FOIBE il crimine e la condanna

“La rissa politica che nega la storia” mi sembra faccia il paio con l’editoriale, (leggilo qui e qui) di pari titolo, di ieri sulla Provincia di Lecco a firma del solitamente equilibrato Antonio Marino.

Posso dissentire, con educazione ma fermezza con il contenuto, la spina dorsale, di quanto vi è scritto sulla Giornata del Ricordo?

O non posso farlo perché altrimenti sono quel ragazzino, quel giovane ignaro di tutto o quasi , ma convinto di possedere la verità e per giunta investito dalla missione di portarla e, ovviamente, di imporla agli altri?

Già affermare questo, come fa, subito, senza fronzoli, nelle prime righe dell’editoriale non è, a prescindere dall’età dell’estensore, ritenere di possederla lui la verità e, tramite un autorevole quotidiano, imporla agli altri, che sono molti, molti davvero?

Non ho ben chiaro se la “rimozione diplomatica” che in questi 60 anni si è voluto, da chi poi(?) [Stato, Istituzioni, partiti, giornalisti, giovani…?], perpetrare debba essere superata, rimossa, applaudendo acriticamente alla giornata del Ricordo.

Si passa così da una “rimozione diplomatica” a una “diplomatica rimozione”, della Storia.

E invece di ammantare di coglioneria dieci, cento, mille delinquenti che sfregiano il Cippo dei Martiri delle Foibe a Marghera, no si ammanta di ipocrisia tutta la Storia. Qui non è questione di rissa politica, di imbecilli giovani che offendono ancor prima della Resistenza loro stessi con comportamenti fascisti. Qui è questione di non prendere scuse e scorciatoie. Di non fare di tutta l’erba un fascio. Ma come si fa ad accettare di falsificare la storia per piacere alla maggioranza di noi? Celebrare, così come si fa ora, i cosiddetti Martiri delle Foibe serve solo a controbilanciare il 25 aprile e a mettere sullo stesso piano partigiani e fascisti, come se gli oppressi che si ribellarono e gli oppressori si fossero comportati allo stesso modo.

Le fosse, o le foibe come le chiamiamo noi Italiani, sono un crimine grave, e coloro che lo hanno commesso si meritano la più dura condanna. Ma bisogna dire con forza e onestà che a quel crimine ne sono preceduti degli altri, forse non minori. Se di ciò si tace – e partecipando acriticamente al buonismo delle celebrazioni del 10 febbraio o, me lo permetta il giornalista Antonio Marino, scrivendo editoriali come il suo, lo si fa –  esiste il pericolo che si strumentalizzino “il crimine e la condanna” e che vengano manipolati l’uno o l’altro.

Ovviamente, nessun crimine può essere ridotto o giustificato con un altro. La verità può essere soffocata in tanti modi: tacendola, alterandola, isolandola dalla vita e dalla storia in cui s’inserisce. Ma la sua ricerca e documentazione storica non possiamo eludere, non dobbiamo trascurare se davvero desideriamo parlare della verità e se cerchiamo che quella verità confermi e nobiliti i nostri dispiaceri.

Perché le falsificazioni e le omissioni umiliano e offendono. Tantopiù se sono perpetrate da uomini delle Istituzioni e seri giornalisti su autorevoli giornali. Le foibe sono state un dramma che non va dimenticato ma celebrarle nella forma e modi visti e letti anche oggi è solo, seppur per alcuni con l’eventuale giustificazione dell’inconsapevolezza, un tentativo di controbilanciare il 25 aprile e mettere sullo stesso piano partigiani e fascisti, come se gli oppressi che si ribellarono e gli oppressori si fossero comportati allo stesso modo.

E’ per questo che dissento, con educazione ma fermezza, con il contenuto di quanto è stato scritto nell’editoriale

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