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Capodanno: BRIVIO DJ E VANNA MARCHI

CARTA VETRATAL’assessore all’ordine e pulizia sempreduro Armando Volontè, in fondo si commuove. Ha un cuore d’oro. E’ altruista. Lasciato per un attimo moschetto e manganello fa una confidenza alla stampa di quelle che hanno l’intenzione di strappar applausi e li strappano pure ma che, invece, dovrebbero essere tenute private o, altrimenti, sbertucciate in pubblica piazza.

Con il sorriso a 2.500 denti, con l’occhio lucido, l’epitelio arrosto e la voce rotta dalla commozione o dalla grammatica, sussurra quel tanto che basta perché si sappia – e soprattutto si trascriva – che la Festa di Fine anno in Piazza a Lecco quest’anno la paga, per metà, il Sindaco.

Di tasca sua. Che, indirettamente, è ancora la nostra.

Dall’alto dei sui 4.508,68 euri lordi mensili di stipendio da Sindaco, in questi tempi di crisi per la città, non avendo, non trovando, non cercando, non cogliendo, nemmeno mezza soluzione possibile per alleviarla, ha deciso di allietarla.

Bevete, fate festa, danzate, ma non ubriacatevi. Il Vostro Sindaco, come un dj, veglia su tutti noi.

5.000 euro di Festa. Metà ce li mette la LTM, l’altra lui.

Un bel colpo per un Sindaco che gli altri 364 giorni sembra inchiodato ai box, sembra quei carillon con la ballerina che leggiadra gira su se stessa, e gira, gira, gira, che sfinisce prima te che lei.

Una beneficenza che, ci hanno sempre insegnato, dovrebbe essere anonima, diventa qui spot, ultima àncora, pur restando nei fatti fumo senza fuochi.

Dopo i 40.000 euro che Confcommercio sborsa per le luminarie natalizie ecco il Sindaco mecenate.

Mi chiedo – io ruvida casalinga di Voghera – fino a quando persone normali come i giornalisti si presteranno a fare i Vanna Marchi di questa cosmesi virtuale che trasforma il volto della Politica fallimentare in un grottesco mascherone.

Da quando nei varietà televisivi si faceva votare gli italiani accendendo l’abat-jour o tirando lo sciacquone, la situazione è brutalmente peggiorata. E’ il modello Mediaset: quando la realtà si presenta male, passi prima in sala trucco.

Il Sindaco Brivio è pronto per gli auguri a Piazze unificate. Si sentono già i tappi che saltano e le grida di piazza.

D’accordooo?”

Forconi: Vin brulé e cose da Pirla

zamperiniÈ indubbio che le proteste sono come le richieste di beneficenza: arrivano sotto le feste. Mentre i giornali fanno un po’ di confusione e infilano sotto l’egida dei forconi qualunque assembramento utilizzi vin brulè,

Ho quindi fatto un giro con mio marito alla rotonda di Malgrate per vedere, in diretta, tanto ne ho letto sui giornali e visto alla tv, questi Forconi alla polenta e missultin.

Non si capiva nulla qui sulla riva del lago.

Forse una sola cosa: era solo una manifestazione mediatica.

20 cazzari che hanno il bancomat in tasca e l’iphone in mano ma protestano contro banche, carovita e odia i politici di Governo.

A guardar le facce e sentirli chiacchierare, è la stessa “folla”– prova ne è la presenza del consigliere Zamperini, del partito Fardelli d’Italia – che prima li adorava e li applaudiva e ora è pronta ad azzannarli alla gola.

È bastata un’esitazione, un piccolo guasto alla macchina del consenso.

L’han chiamata operazione Forconi, chissà così come è orgoglioso uno di questi che ha appena messo su tale messa in scena per procurarsi qualche erezione al sabato sera da far leggere sulla stampa e vedersi in foto sotto la didascalia: il movimento, il popolo, dei forconi.

Tutt’altra cosa sarebbe, ai fini del famoso “accertamento della verità” giornalistico se l’avessero titolata operazione Pirla. Tantopiù che, guardando i promotori, son presenti i neofascisti di casapound e il consigliere Zamperini, la prova provata che si tratta, appunto di cose da pirla.

Se da una parte non si può insegnare per anni alla gente, (attraverso i giornali, la televisione, il calcio) a venerare solo chi vince e chi ha denaro e poi stupirsi se il popolino dell’occasione per farsi uno spot (fors’anche pre-elettorale) – non riuscendo più a comprarsi l’ultimo modello di Iphone – prende i forconi verso chi l’ha deluso. Questa gente è cresciuta a perline e vuole perline, sempre più perline: e guai a chi gliele ha promesse ma ha esaurito le scorte.

Dall’altra, paragonare le lotte dei popoli, delle classi subalterne che volevano ed hanno ottenuto diritti per tutti con questi 20 ragazzotti attori da grande fratello in posa per la foto di Casapound e forconi, che i diritti li vogliono togliere agli altri e li rivendicano solo per la loro, è una volgarità e un’indecenza. C’è una siderale differenza di qualità e di valore che passa tra le lotte per tutti e quelle per il proprio clan. Questo, ci piaccia o no, fa una differenza. Anzi fa la differenza.

Parlare di questa differenza è difficile: si ricade nella vecchia categoria dell’adulto saccente. Non parlarne è forse anche peggio: si ricade nella decrepita categoria dell’adulto ipocrita.

E sentire questi forconi che gridano “fateci spazio!!!, per noi ormai anziane massaie, disilluse ma non cieche, vien in mente che come il “me ne frego dei fascisti era l’esatto opposto di I Care (mi sta a cuore, me ne importa) di don Milani questo “fateci spazio!” è l’esatto opposto di “Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto” di Mauro Rostagno.

Mauro Rostagno, chissà se lo hanno mai sentito nominare questi forconi in pausa dal loro giro festivo in qualche outlet e centro commerciale. fateci spazio

Minareto: il dio di tutti, il dio di tutti gli altri

minaretoMi sembra di vedere l’erba più verde nel giardino del vicino in questo clima che non è ancora inverno e non è più estate. Vedo infatti in Piazza leghisti e fratelli di figli unici prestati alla politica dei luoghi comuni. Stai lavando i piatti e guardi fuori dalla finestra del tuo tinello.

Non vedi più nemmeno le montagne, la luce artificiale di lampadine – che non si riescono più a vendere e tantomeno a fare – si infrange sul muro e sugli specchi del supermercato di fronte, non senti più il vociare mattutino delle corriere e del treno che aprono le porte alle onde del mare in tuta blu.

 

Lì dove c’era il porto ora ci son mattoni uno sopra l’altro, infiniti, volgari, e nessuno scioglie più le vele come i pirati, con navi cariche di ponti di ferro, tralicci della luce, fili di vergella forgiati da esperti tirabagia.

 

Mi sembra di sentire il rumore di una nave sulle onde del lavoro, della tradizione lecchese ed invece son carrelli della spesa che girano e sbattono anche la domenica,il vento tra palazzoni e case che han rubato il lavoro e son vuote come i portafogli di chi le guarda.

Ci han saccheggiato gli stessi che abbiamo votato.

C’è rimasto il Resegone dopo aver perso anche il Manzoni e gli eredi di tutto questo ora si spaventano, si armano, temporaneamente spostano le fette di salame dai loro lobi oculari e banchettano in Piazza contro una torre, un campanile. Un minareto. Un minareto che spaventa la loro paura. La loro paura di accorgersi che non han più consenso. Che peggio sono inutili e dannosi. I nostri bimbi vanno a scuola con Amed, Hè, Ibra, Luca, Dior e parlano inglese, dialetto, due parole di arabo e intanto i fratelli di figli unici e un politico con l’Italia dei valori populisti più che popolari, non vogliono un Minareto perché sono per la tradizione.

 

La battaglia contro il Minareto di Lecco, per usare una metafora apprezzabile anche da Leghisti, Fratelli tricolori di figli unici e dal consigliere Venturini, sembra un signore in smoking che rutta. Così che il rumore si senta, se possibile, non sul Resegone ma per lo meno sulla stampa locale. Chissà se questa politica più interessata a contrastare l’innalzamento di un Minareto che ad innalzare la qualità della vita dei suoi cittadini, riesce a capire che ritagliarsi qualche momento di preghiera è sacrosanto. Naturalmente, resta da decidere chi e cosa pregare e in quale maniera farlo. Quello che questi politicastri in debito di consenso non arrivano a pensare è che la preghiera è forse il linguaggio più libero e incoercibile di cui l’uomo disponga. Si può pregare sdraiati, seduti, in piedi, guidando e camminando. E il bello è che lo si può fare ovunque: dicono, a volte, addirittura nelle chiese (di ogni religione) sotto campanili e minareti. Ma è meglio all’aria aperta. E non avendo argomenti intelligenti, che non ci sono, parlano di mancata reciprocità.

Li senti con il loro banchetto in Piazza, aperto per l’obolo del consenso non informato: “Ma loro cosa vogliono? Nei Paesi musulmani non puoi pregare se sei cattolico. Non puoi aprire una chiesa di Roma”. (qui i leghisti in realtà si confondono e tartagliano)

A me – sarò una casalinga vecchio stampo – la reciprocità non piace come parametro di giustizia. Uno non dovrebbe fare una cosa giusta solo perché l’ha fatta l’altro o tantopiù non farla perché l’altro non l’ha ancora fatta. La giustizia è giustizia a prescindere. Qui a Lecco ci son migliaia di cittadini fedeli ad Allah.E’ giusto che abbiano un luogo degno dove pregare il loro Profeta. Non per reciprocità, ma per giustizia, perché è semplicmente, ordinariamente giusto. Ma i politici di Lecco si sono affrettati, più velocemente del prevosto Cecchin, paradossalmente, a dire che loro non lo vogliono un Minareto e non lo vuole nemmeno il Sindaco di tutti: “Ne ora ne mai”. Di tutti? Che dio lo fulmini. Il dio di tutti gli altri.

BISOGNA ESSERE SINCERI: SE RIESCI A FINGERLO CE L’HAI FATTA

 ROTA-FRANCESCAIntrigante la serata dell’altro lunedì al Consiglio comunale dei cattivi bocconiani, dove era in discussione l’assestamento del bilancio 2013. Si doveva decidere infatti se, per l’assestamento, era meglio metterci un mattone o una camera d’aria. Ha vinto quest’ultima. Di aria fritta, in effetti, ne è pieno il Consiglio.

Dobbiamo inventarci qualcosa” ,“Va messo in campo un paradigma (!!) che ci tolga da questa situazione”. “E’ tempo che tutti insieme vediamo cosa si può fare”. E’ troppo chiedere quali, per esempio, consigliere? Cosa si vuol fare? Come lo si vuol fare?

Silenzio. Lo sguardo dei consiglieri era tutto uguale, emblematico, perso. Tipo: E devo dirtelo io? Dai, io che ne so? Quello concreto devo essere proprio io? Appunto, aria fritta.

Ci pensa l’Assessore ai Lavori pubblici Francesca Rota a mandarli in confusione. E’ l’unica che sa dov’è, cosa vuole e che con il fritto non ci cuoce nemmeno le patatine. Ha la schiena diritta. Li sbrana. Non cerca il consenso e non regala ipocrite pacche sulle spalle. Si assume il proprio pezzo di responsabilità, chiede agli altri di fare altrettanto. Nessuno escluso. Panico, confusione. Si perdono. Tutti.

Fa una requisitoria dove tutti vedono, in controluce, le sue dimissioni. Invece non hanno il coraggio di leggere le cose come stanno. Sta chiedendo le loro. Si è stancata delle letterine al Governo, delle mozioni che indicano il dito e nemmeno sanno dov’è la luna, che buttano il sasso e nascondono la mano. Buone solo per far arrivare l’aria fritta fin sotto il naso degli elettori.

Dice, tranquilla e senza alzar la voce, quello che andava detto ma che lì dentro non volevano sentire. In primis il Sindaco. La responsabilità di questa situazione, di questo impoverimento della città, non è tutta colpa del Governo. Bisogna guardare in casa. Sono le scelte fatte qui. Taglio alle spese, alla manutenzione del bene pubblico. Alle fondamenta. Per spenderli in fauti applausi. In priorità rovesciate.

Facendoci del male, oggi e anche in futuro. Una cosa che oggi da riparare costa 10 rimandandola, domani costerà 60, per non parlare dei rischi sicurezza di chi dentro ci lavora, ci studia, la visita. Uffici, Scuole, Musei, Strade. E’ tutto urgente ma non si cambiano nemmeno le lampadine.

Oggi risparmiamo soldi – peggio li spendiamo a vanvera – nemmeno sufficienti a pagare l’aumento dei costi dei lavori che rimandiamo a domani. E’ ora di finirla di alimentare questo circolo vizioso; di supportare questi politici che giocano all’apprendista stregone per due voti di consenso. Va giù dura l’Assessora.

Inizia il valzer dei consiglieri, il Pd sembra una giostra. Citterio si alza e parla a Frigerio, Rizzolino con Angelibusi, Pattarini con Marelli. Buizza non si è accorto di nulla. Invernizzi di Appello parla con Pasquini dell’opposizione. Colombo della Lega con la giornalista della Provincia. L’Assessore Campione è da mezz’ora disperso. Buizza continua a non accorgersi di nulla.

In definitiva, ci troviamo di fronte a un circolo vizioso. E sapete dove conducono i circoli viziosi? Quando ci si trova davanti a un circolo vizioso c’è solo una cosa da fare: interromperlo.

Brivio chiama i suoi soldatini. Ora il Consiglio è quella bella società dove l’apparire ha preso il posto dell’avere che aveva preso il posto dell’essere, vale la massima che per avere successo (in politica come sul mercato il successo si misura in consenso acquisito fra gli elettori come fra i clienti) bisogna essere sinceri: se riesci a fingerlo ce l’hai fatta. Brivio ce la sta facendo.

E ora cantiamo tutti in coro: allonsanfan de la patrie….

DOMANDIAMOCI: SE AVEVO CULO STAVO COME STAVO?

 CARTA VETRATAOgni volta che leggo un articolo sulla stampa di una vincita alle scommesse, al gratta e vinci, al superenalotto, mi cadono le braccia. Ma subito dopo mi riprendo e penso ci salverà la matematica. Mi spiego.

A me casalinga inacidita non me ne frega nulla della coerenza nel vedere che il più delle volte, quasi sempre, i giornali che danno notizia della vincita sono gli stessi giornali che riempiono le loro cronache di indignazione per la ludopatia, per la crisi economica e i drammi annessi.

Io credo che il gioco sia un diritto di ognuno e quindi non mi scandalizzo di chi gioca e non mi scandalizzo nemmeno più di tanto che si possa vincere – come è successo l’altro giorno in un bar di Lecco – ben 10.000 euro con 20 euro giocati. O, come era successo a giugno a Vercurago, un milione giocandone 10.

Come facciamo a battere il marketing del gratta & vinci? Il marketing di tutti i generi che attraverso le tv ha creato subliminalmente degli zombi pronti a credere che prima o poi arriverà il cavaliere bianco a salvarli (se politico) o una vincita a toglierli dall’indigenza e catapultarli nel tanto agognato mondo dei balocchi.

La cronaca sui giornali delle vincite sono due minuti di pancia per immedesimarsi, sognare e invidiare. Sentimenti primordiali a cui troppi si vogliono abbandonare. Il tempo della concessione delle dita nella marmellata leccate con gusto.

Però mancan sempre, ma sempre, due righe due, lo spazio affinché ci siano nella mente di ognuno di noi campanelli di allarme efficaci a mantenere la speranza negli spazi del non patologico.

Si sa che la probabilità di vincere al lotto, enalotto e affini è vicinissima allo zero?

La probabilità di centrare il 6 al Superenalotto, per dire, è di 1 su 622 milioni e qualcosa: si gioca sperando nel miracolo e va be’.

A proposito di miracolo: C’è una guerra in atto e facciamoci una domanda: se avevo culo stavo come stavo?

Un miracolo… si va bè, ma a ben guardare… a proposito di miracoli:

E’ un po’ più probabile vincere il premio da un milione grattando un Gratta&Vinci, un “Mega Miliardario” ad esempio, essendoci addirittura 1 biglietto vincente su 1.672.000.

Questo, però, solo nel momento in cui i biglietti vengono distribuiti, perché, una volta in commercio, diventa pressoché impossibile sapere quali premi siano ancora disponibili e quindi calcolare la propria probabilità di vittoria.

E se (per assurdo, ma mica poi tanto) nel momento in cui acquisto il mio bel Gratta&Vinci, i biglietti vincenti non fossero più in circolazione?

Bè, in quel caso, avrei potuto spendere meglio i miei 2 o 10 o 20 euro che siano.

Lecco spende, pro-capite – la cifra enorme di ben 1398 euro (fonte: Agicos), per un totale complessivo di oltre 455 milioni di euro. E’ matematica, altro che miracolo, dietro una improbabile/impossibile vincita ci sta una slavina di perdite.

A proposito di miracolo che si aspetta grattando il biglietto, facciamoci una domanda: se avevo culo stavo come stavo?

Ci salverà la matematica?

Leuci: LA TAVOLETTA DEL WATER E L’ESPROPRIO

tavoletta-wcBisogna essere solidali con i lavoratori della Leuci senza tentennamenti. Altrimenti fai la figura dell’egoista borghese.

Te lo dicono del resto da ogni parte, paradossalmente soprattutto quelle associazioni, quei partiti, quei sindacati, che del para-sfruttamento dei propri militanti ne han fatto voce di bilancio. Quella che va sotto il nome: contenimento costi risorse umane

Fate caso ai nomi (Arci, Cgil-Cisl, Rifondazione Comunista e, di quest’ultima, anche la corrente matrioska: figli di Leonid Il’ič Brežnev.) e poi pensate a quanti volontari e lavoratori al minimo queste realtà hanno e quanti soldi han preso e prendono, infine, mettetevi comodi.

Come sempre ci penseranno loro a salvarci, a risolvere tutto e se non si risolve nulla è stata tutta pubblicità. Bisogna essere solidali e far come loro: lo eri ancor prima di sapere di esserlo. In fondo noi donne, noi casalinghe inacidite, abbiamo un sesto senso.

Poi li senti parlare i lavoratori rimasti, anche se parla sempre lo stesso, leggi i loro infiniti proclami, che son sempre tutti uguali e sembran scritti nel 1970, scorri appunto le lettere di solidarietà delle associazioni e del partito e ti accorgi che non sai nulla.

Nulla di quello che servirebbe sapere. Il tuo povero marito, a pranzo, ci prova a spiegarti due concetti di politica economica e aziendale, di cosa si sarebbe detto e fatto in questi anni, lui ci prova ma è come pretendere che quando lui va in bagno a far la pipì, la tavoletta del cesso deve alzarla. Prima.

Incomunicabilità.

In tutti questi anni nulla di più della forma. Precaria pure quella.

Facciamo a capirci. Il Piano economico di sostenibilità di un’azienda, di una potenziale start-up è ben più di un’idea di progetto…sono le fondamenta della fattibilità. Io, ma credo nessuno al di fuori degli attori più stretti ora in campo, l’han visto. (non che dovevo vederlo, sia chiaro) però giusto per esprime una solidarietà non di maniera. Se fosse stato pubblico intendo era più bello, più partecipato, più sostenibile. Viva la trasparenza, viva la partecipazione però zero strumenti di comunicazione, che non siano il buon cuore del giornale.

Una mail non c’è.

Un sito internet con progetti, proposte, comunicati, archivio ecc. nulla.

Ed ora gridano alle istituzioni, insieme agli amici, dopo la parola fine pronunciata da Proprietà e Assessori locali: Esproprio.

Fino a due mesi fa ci si faceva svuotare la fabbrica dai macchinari, oggi si invoca Stalin.

Se si rivendica qualcosa improponibile, qualcosa così fuori dal mondo e normativamente così precario come l’esproprio, mi chiedo qui, dalla finestra della mia cucina, se non vuol dire soprattutto che argomenti più concreti, misurabili, non se ne hanno.

Vogliamo vedere le carte, di tutte le parti. Farci un’idea autonoma per poi chiedere e verificare. Non vorrei essere sgradevole ma qui vanno a puttane aziende – e lavoratori – ogni settimana – con uno stillicidio da armarsi – che non hanno spazi comunicativi- in silenzio. Non è una colpa di chi grida e riesce a destar l’attenzione ma non vorrei che tutti presi a presidiare il portone di una fabbrica vuota, intanto quelle ancora mezze piene, dalla finestra, le svuotano.

Di Leuci abbiam parlato

qui: Autogestire la fabbrica. Per salvarla;  25/9/2009

qui: Ceppi bui e Abbagli di luce; 13/12/2010

qui: Una proposta per la Cittadella della Luce 26/02/2011

qui; La  Cittadella delle scuse; 07/08/2012

e ancora qui: M5S Grillo e Leuci: è disinteresse, non inegnuità