sarò poco sveglio, sarà che vedo problemi ben peggiori a cui prestare attenzione, indignazione e tempo, sarà che credo che dovremmo smetterla di dire ai preti cosa debbono fare per lo stesso motivo per cui mi girano le palle quando sono loro che mi dicono cosa devo fare io e, infine, perchè la riflessione dell’amico Alfio Sironi di Casatenovo mi sembra una gran bella riflessione. E’ questa qui sotto, l’ho letta sul suo blog:
Vi racconto una storia che la dice lunga sui cattolici di Brianza. La storia parla di un prete di un paesino, qua, della zona, che decide di andare in vacanza, qualche giorno. Fa più o meno così: il pastore d’anime di un ridente paesino collinare della Brianza necessita di uno stacco dalla vita di riti, funzioni, ascolto, incontri, catechesi, degli ultimi tempi. Una vita che negl’anni s’è fatta via via più intensa. Pensa allora a come staccare un po’ dalla sua parrocchia. Sparire, qualche giorno, sul mare… sospira tra sé, un giorno, dopo pranzo, seduto sul divano della casa parrocchiale. Il pastore vede un problema però, che si frappone tra lui e il suo pensato riposo: i cattolici, i cattolici brianzoli in particolare, il riposo, in quanto tale, non lo concepiscono, soprattutto se fai il prete e riposi già abbastanza. Allora lui, il prete pastore, sapendo come sono facili al risentimento le sue pecore, sa benissimo che annunciare la partenza, sua e della sua famiglia, per una crociera, che è la vacanza che avrebbe scelto di fare, equivarrebbe alla morte. Decide così di rendere noto il suo ritiro per ‘qualche giorno di riposo e esercizi spirituali’. Meglio che dire che vado in crociera, riflette.
Il punto, a questo punto, è che poi, una volta fatto l’annuncio e partito, gli arriva addosso una sfiga bella grossa: lui parte, con le valigie, la famiglia, nel silenzio, tutto sembra andare per il meglio, finché il capitano della nave non decide, così, una notte, di avvicinarsi in modo improvvido all’isola del Giglio. Non un’altra, proprio quella lì, il Giglio. La nave si incaglia – non è un iceberg, è uno scoglio questa volta – e il prete, nonostante il diretto contatto con le alte sfere, è costretto ad affondare insieme a tutti gli altri. Solo che lui, in quella situazione lì, è messo peggio, è cornuto e pure mazziato: rischia di naufragare e che la sua gita vada sulle prime pagine dei giornali locali. Essere scoperto, per lui, ce lo siamo già detti, significherebbe andare incontro alla lapidazione mediatica del gregge. E infatti. Infatti, il paese è piccolo, il gregge è gregge, la voce gira, la gente mormora, e scoppia un grande can can. Sul prete che per riposarsi è andato in crociera. Un caos da non credere.
Poi siamo a questi giorni, e non è che la storia abbia una fine, una morale. E’ vita. E la vita, finché non finisce, dei finali se ne frega: prosegue oltre.
E io capisco che uno che fa il prete non può andare in vacanza. Che era una cosa che non avevo ancora capito. E che, sinceramente, continuo a non capire. Che, io dico, per quanto mi riguarda, guardare il mare, è anche un gran esercizio spirituale.
ho letto!
bell’articolo!
e comunue i preti sono uomini in carne e ossa prima che sacerdoti, o no?
Di che pasta siano poi fatti sono gli avenimenti prima o poi a rivelarlo.