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I 3 AUTOGOAL DELL’AGENDA MONTI

Dall’Agenda Monti, cap 2: “La strada per la crescita” (pag. 4)

La crescita non nasce dal debito pubblico. Finanze pubbliche sane, a tutti i livelli.
Con un debito pubblico che supera il 120% del PIL non si può seriamente pensare che la crescita si faccia creando altri debiti. Non è una questione di cieco rispetto di vincoli europei o sottomissione ai mercati. E’ la realtà, scomoda, dei numeri. Lo spread conta per le imprese e i lavoratori, perché finanziare il debito pubblico costa agli italiani €75 miliardi in interesse annuali, ovvero circa il 5% del PIL. Ridurre di 100 punti base il tasso di interesse che paghiamo sul debito, vale 20 miliardi di euro a regime. E da novembre 2011 il tasso di interesse è calato di oltre 250 punti. Si possono anche criticare obblighi europei, ed anche il governo le ha criticate, per certi aspetti, ma bisogna ricordare che esse sono oggi il test della credibilità della politica fiscale seguita dagli Stati che devono rientrare da un debito eccessivo.
Bisogna rovesciare la prospettiva e prendere il quadro europeo come lo stimolo a cercare la crescita dove essa è veramente, nelle innovazioni, nella maggiore produttività, nella eliminazione di sprechi. La crescita si può costruire solo su finanze pubbliche sane.

L’Agenda Monti dovrebbe essere la bussola per quest’Italia in cerca di futuro. Almeno stando a Monti. In questo punto che riportiamo paro paro, sono contenuti numeri corretti però sbagliati. E se si ha bisogno di strabici è difficile che indichino la retta via.Vediamoli insieme
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Il rapporto Debito/Pil che cita Monti è corretto. Però è sbagliato il tiro. Il Debito ad ottobre ha sfondato quota 2.000 (2014 miliardi) il più alto di sempre.
Il supplemento “Finanza pubblica” al bollettino statistico della Banca d’Italia ricorda che il debito pubblico italiano è aumentato da inizio anno di 71,238 miliardi (+3,7%). Sono 33.081mila euro a testa, neonati compresi.
In contemporanea sono, per fortuna, aumentate le entrate tributarie erariali. Nei primi dieci mesi del 2012 si sono attestate a 309,3 miliardi di euro con un aumento del 2,9% sul corrispondente periodo del 2011. A naso il Rapporto Debito/Pil allarmante che cita Monti è corretto.
Ma mi pare anche che sia stato proprio Monti e la sua politica a farlo peggiorare e sfondare il famoso 120%. Oggi siamo a 126,1%. Nemmeno con Berlusconi si era arrivati a tanto: 118,7%. Uno come Monti è capace di dire che senza lui sarebbe salito molto di più. Ed il peggio che tutti glielo lascerebbero dire.
Il dato in percentuale sul pil può essere fuorviante? E’ chiaro che in caso di diminuzione del PIL il rapporto cresce anche se il debito resta stabile….e viceversa diminuisce in caso di crescita del PIL. Più interessante sarebbe l’aumento con base 100 lo stock di debito nel 1970. In questo modo si avrebbe sul serio il peso di ogni governo sulla crescita del PIL. Con Monti si ha una delle crescite dell’indice più alto nella storia della Repubblica.
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Un altro argomento che l’ex Premier Monti affronta nella sua Agenda-Monti è lo spread.
“Ridurre di 100 punti base il tasso di interesse che paghiamo sul debito, vale 20 miliardi di euro a regime. E da novembre 2011 il tasso di interesse è calato di oltre 250 punti. Si possono anche criticare obblighi europei, ed anche il governo le ha criticate, per certi aspetti, ma bisogna ricordare che esse sono oggi il test della credibilità della politica fiscale seguita dagli Stati che devono rientrare da un debito eccessivo.” Il dato sullo spread che cita Monti è corretto. Però è sbagliato il tiro
La palla doveva mirare non lo spread di novembre 2011, troppo facile, ma quell’insegna al neon che lampeggiando dice: Lo spread dopo un anno di Monti è più basso di quando c’era Berlusconi, di quando ha iniziato, non finito, o no?
Facciamo un po di surf con questo spread? Innanzitutto lo spread è un termine famosissimo che indica una differenza in percentuale, fra rendimenti, nel nostro caso, Spread Btp/Bund, indica la differenza in percentuale tra quanto rendono i titoli italiani (Btp) e i titoli tedeschi (Bund)
Uno Stato in difficoltà cerca (o è costretto a) di incentivare l’acquisto dei propri titoli proprio aumentando il rendimento, al contrario invece uno stato solido economicamente, darà un minore interesse per chi compra le sue obbligazioni. Lo spread era a 24 punti. Erano 6 anni fa. Il 13 novembre 2006, a Palazzo Chigi sedeva Prodi. Berlusconi è stato cacciato un anno fa (9 novembre) a quota 575, quasi venti volte tanto.
A fine 2007, lo spred italiano è cresciuto, di poco a 28 punti. Poi è arrivata la crisi e Berlusconi/Tremonti, tutt’altro che un ossimoro. Lunedì 16 settembre 2008, dopo che il Governo americano aveva costretto la banca Lehman Brothers a dichiarare bancarotta lo spread aveva chiuso a poco più di 70 punti base. Alla fine del 2008 l’indicatore è a 92 punti. Nel 2010 scoppia la bomba del Debito e la crisi e mondiale. E’ comunque un anno di ripresa economica (il pil cresce del 1,8%) e lo spread, nonostante i timori sulla tenuta dei conti pubblici e il peggioramento della crisi in Grecia, c’è ancora il governo Berlusconi, è attorno a quota 160.
Nel luglio 2011, lo spread ha oltrepassato per la prima volta dall’introduzione dell’euro i 200 punti base. E’ da qui che andrebbe contato il divario. Poi è partita la speculazione. Con la Legge Delega da mettere in pratica nel 2013 il Governo Berlusconi si impicca da solo. I mercati lo leggono come rimandare i problemi. In due mesi sfonda i 400 punti. Dopo l’avvio della Finanziaria e un vertice europeo in pochi giorni lo spread scende nuovamente a 250 punti base.
Fino a luglio 2011, il differenziale o spread era conosciuto soltanto dagli specialisti e dai giornalisti economici. Il livello massimo dello spread sotto il governo Monti non è mai salito oltre i 470 punti base ma oggi è oltre i 300 (309punti)
Uno come Monti è capace di dire che senza lui sarebbe salito molto di più. Ed il peggio che tutti glielo lascerebbero dire. A furia di imporre tasse e di tagliare le spese per ridurre il deficit, il PIL è crollato e il Debito si è addirittura innalzato in rapporto allo stesso PIL. Fino al record drammatico del 126,1%.
Per uno che aveva preso l’incarico per contenere Debito e spread….
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Un altro argomento che l’ex Premier Monti affronta nella sua Agenda-Monti è gli impegni futuri
“Ridurre a partire dal 2015, lo stock del debito pubblico in misura pari a un ventesimo ogni anno, fino al raggiungimento dell’obiettivo del 60% del prodotto interno lordo;
Il dato che cita Monti è corretto. Però è sbagliato il tiro e si vanta pure.
C’è qualcosa di profondamente sbagliato e forse di marcio nel nostro ex Belpaese se si applaude ad un punto come quello. Monti è stato il maestro dei tagli e della recessione. Come abbiamo visto dati alla mano. Eppure abbiamo sfondato quota 2000 miliardi in valore assoluto e raggiunto il 126% in valore percentuale del Debito/pil.
Il meccanismo è totalmente ingovernabile? Ci porterà in breve tempo al default? Interviene il punto C del porfessore. Il Fiscal compact. Un abuso illegittimo e vergognoso di cessione di sovranità nazionale firmato da Berlusconi e poi confermato, ovviamente, dallo stesso Monti. Come potremo rispettarlo?
Ricordiamoci che con il fiscal compact l’Italia è obbligata (pena pesantissime sanzioni e il commissariamento) a ridurre il debito al 60% in 20 anni. Come ci ricorda anche Monti. Il che significa ridurlo del 50%, cioè in valore assoluto di 1000 miliardi, vale a dire si devono fare per 20 anni di seguito manovre di tagli e/o maggiori tassazioni da 40-50 miliardi all’anno! Praticamente la crescita del PIL sarà impossibile – o inutile per il benessere ridistributivo – e l’Italia vivrà costantemente in recessione.
E Monti si vanta pure. Ed il peggio che tutti lo lasciano vantare.Potremmo aggiungere la farloccata delle liberalizzazioni vendute da Monti, nella sua Agenda Monti come interesse del cittadino-consumatore (pag.7) “Continuare la stagione delle liberalizzazioni. Le liberalizzazioni non sono state provvedimenti isolati ma parte integrante di una politica economica che ha messo al centro l’interesse dei cittadini-consumatori” Come diceva un amico: “Guardate, io mi auguro solo una cosa: che non si debba ricordare Monti in futuro perché l’unico miracolo che è riuscito a fare davvero è stato rimettere in grado Berlusconi di scendere di nuovo in pista. E questo anche senza averne l’intenzione”.

ENERGIA E FUTURO

Sabato 1 ottobre ho partecipato al Convegno di chiusura della 1°edizione del Varenna Fisica Festival.
Una serata interessante.
Merito dell’organizzazione dell’APiLecco e dei relatori. Su tutti l’economista americano Jeremy Rifkin e il prof. Giulio Sapelli già nel cda di Unicredit ed Eni.
Un vivace dibattito tra chi (Rifkin) vede ineludibile un’accelerazione, urgente e salvifica, verso le energie rinnovabili e chi (Sapelli) evidenzia invece una necessità di fare i conti con la realtà che non è così catastrofica.
Entrambi sono rimasti sulle loro posizioni. Io credo che ci sia, invece, del buono in entrambi.
Sono convinto, infatti, che oggi serve un contesto sinergico collaborativo di elaborazioni teorico culturali alla Rifkin e di fattualità operativa nella realtà alla Sapelli. Questa è la collaborazione necessaria, per fare uno scatto in avanti.
Il Potere (politico e economico) , evocato da Sapelli come zavorra per il Piano di Rifkin non può essere infatti eluso ma i movimenti orizzontali e non verticistici/gerarchici, che possano iniziare “una piccola autonomia” sono indispensabili e sono già praticabili.
Non è necessario aspettare un intervento pubblico, cioè dello Stato, per far partire questa Terza rivoluzione. A livello macro è indubbio che questo sia l’unico soggetto che possa sostenerla, attraverso Leggi e soprattutto risorse, ma, anche nel piccolo di un territorio, di un Comune, di un condominio, si può fare almeno il primo passo.
Questo, ed è il vero problema, però, non avviene come dovrebbe.

La platea era quasi totalmente composta da imprenditori e associati dell’API Lecco e da alcuni sindaci (Lecco/Merate/Mandello). Quanti dei primi (si è saputo) hanno indirizzato parte dei loro investimenti per adeguare la loro fabbrica alla produzione e uso dell’energia rinnovabile?
A partire dai pannelli fotovoltaici per giungere alla coibentazione, al geotermico, al recupero del calore?
Quanti sindaci, a partire da quello del Capoluogo, Brivio, hanno Regolamenti Comunali Vincolanti per la costruzione, ristrutturazione di edifici, privati e pubblici, con metodi legati al risparmio energetico? Perché questo non è nemmeno previsto nel PGT di Lecco in approvazione?
Quanti edifici pubblici, illuminazione pubblica, scelte ambientali e di mobilità urbana, sono pensate per non divorare energia?

Essendoci poi progetti, sia per imprese che per Enti pubblici, a basso o nullo costo, stupisce incrociare importanti sforzi organizzativi per Convegni di indubbia qualità e contemporaneamente scontrasi con la dura realtà di immobilismo collaborativo e innovativo.
Forse serve esplicitare la necessità, per citare ancora Rifkin, di un doveroso “senso del bene comune”, ormai vitale, non più rinviabile che va oltre il fare impresa.

Un aspetto che durante il Convegno paradossalmente nessuno ha toccato come possibile pezzo di soluzione è stato quello della sobrietà. La sobrietà energetica e dei consumi.
Eppure ritengo che sia importante avere tutti quanti coscienza della nostra condizione di ospiti su questa terra. E che non ci si salverà da soli. O ci salviamo tutti, contribuendo ognuno secondo le proprie possibilità, o si affogherà tutti. E a qualcuno sarà chiesto, finalmente, di pagare il conto.

Per questo, raccogliendo la promessa della Presidente Sirtori di una 2°edizione nel 2012, perché non si utilizza quell’appuntamento per dare conto dei progetti, dei risultati, della strada, tangibile e verificabile, messa in campo, da oggi, da pubblico e privato, sul nostro territorio?
Chi raccoglie la sfida?

DOVE STA ANDANDO “FA LA COSA GIUSTA”?

Forse conviene fermarsi un attimo e parlare di noi, noi che è un poco di più, molto di più, di Esserevento, di Finansol, ma ha lo stesso dna, gli stessi occhi, lo stesso sguardo, la stessa direzione forse, però, sembra, non gli stessi modi per arrivarci.

Anche in rete qualche sussulto sta già emergendo, qualche domanda farsi avanti.

E noi è proprio a queste domande, anche nostre, che vogliamo dare cittadinanza, per elaborare risposte. Dove sta andando “Fa la Cosa Giusta”?

Il prossimo fine settimana, dal 25 al 27 marzo, si svolgerà, a Milano, infatti, l’ottava edizione di questa Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili. Ormai ci vanno tutti. A visitarla. E quasi tutti a vendere i loro prodotti. E’ cresciuta enormemente negli anni, del 30% solo nell’edizione dello scorso anno, arrivando a 65.000 visitatori, 630 giornalisti accreditati e ben 620 espositori. Continua la lettura di DOVE STA ANDANDO “FA LA COSA GIUSTA”?

I SECCHIELLI BUCATI DEL COMUNE

E’ paradossale come questa nuova amministrazione Comunale incominci sempre dalla coda nel fare azioni propedeutiche ai cittadini depotenziandone quindi i risultati.

Aumenta i biglietti dei Bus al posto di provare prima ad incentivarne l’uso, mette enormi risorse nella promozione  di qualche bicicletta in condivisione e nello stesso tempo riduce di centinaia di viaggi e migliaia di chilometri le corse degli autobus; certifica il 30% degli sprechi nel servizio mensa scolastica e si inventa di recuperarne una parte al posto di ridurne la produzione e i costi; approva progetti di ristrutturazione di beni confiscati alle mafie e si dimentica di verificare se ci sono ipoteche milionarie bloccanti sugli stessi; approva a più non posso nuovi palazzoni e dopo, a buoi scappati, prevede di mettere vincoli di tutela del paesaggio; organizza una stagione teatrale di prestigio e rende pressoché impossibile l’usufruizione diffusa e democratica della stessa; aderisce a singole giornate per il risparmio energetico e poi nel Palazzo Comunale ha impianti non a norma e nemmeno un sensore per spegnere le luci nei corridoi vuoti…

La missione del Comune non è fare lo speculatore ma è paradossale come faccia azioni dove fa credere di guadagnare 10 ed invece ne perde 90.

Nel caso dibattuto lunedì in Consiglio Comunale, la cessione del diritto di superficie del tetto della scuola media don Ticozzi, (1000mq) in cambio, più o meno, del pagamento della bolletta elettrica, concede alla società che vincerà l’appalto una miniera d’oro. Per vent’anni.

Da qui la mia osservazione che il Comune è convinto di guadagnare 10 ed invece ne perde 90.

Il problema maggiore degli immobili (scolastici) comunali non è il costo dell’energia elettrica consumata ma la dispersione termica e conseguentemente lo spreco di riscaldamento con i relativi costi. Che quei pannelli non risolvono.

Ci sono comunque, se proprio si vuole trarre guadagno da una “speculazione” energetica, decine e decine di soluzioni più convenienti, più concrete e meno pubblicitarie di quelle scelte l’altra sera con pochissima documentazione e altrettanta poca competenza, che svendere, per una vita, superficie pubblica al privato.

Tra le tante vie e ben prima di quella scelta per esempio c’è quella di appoggiarsi alle Es.co, società professioniste che attraverso le loro competenze risolvono, senza costi per il Comune, il problema di dispersione e spreco energetico, tenendo per loro, per un limitato numero di anni concordato, parte di questi risparmi ottenuti.  Solo dopo si sostiene il fotovoltaico, anzi, come in nord Europa, quest’ultimo è finanziato con il risparmio energetico del consumo di calore. Insomma l’efficienza termica degli edifici paga anche il fotovoltaico.

Senza regalare facili e montagne di soldi ai privati, il Comune di Provaglio d’Iseo ha offerto, senza effettivi costi per le sue casse, direttamente a molte famiglie a zero costi anche per queste, lo stesso servizio che oggi Lecco sta svendendo ai privati.

Non è detto che sia percorribile, ma nemmeno da escludere: quanto lavoro avrebbe la “Cittadella della luce/Leuci e il territorio se gli Enti pubblici si servissero da Lei per l’adeguamento energetico dei loro immobili e impianti pubblici?

Il Comune di Lecco, con la lodevole eccezione del solo Consigliere Sandro Magni,  è tutto impegnato invece con queste politiche superficiali di sola immagine ed ha deciso che preferisce riempire secchielli bucati.

COMPENSAZIONE ECOLOGICA se non ora, quando?

Sul mostro edificabile autorizzato in via don Pozzi sono chiare le responsabilità.

Splendida è stata la lettera sulla provincia di Lecco del sig. Umberto Cogliati di un’onestà e lucidità intellettuale rara di questi tempi. Ognuno di noi si può, con facilità, formare un’idea concreta leggendo la stampa di questi giorni.

Ma andando oltre, l’urgenza è quella decidere che si fa, si deve fare, per il futuro. Per salvare la vivibilità della nostra città.

E’ indubbio che, finora, il consumo di suolo, soprattutto negli ultimi decenni, ha significato speculazione edilizia a vantaggio di pochi operatori immobiliari e a scapito dell’intera comunità e uno stato di ‘dipendenza’ per i comuni, che hanno lottizzato per ottenere entrate economiche tramite gli oneri di urbanizzazione.

La speculazione immobiliare non produce sviluppo durevole, ma solo accaparramento di rendite. E l’ultima crisi finanziaria globale, non è un caso, ha avuto come epicentro e primaria causa appunto la bolla immobiliare. Andrebbe ricordato anche questo ai difensori acritici dei costruttori

Serve, ora, approvare con urgenza, un ordine del giorno che modifichi in maniera residuale e restrittiva i criteri di stima delle monetizzazioni perché non siano “regali” ai costruttori. Ma subito dopo serve andar ben oltre.

Cioè approvare un vincolo di “Compensazione ecologica”. Ce l’ha insegnato, in diversi incontri anche qui a Lecco, il Sindaco di Cassinetta di Lugagnano (Mi) Domenico Finiguerra.

Non mi sembra una proposta secondaria augurarsi quindi che rapidamente anche il nostro Consiglio Comunale si pronunci cioè per raggiungere l’obiettivo di rendere obbligatorio prioritariamente il riuso delle aree dismesse o sottoutilizzate che devono anche essere individuate e quantificate con la mappatura comunale, per far fronte ad ogni nuovo bisogno insediativo.

Solo poi, quando si dimostra che è inevitabile usare suolo libero, lo si autorizzi, ma appunto imponendo l’obbligo di compensare la perdita di valore ambientale, ‘costruendo natura’ su una superficie doppia a quella consumata, rendendola fruibile alla comunità locale.

Il principio di compensazione ecologica è null’altro che un atto di civiltà. Queste opere di compensazione, ovviamente devono essere realizzate prima di ottenere il permesso di costruire e prevedere il vincolo a finalità di uso pubblico di carattere ecologico-ambientale.

Lecco è una città meravigliosa. Viviamo seduti su una miniera d’oro. Ma la stiamo usando come latrina.

Fermare il consumo di suolo agricolo e la cementificazione non richiede particolari preparazioni tecniche, ma una fortissima volontà politica. Ce l’avranno questa Giunta e questo consiglio?

Mense scolastiche E I PASTI DEI NOSTRI FIGLI

Poco prima di Natale la neve ha provocato la ritardata (o mancata) consegna del pranzo nelle scuole cittadine. L’assessore all’Istruzione, Francesca Bonacina, ha promesso di studiare un piano per far fronte alle emergenze. Nell’attesa di conoscerlo è bene cogliere l’occasione per fare ulteriori ragionamenti sulle mense scolastiche. Troppe cose non vanno o si sottovalutano, al di là delle emergenze climatiche.

La ristorazione scolastica, che in Italia vale 1,8 miliardi di euro, all’anno, ha come abitudine quella delle gare d’appalto aggiudicate al massimo ribasso, anche se i pasti sono quelli dei nostri figli. Quella di Lecco non fa eccezione. Aggiudicato per il periodo 2009-014 al colosso Avenance e Ristorazione e Servizi per le Comunità,  ha un valore di 9.250.000 e serve 400.000 pasti annui.

Settimana scorsa si è parlato degli avanzi/sprechi del cibo. Ben oltre il fisiologico. Infatti il 30%, come l’assessore ai Servizi sociali, Ivano Donato, ha confermato, è aberrante.  1/3 del cibo prodotto non può trovare consolazione solo nell’auspicato impegno (meritorio) di recupero, con il Progetto Last minute market, ad uso caritatevole. Il 30% è anche un dato spaventoso in termini di costi inutili/impropri. Costi girati sulle famiglie con il prezzo del buono pasto. Buono pasto, tra l’altro, mica tanto equo. Avendo, per scelta del Comune, solo 3 sole fasce di prezzo. Quello di 1,55 euro, per la fascia più bassa, 2,55 euro per l’intermedia e, infine, per la fascia più alta, un buono pasto dal costo di 4,10 euro. Una finta differenziazione nel concreto perché le fasce sono improponibili, farlocche, pochissimo progressive, tendenzialmente discriminanti.

Per avere il minor costo del pasto (1,55) una famiglia di 4 persone deve avere un reddito complessivo, al lordo degli oneri deducibili, di max 14.151euro l’anno. Con poco più del doppio (28.818) il costo diventa già quello massimo. Per pagare il massimo, inoltre, è sufficiente superare i 22mila euro se si è in 2 in famiglia. Se si ha un reddito complessivo tra 18 e 19500 euro serve essere almeno in 7 in famiglia per poter pagare la cifra più bassa. Improponibile oltre che improbabile. In un solo anno le tariffe sono poi aumentate, per le 2 fasce più onerose, di oltre il 7%. Continua la lettura di Mense scolastiche E I PASTI DEI NOSTRI FIGLI