CATTIVO RIPETENTE

Credo che l’intervento del Presidente Nava fintamente sulla lapide fascista posta allo stadio di Lecco e della rimozione della stessa, sul quotidano La Provincia del 1 maggio, sia la dimostrazione che non ha le idee chiare neanche su questo tema.

Parla di cattivi maestri e poi copia le parole di un suo assessore evidentemente non avendone di proprie che ritiene efficaci. Non che quelle dell’assessore Dadati lo siano, ma leggere, sebbene su organi di stampa diversi, le stesse frasi sui “cattivi maestri” prima a firma dell’assessore e poi del Presidente… dovrebbe fare almeno la tara del cattivo ripetente.

Troppo intenti i finti pacificatori, i veri revisionisti, a trovare termini ad effetto, da commettere errori degni della chiacchiera da cantun dei ball.

E’ bene far presente non tanto la Storia degli anni della dittatura fascista in Italia e qui a Lecco, o del finire di essa con la battaglia del 26-27 aprile 1945 a Pescarenico in via Como presso casa Panzeri, e cioè gli atti ed i fatti che hanno portato, inevitabilmente, alla fucilazione, – secondo le Leggi di guerra – dei 16 ufficiali allo Stadio di Lecco che, revisionisticamente, con finto moto umanitario e vero strumentalismo si vogliono ricordare con quella Lapide della vergogna.

Non serve scomodare la Storia perché per quei fatti e appunto quella Storia ci sono molti libri e molte testimonianze anche solo andando nella Biblioteca civica di Lecco in via Bovara, che dista 150 metri dalla sede degli uffici provinciali di Nava.

Serve invece  ricordare a loro e tutti gli altri ingenui applauditori delle parole del Presidente Nava che togliere la lapide non è una richiesta del cattivo maestro di mezz’età Alberto Anghileri a cui si imputa di non aver vissuto la guerra  o addirittura dell’ancor più giovane, sebbene solo cattivo, sottoscritto che l’ha proposto ancor prima e che la guerra non l’ha neppure studiata sui libri di scuola.
La richiesta al Comune di togliere da quella via pubblica la Lapide fascista è della sezione provinciale dell’Anpi di Lecco, che è l’acronimo, nel caso sia sfuggito al glabro Nava, di Associazione nazionale partigiani d’Italia. Cioè proprio quelli che quella guerra, quella dittatura, quelle violenze, quell’atto vigliacco e omicida dell’esposizione della bandiera bianca e del continuo far fuoco fatto dai fascisti il 27 aprile 1945 a Pescarenico, e che ha causato la morte di giovani partigiani, l’hanno vissuta in prima persona, direttamente. E cioè quella richiesta ha tutte legittimazioni per essere accolta. Tutt’altro che ideologica.

Ricordo che dieci anni fa quando il Comune paventò la posa di quella lapide della Vergogna, oltre 800 cittadini, tra questi i più illustri, in pochi giorni firmarono la loro contrarietà.
Tanto che i Nava e i Dadati dovettero metterla, come ladri nella notte, in gran segreto.

Infine sono a sollecitare il Sindaco, che in questo caso non può essere pilatescamente il sindaco di tutti, a rimuovere quella lapide a prescindere dalla formale richiesta, sebbene ormai pubblica, dell’Anpi.

Alcune decisioni, come questa appunto, distinguono gli uomini e gli amministratori ancor più di un consenso elettorale. Ogni giorno che passa è un giorno perso, di ripristino di verità e giustizia.

Una volta tolta non la butti via, la faccia pure deporre sul muro interno di un cimitero.
I morti sono tutti uguali ma le vie pubbliche, le targhe commemorative, lo dimostra anche questo 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è ad esclusivo servizio della memoria di chi l’Italia, con le sue gesta l’ha fatta e non di chi l’ha offesa, umiliata, stuprata e ora la vuole mettere al muro.

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