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GUARDIAMO MASTER CHEF MA COMPRIAMO PRECOTTO
“Ci state rubando il futuro“ è l’accorata ma lucida sintesi del discorso al Vertice per il Clima (COP24), di dicembre a Katowice, di Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese di 16anni, oggi promotrice della #FridaysForFuture, la mobilitazione mondiale per il Clima che venerdì toccherà anche Lecco con protagonisti studenti e studentesse.
Una mobilitazione, un esserci in prima persona, per un progresso che deve farci vivere meglio, non peggio.
Un esserci in prima persona con idee e parole che durano, dureranno ben più del tempo di una manifestazione.
Lungo il filo rosso di una generazione: La terra è di tutti, l’aria è di tutti, l’acqua è di tutti. Mangia pure la tua mela ma non sradicare l’albero; dissetati pure alla fonte ma non avvelenare il pozzo. Respira l’aria sana ma non inquinare il futuro respiro.
Oggi ognuno di noi è informato su dove va il mondo. I media son pieni di immagini e notizie sul clima (degli orsi polari alla deriva sui ghiacci, degli incendi e alluvioni che si susseguono ad ogni cambio di stagione, dei prati senza api, dalle città con un cielo di polveri e orzata).
Produciamo, costruiamo, commerciamo, consumiamo senza interessarci del clima.
Guardiamo Master Chef, ma compriamo precotto.
I giovani più attenti e determinati ci stanno dicendo che così non può andare avanti per molto, che non si faranno rubare il futuro.
I Giovanissimi, coscienti, arrabbiati e determinati di tutto il mondo ci stanno dicendo che solo una cultura del limite e accettazione della sobrietà potrà farci rientrare dentro i confini della sostenibilità.
Non basta un’economia verde, serve una società verde
I giovani che venerdì si prenderanno le strade ci dicono tutto questo, che dobbiamo costruire una umanità cosciente e responsabile delle proprie azioni nell’arco di tutte le sue funzioni vitali, esigenze, pulsioni.
Per un’’idea di società ecologica ed equa, un orizzonte di senso, un “ecologia integrale”, come la chiama Papa Bergoglio e la sua dirompente Enciclica Laudato sì, un mondo con le parole preziose e attuali di Alex Langer di decenni fa: “più lento, più profondo, più dolce”.
Una società capace di futuro.
ma non E’ TEMPO DI ECOFESTE??
È tempo di sagre e feste di quartiere ricche di sforzo organizzativo lodevole. Questo, credo, va integrato con la promozione di pratiche ecologiche sostenibili, non più rimandabili.
Un’Amministrazione attenta alla qualità della vita dei cittadini non troverà difficoltoso mutuare, anche sull’esperienza di altri Territori, metodologie per concretizzarle. Qui da noi, questo, tarda. Eppure non è complicato. Per queste sagre che l’Ente promuove, Patrocina o semplicemente autorizza – si dovrebbero prevedere una scrupolosa raccolta differenziata di plastica, vetro, carta e lattine; la separazione degli oli di frittura; una riduzione dei rifiuti (la vera salvezza). Questo attraverso anche l’accorgimento di prevedere bottiglie d’acqua con vuoto a rendere o, meglio, l’esclusivo uso dell’acqua in caraffe. È evidente poi che l’utilizzo dell’usa&getta lasci dietro di sé una montagna impensabile di rifiuti. (Che sono disdicevoli anche se non li vediamo abbandonati per strada).
La sua sostituzione, con stoviglie e posate riutilizzabili, o, in subordine, in materiale biodegradabile, è prioritario. Doveroso. Vincolante.
Non più rinviabile.
Incentivare, attraverso facilità di permessi e minori tasse, l’utilizzo di prodotti locali e biologici, e ancora, l’uso del materiale infopubblicitario su Carta Ecologica è poi un ulteriore passo, che male non fa.
La promozione di incontri con i vari organizzatori per cercare supporto è un auspicio che dobbiamo augurarci il Comune faccia, creando così gli strumenti perché ciò porti alla costruzione, possibilmente condivisa, di un Regolamento, vincolante (o incentivante), per la concessione dell’autorizzazione alle sole Sagre che rispondano a questi criteri eco-sostenibili.
Un atto necessario, culturale e politico. Non solo per il Comune, ma anche per gli organizzatori (gruppi, parrocchie ect)
Se qualcuno c’è, batta un colpo.
Proposta: risparmiare sui libri scolastici
Sebbene convengo andasse proposta ben prima per una maggiore efficacia e coordinamento, soprattutto istituzionale e scolastico, ritengo che possa avere ancora una sua utilità proporre ai genitori e famiglie di mettersi insieme e organizzarsi tra loro – o chiedendo l’appoggio delle librerie e supermercati (che possono dare loro il là alla proposta) – per fare acquisti collettivi dei libri per il nuovo anno scolastico del prossimo settembre.
Mi spiego meglio e provo a declinare la proposta.
Tutti gli anni si formano, nelle scuole o da parte di associazioni i mercatini dell’usato dei testi scolastici. Un ottimo servizio per ridurre il peso economico delle famiglie oggi sempre più gravoso.
Dallo scorso anno diverse librerie della città offrono sconti per invogliare le singole famiglie a comprare da loro i testi necessari. Non sarebbe ancor più economicamente vantaggioso per le famiglie unirsi e indirizzare ad un’unica libreria/supermercato la propria richiesta di libri?
Della serie: “noi siamo 50-100 (n.) famiglie che potrebbero comprare da voi tutti i testi necessari, quanto sconto (in più) ci fate?
Dopo, con questa risposta, si chiede anche le altre librerie/supermercati vedendo quale esercizio alla fine offre il miglior prezzo. E ci si regola di conseguenza.
Certo sarebbe ottimo se tale iniziativa partisse dall’Istituto comprensivo che potrebbe lui sondare e invitare le librerie a comunicare un’offerta da girare poi ai genitori; sarebbe altrettanto efficace che tale proposta la facesse autonomamente una libreria che con, per esempio, la modalità “portami 10 (n.) amici ti praticherò uno sconto più alto di quello abituale per un singolo cliente”
Per l’anno prossimo sarebbe finalmente invece ancor più economico e efficace se il Comune/Provincia si facesse promotore o facilitatore con le sue scuole e Istituti comprensivi nella promozione del Book in progress, (la redazione e stampa da parte dell’insegnante/scuola di schede testi di lavoro e studio in sostituzione del testo scolastico).
E’ un’esperienza che trova sempre maggior diffusione in moltissime scuole italiane ottenendo un più mirato e concreto strumento di studio preparato dallo stesso docente e un notevole risparmio economico famigliare. Visto che in questi anni la spesa pro-capite per i libri è di mediamente di 200-300 euro va trovata una calmierazione e strumenti atti a questo.
Uniti si ottengono risultati. Vale per le imprese nell’acquisto delle materie prime, vale per i cittadini con le banche. Vale per i libri.
Servono genitori volontari, chi si offre? (Perché non partire dai rappresentanti di classe?)
H-DRÀ mai?
H-drà è stata una bella festa che ha animato Lecco in questo fine settimana fortunatamente non del tutto piovoso.
Ma H-drà non era solo e tanto una festa normale era un festival dedicato agli stili di vita sostenibili,“una rete di persone private, enti pubblici e privati, associazioni e istituzioni alla ricerca di un percorso comune per promuovere i temi della sostenibilità”. Come si legge nel sito web h-dra.org
Ecco, io credo che questo percorso finché sarà lastricato di parole (certo bellissime) ma che non si tradurranno in qualcosa di concreto ci farà restare fermi. Immobili. Ingessatissimi.
A Lecco, finora, queste parole non si sono tradotte in concretezza, e questo Festival, guardando non solo il sito, è, prevalentemente, un bel progetto di marketing. H-drà quindi qualcos’altro, oltre all’auto-promozione degli organizzatori?
Perché poi al di là dei parallelepipedi di abete grezzo in Piazza (molto, molto belli), della band di tamburi senegalesi (molto, molto bravi), ad essere pragmatici e realisti, quando i blocchi si smonteranno e i tamburi si silenzieranno, cosa resterà?
Insomma voglio dire senza cattiveria ma nemmeno far passare un evento, certo non da buttare, per la ciliegina sulla concretezza…questa Città, questa Amministrazione Comunale che l’ha promosso (H-drà Festival Lecco è un evento di Lecco Città Alpina) questi promotori, che cosa hanno fatto in questi anni, in questi mesi?
Parlo di concreto e di significativo (un po’ di più di qualche aperitivo, di qualche concerto, di qualche contributo economico chiesto, dato e preso, intendo). Tolto il marketing mi pare che questo Festival, a Lecco, sia più il tappo che frena il cambiamento, che la cascata che sgorga rigogliosa tra le rocce.
Queste associazioni (mi chiedo se per la necessità di avere contributi economici che permettono le loro attività e questi Festival altrimenti impensabili con risorse proprie o solo per mera carenza di elaborazione politica) non hanno mai, mai analizzato cosa sta facendo (o non facendo) questo Comune? Hanno mai avanzato una critica – e precedentemente ad oggi – una proposta verso l’Ente Comune? Misurabile, tangibile.
Questo Comune, si sono rese conto che, nei fatti, è tutt’altro che promotore di stili di vita sostenibili e ambientali?
Io credo che i cittadini di Lecco già sappiano cos’è la raccolta differenziata, cos’è il biologico, cos’è il risparmio idrico, la mobilità sostenibile e la difesa dell’ambiente. Credo che lo sappia anche il Comune (almeno da tre anni con il programma pre-elettorale di QLL Altra Via) ma, quest’ultimo, non lo fa.
Si limita a mettere il logo sui manifesti che la promuovono e a dare qualche soldi e la corrente.
Il Comune di Lecco, oggi, è bene ricordarlo visto che durante il Festival non è stato fatto – sta distruggendo, coscientemente, le sue montagne – il Monte Magnodeno – assecondando e legittimando il Nuovo Piano Cave. Le Associazioni perché si son guardate bene dal mettergli un aut-aut concreto, misurabile, coerente, tipo: “Comune, poche balle, o promuovi la difesa dell’ambiente o sostieni il Piano cave, delle due l’una”.
Sull’acqua pubblica perché non gli si è detto di non andar contro, come invece sta facendo, alla scelta referendaria?
Perchè non han chiesto di promuovere una mobilità sostenibile seria – pubblica e collettiva – al posto del progetto fallimentare del bike sharing che sembra utile solo per chi prende dal Comune una quantità di soldi sproporzionata per l’utilizzo? Tra l’altro lo stesso che promuove il Festival….
Perchè non han chiesto di promuovere e sperimentate almeno qualcosa di tutto quello che da anni in altri Comuni virtuosi e sostenibili è prassi ordinaria?
H-drà mai che, oltre alle parole, questo Comune sia stimolato a fare anche fatti concreti?
H-drà?
DOVE VA LA COSA GIUSTA?
Forse conviene fermarsi un attimo e parlare di noi, noi che è un poco di più, molto di più, di esserevento.it, ma ha lo stesso dna, gli stessi occhi, lo stesso sguardo, la stessa direzione forse, però, sembra, non gli stessi modi per arrivarci. Anche in rete qualche sussulto sta già emergendo, qualche domanda si fa avanti.
E noi è proprio a queste domande, anche nostre, che vogliamo dare cittadinanza, per elaborare risposte. Dove sta andando “Fa la Cosa Giusta”? Nello scorso fine settimana, dal 15 al 27 marzo, si è svolta, a Milano, infatti, la decima edizione di questa Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili. Ormai ci vanno tutti. A visitarla. E quasi tutti a vendere i loro prodotti. E’ cresciuta enormemente negli anni scorso arrivando, lo scorso anno, ad oltre 67.000 visitatori, più di 700 giornalisti accreditati e altrettanti 700 espositori.
Si direbbe che l’Economia Solidale, l’economia altra, abbia vinto.
Ha vinto: l’attenzione collettiva lo dice, i numeri lo dimostrano, gli incassi lo certificano. Sulla quantità è una sfida, una vittoria, raggiunta per ko sullo scetticismo. E la qualità? Con queste quantità, impensabili solo 5-6 anni fa, la qualità, le attenzioni, le scelte possono essere ancora dello stesso livello? L’unica economia etica, solidale, possibile è un’economia che fa delle scelte e si dà delle priorità, giusto? Ed allora osservando, anche con poca attenzione, gli sponsor, i produttori che utilizzano la Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, per promuovere il loro brand, i loro affari, i loro fatturati, i loro dividendi, le loro quote di mercato, qualcosa sembra non fare somma.
Perché si sa, oggi, lo dimostra appunto il boom di questi anni della Fiera Fa la Cosa Giusta, la fascia di popolazione che crede al biologico, allo sviluppo ecosostenibile, al naturale, all’equosolidale e via dicendo, è sempre più ampia e quindi le imprese ci si buttano a pesce. O direttamente andando alla fonte, come in questo caso, o producendo linee “etiche”, come i fondi responsabili delle banche. Perché alla fine il consumatore deve sempre comunque fare i conti con i soldi che ha in tasca per poter arrivare a fine mese. E le economie di scala, i capitali a disposizione, le posizione di privilegio, il marketing ruffiano, caspita ti fanno prima spalancar le porte e poi il portafogli.
Alcuni marchi, alcuni nomi, di economia solidale, locale e di piccolo hanno ben poco, quasi nulla. Le multinazionali che qui negli anni hanno veicolato i propri nomi, quotate alle Borse della finanza, Philips, Peugeot e Lindt e ancor oggi Novamont di un fondo private equity, di Ubs e banca Intesa, sacchetti che forse difendono l’ambiente prodotti da una banca che che sta facendo le grandi opere autostradali distruttive nella pianura padana. Per non parlare poi di De Agostini. Che è la padrona di Lottomatica. O di altre che di prodotti a KmO e produzione artigianale ormai non hanno più nulla, se mai l’hanno avuta. Poi, oltre a queste ci sono quelle aziende, quegli sponsor che del marketing etico fanno una bella strategia di comunicazione.
Su tutte La Coop con i suoi supermercati e centrali di acquisto oligopoliste, modelli mica tanto credibili in un percorso di sostenibilità. Sorge perciò spontanea una domanda: quali sono i criteri con cui gli organizzatori selezionano le domande di sponsorizzazione e dei produttori? Visto che mediamente ogni stand non costa pochino. 1500/2000 euro per 16mq? Ci si chiede se costi così cara l’organizzazione di una Fiera da questi numeri tanto da non poter selezionare più di tanto gli sponsor, e conseguentemente se ci si è domandati se bisogna crescere così tanto, in questo modo, se non c’è alternativa, se la decrescita non è applicabile.
E se, invece, la selezione c’è stata, si ritorna alla domanda precedente. Quali sono i criteri? Non vanno rivisti? Provocatoriamente, o forse no, alcuni attivisti dei Gas, si chiedono se la Nestlè chiedesse di partecipare con i suoi prodotti biologici come il latte per lattanti bio o i suoi cioccolatini e caffè fairtrade come sarebbe vista la cosa? Forse non sarebbe il caso di ripensare ad un nuovo modello di sviluppo di queste grandi manifestazioni che in questo modo rischiano di annacquare lo spirito iniziale per cui si pensava fossero sorte?
Dove sta andando “Fa la cosa giusta”?