LA LEGA, LA RIVOLTA FISCALE E LA MEMORIA CORTA

Mai smarrire, nelle tenebre del tragico, la fiammella del comico. Dev’essere questo il sano principio che ha ispirato, nei giorni scorsi, l’ex ministro Maroni, ora autoproclamatosi capopopolo leghista alla faccia di decenni di cecità (non ha visto, non ha sentito, forse dormiva) a lanciare la rivolta fiscale contro le tasse.

Sorvolando sul fatto che è abbastanza evidente che così toccherà pagare multe più salate delle stesse tasse e ricordando flebilmente all’ex uomo di Governo che è il suo partito – la Lega – in tutti questi anni che ha alzato le tasse ai cittadini del nord, agli operai del nord, alle imprese del nord, ai pensionati del nord preferendo favorire, regalandogli miliardi, Catania e Sicilia, Roma capitale, i maneggioni delle quote latte, i ricconi di Alitalia, gli speculatori, il dittatore libico Gheddafi…

Dovrebbero quindi per dignità scendere dal pero i Sindaci leghisti che oggi sono per la rivolta fiscale, ricordandosi che è stato il loro Governo leghista a tagliare i trasferimenti ai Comuni e che il Patto di Stabilità che li strangola è di Tremonti e del Governo dove c’era, ben salda, proprio la loro Lega.

E Maroni che ora dice di non pagare l’IMU (che ha messo il suo governo) non poteva avvertirci prima? Abbiamo già pagato. Attendo perciò delucidazioni su carta d’identità, patente, passaporto, iscrizione al nido: che faccio on.Maroni, rinnovo o attendo?

C’è solo una cosa che ha senso fare: cambiare gli italiani. Iniziando dai furbi leghisti che si sentono innocenti e assolti in partenza. Più o meno come Berlusconi e Maroni.

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