SETTIMANA CORTA per troppi creduloni

 Prima di ridurre il tempo lavorato e lo stipendio a chi fa già fatica ad arrivare alla fine del mese sarebbe opportuno, soprattutto dalla parte dei lavoratori e di chi li rappresenta fotografare l’esistente e fare alcune considerazioni. Oggettive. E prendere, ognuno per la sua parte, almeno coscienza.

In Italia e negli altri Paesi industrializzati, gli ultimi 25 anni hanno visto la quota dei profitti sulla ricchezza nazionale salire a razzo, amputando quella dei salari, e arrivare a livelli impensabili (”insoliti”, preferiscono dire gli economisti). Secondo un studio pubblicato dalla Bri, la Banca dei regolamenti internazionali, nel 1983, all’apogeo della Prima Repubblica, la quota del PIL, intascata alla voce profitti, era pari al 23,12% Di converso, quella destinata ai lavoratori superava i tre quarti.

Nel 2005 era al 31,34% del Pil, quasi un terzo. Ai lavoratori, quell’anno, è rimasto in tasca poco più del 68% della ricchezza nazionale. Non sono numeri e basta. Hanno un significato. Determinante

Otto punti in meno, rispetto al 76% di vent’anni prima. Una cifra enorme, uno scivolamento tettonico. Per capirci, l’8% del Pil di oggi è uguale a 120 miliardi di euro.

Per i 17 milioni di dipendenti, vuol dire 7 mila euro tonde in più, in busta paga.

Se i rapporti di forza fra capitale e lavoro fossero ancora quelli di vent’anni fa, quei soldi sarebbero nelle tasche dei lavoratori, invece che dei capitalisti.

Basterebbe leggere questi dati per capire che la democrazia rappresentativa non tiene più.

Il trasferimento di reddito è stato nuovamente ratificato anche da due istituzioni tipicamente neoliberiste: Bank of International Setttlement e Interational Monetary Fund (quindi World Bank).

E se i lavoratori dipendenti trasferiscono ogni anno fra i 5000 e i 7000 euro ai percettori di profitti questo trasferimento ingiustificato dalla classe più povera o media, alla classe più ricca, dovrebbe essere ricondotto, per equità, ai legittimi produttori di reddito: i lavoratori dipendenti appunto.

E non ridotto il tempo lavoro ed il salario. (tra l’latro con un provvedimento opposto a quello dello scorso anno – ed ancora in vigore – sulla detassazione degli straordinari. Che era già una stupidata)

Con la detassazione, infatti, degli straordinari, in pratica, si afferma: il reddito impropriamente ed ingiustificatamente trasferito dai lavoratori ai percettori di profitto e rendita non sarà restituito o almeno riequilibrato in futuro ma per ottenerne una parte il lavoratore può lavorare di più. Grazie.

In sintesi, rispetto a 10 anni fa, è necessario lavorare di più per ottenere un egual reddito in termini reali tenendo conto che l’inflazione, negli ultimi 10 anni è ai minimi.

Risultato ben prima del crack? Il più grande trasferimento di reddito e ricchezza alla rovescia dai tempi del feudalesimo.

Poiché la classe politica è votata principalmente dai lavoratori dipendenti ma propone leggi che degradano la classe che li ha votati a favore del capitale e dei percettori di rendite, la minoranza degli aventi diritto al voto, è chiaro che c’è qualcosa che non va.

 

E’ ora di chiedere, con urgenza e chiarezza, da parte dei lavoratori e dei propri rappresentanti sindacali e politici di tassare, seriamente, le rendite finanziarie. Per non parlare della spesa sugli armamenti. Limitiamoci a cose che si possono fare da domani. Da oggi.

Il resto sono solo chiacchiere. E fumo negli occhi per troppi creduloni. Contenti di esserlo

6 pensieri su “SETTIMANA CORTA per troppi creduloni”

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