Datosi che quell’anno il comune offriva l’ingresso gratuito ai musei civici, Sinfronio portò la sua figlioletta a passare un’afosa domenica milanese al Museo della Scienza e della Tecnologia (cannando di brutto poiché non rientrava fra quelli comunali, per cui i biglietti alla fine dovette pagarli). Parcheggiata l’auto a Lampugnano(introvabile un parcheggio in centro a Milano, nemmeno in agosto datosi che in vacanza non ci andava più nessuno), l’attenzione della pargoletta fu presto attirata dai giacigli attigui la stazione della metropolitana. “Perché quei cartoni e quelle coperte?” chiese. Già, perché. Come spiegare a una bambina di sette anni il motivo per cui persone in carne e ossa, non attori di un film, non protagonisti di cartoni animati, dormono all’addiaccio?
“E’ perché non hanno studiato, papà?”
“No, non è quello”
“E allor…”
Glissò, e per cambiare discorso le indicò un grosso polmone grigio e verde che nel corso del tempo aveva cambiato spesso nome a seconda dello sponsor. Lì intorno negli anni ‘90 si organizzavano le feste provinciali de l’Unità, di Liberazione. Poi pare che l’area fosse diventata troppo costosa anche per i partiti, che erano finiti confinati al Carroponte di Sesto San Giovanni.
Ci andava spesso e volentieri a quelle feste, in luglio e settembre , perché nonostante l’elevata densità di zanzare per metro quadro le attrattive non mancavano.
Una sera per esempio ci fu un incontro-dibattito letterario con quattro scrittori emergenti. Erano: Aldo Nove, Tiziano Scarpa, Giulio Mozzi e il quarto… non se lo ricordava (aveva i capelli scuri, Ammaniti no, se lo sarebbe ricordato. Montanari? Genna? Culicchia? Boh). Questi scrittori tardarono un po’ rispetto all’orario pubblicizzato dell’evento, e il pubblico cominciava a spazientirsi; qualcuno si era allontanato, andandosene a zonzo per gli stand per ingannare l’attesa. Un volontario dell’organizzazione si premurò di comunicare che stavano “finendo di mangiare” e quindi di “star tranquilli” che poi sarebbero finalmente arrivati. Infatti infine arrivarono, però mancava ancora il moderatore, che era più in ritardo di loro. Nel frattempo questi scrittori cazzeggiavano fra di loro, tranne Mozzi che si era appartato mettendosi a sfogliare un libro. Il moderatore dopo mezz’ora arrivò e li presentò come ‘giovani’ scrittori (suscitando le rimostranze di Mozzi che agitando quattro dita della mano faceva cenno che andava per i quaranta) e spiegando che la cosiddetta generazione ‘cannibale’ non era frutto di una furba operazione commerciale, ma bensì il prodromo di una rinascita culturale italiana, o qualcosa del genere.
Nove prese la parola per criticare chi li criticava e li snobbava, diceva che non è che solo chi legge la terza del pagina del Corriere è un acculturato, ma ognuno ha diritto alla letteratura che è “quella che ci salva”. Disse che era dai tempi di Tondelli che non c’erano delle così belle novità e poi se la prese con una casa editrice marchigiana o di chissà dove che aveva pubblicato un tizio che scriveva quasi come lui, quindi quella non era certo una novità, ma qualcosa che c’era già.
Il Museo della Scienza e della Tecnologia non era molto cambiato da quando Sinfronio ci era stato l’ultima volta, circa trent’anni prima. C’erano gli stessi treni, gli stessi aerei. La novità era costituita dal sottomarino Toti, che però non poterono visitare all’interno perché era già “tutto esaurito”. In effetti c’era parecchia gente, benché a pagamento. Tutta gente che intendeva acculturarsi con la scusa dell’aria condizionata , attardandosi nella galleria dei progetti Leonardeschi, facendo la spola fra il pendolo di Foucault e le telecamere che avevano immortalato la prima puntata de “Il pranzo è servito”, e insomma tutti si sentivano come a casa.
Scarpa fece praticamente del cabaret, parlava a ruota libera con la sua abile parlantina. Ci fu anche un accenno di supercazzola che sorprese il pubblico più attento quando poco lontano scoppiarono dei mortaretti, insomma si vedeva che stava improvvisando, non come Nove che pareva il più timido e si era preparato il suo discorso. Scarpa parlò di Amore, citò Abelardo e Eloisa mentre quello che sembrava il suo agente guardava il pubblico di sottecchi, per vedere l’effetto che faceva quel favoloso eloquio; poi ammiccava complice sempre verso il pubblico come a dire ‘visto eh, che fenomeno!’
Datosi che era ancora pomeriggio presto, Sinfronio pensò di proseguire la giornata al fresco, stavolta tassativamente gratis, al Museo di Storia Naturale. Cannò ancora, poiché l’ingresso era sì gratuito, ma l’impianto di climatizzazione era guasto, o forse proprio inesistente, e percorsero sudando e tossicchiando i polverosi corridoi senza finestre rimirando bestie imbalsamate e spaventosi dinosauri in plastica e vetroresina, seguendo l’intrigante mostra dell’evoluzione dall’homo habilis all’homo sapiens sapiens. Anche qui grande ressa di gente che si acculturava, famigliole con nonni al seguito, coppie assortite di giovani cubane con obesi italiani, ma l’affollamento degli ambienti non giovava alla respirazione, soprattutto di anziani e dei più piccini. Pertanto decise di portare fuori sua figlia ai giochi del parco intitolato a Indro Montanelli, dove stavano giocando numerosissimi bambini, tutti extracomunitari.
Quando iniziò a parlare Mozzi Sinfronio decise che ne aveva abbastanza, prese per mano la sua allora fidanzata e fece per andarsene, creando un minimo di trambusto poiché dovette alzarsi l’intera fila per farli passare. Nove li guardò, non con aria di rimprovero ma piuttosto di ammirazione, probabilmente pensando “eh, se ne vanno così presto… chissà cosa vanno a fare…”. Uscendo incrociarono un’altra coppia che conoscevano; stavano arrivando tutti trafelati chiedendo “è gia cominciato?”
“Veramente sta quasi finendo”- rispose Sinfronio.
“Che peccato – disse lei – abbiamo fatto tardi perché… vabbé, comunque adesso prima di andar via ce li fanno gli autografi sulle loro opere” indicando col mento i quattro libri che il suo lui teneva sotto il braccio. “Li fanno anche a voi se aspettate. Se glielo chiedete ve li fanno.” -assicurò lei.
“No grazie, andiamo.”- disse Sinfronio.
La sera, al ritorno dai musei, usciti dalla metro di Lampugnano passarono di nuovo davanti alle dimore dei senza dimora. Per distrarre la figlia le chiese cosa le fosse piaciuto di più di quella gita. Rispose: i giochi al parco. Poi cercò di spiegarle l’importanza della cultura nella vita: la cultura arricchisce tutti, porta progresso… Disse che lui si ricordava di quando lo portavano ai musei da piccolino, eccetera. Tuttavia passando accanto ai diseredati che si apprestavano a passare la notte sistemando alla meglio cartoni e trapunte lerce, ammonticchiando gonfie buste di plastica ai piedi del loro letto, la bimba gli chiese a bruciapelo: “Papà, nella vita è più importante la cultura o i soldi?”
“Ehm – titubò Sinfronio – sono importanti entrambi”
“Sì ma , cosa è più importante?”
“Sono importanti uguali.” Rispose con più decisione, temendo dove si andava a parare.
“Sì ma, proprio uguali uguali? Per un pelino cosa è più importante? Se devi scegliere per forza o l’una o l’altra, cosa scegli?”
….
“Eh, papà?”