dall’esercito. La violenza agita in divisa è buona, cattiva se in abiti civili.
Se indossi una divisa delle forze dell’ordine costituito di uno stato democratico (ma anche no) e manganelli manifestanti, operai, disoccupati, suore, studenti inermi (non black bloc, quelli mai sfiorati) allora è una violenza buona. Se indossi la medesima divisa e pesti un detenuto o un fermato fino a ridurlo in fin di vita e oltre, quella è violenza buona, infatti è sempre impunita.

Se indossi la divisa di un esercito di occupazione, pardon, di esportazione della democrazia, e spari, annichilisci, massacri, bombardi la popolazione civile (pazienza se ci va di mezzo qualche terrorista), quella è violenza buona.

Dal nostro ex khorakhaneker Gustavo Schianchi inviato fuori e dentro Prefetture e Questure

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