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CI SONO LAVORATORI E LAVORATORI

Pochi giorni fa, mentre i comuni cittadini finivano di festeggiare la Festa dei Lavoratori, al Senato della Repubblica altri lavoratori si erano messi al lavoro per tutelare a loro volta altri lavoratori ancora. Difficilmente gli ultimi due lavoratori però stavano tutelando i primi. Quelli che avevano finito di festeggiare la Festa dei lavoratori. Almeno nel leggere il resoconto stenografico della seduta, la 717 del 2 maggio (dalla pag 43 alla 46 e poi la sola pag.126 – ultima riga -allegato b). Era in votazione, infatti, un emendamento contro la salvaguardia delle pensioni d’oro dei più alti funzionari di Stato. Un emendamento che chiedeva, con il parere contrario del Governo, di tagliarle, di non votare una loro equiparazione allo stipendio del primo presidente di Cassazione cioè di non farle brillare ancor di più dei loro stipendi.

I supermanager pubblici sono quei funzionari che oggi percepiscono 500.000 euro l’annocome il capo di Equitalia e dell’Agenzia delle Entrate – Attilio Befera, o oltre 1.000.000 euro come quello dell’Inps Antonio Mastropasqua. E Altrettanta volevano percepirla di pensione. Il Governo voleva con questa votazione tutelarli.

Per 18 voti soltanto, almeno per ora, le pensioni d’oro hanno subito una battuta d’arresto. Non è bastato lo sforzo di Maurizio Gasparri del PDL o del senatore Pietro Ichino del PD, lo stesso che promuove e teorizza la precarietà, il superamento del divario tra le generazioni dei padri e dei figli, o i leader Anna Finochiaro e Ignazio Marino del PD. Continua la lettura di CI SONO LAVORATORI E LAVORATORI

LA PRECARIETA’ DEL LAVORO E’ QUELLA DELLE IMPRESE

Vi va di valutare l’art.18 sotto un aspetto non ancora trattato?

Partendo dalla domanda: A chi giova una norma così congegnata? Per quali motivi il Governo si gioca su di essa il capitale di credibilità faticosamente conquistato finora?

L’effetto più importante è che una norma simile permette di far diventare i licenziamenti collettivi per motivi economici dei licenziamenti individuali. Di conseguenza il costo di essi si sposta dallo Stato (Cassa integrazione, mobilità ect.) alle imprese (indennizzo per il licenziamento e poi Indennità di disoccupazione pagata dallo Stato ma per periodi di tempo molto più brevi di quelli di Cassa e mobilità).

Questa norma, quindi, giova sia alle imprese, che hanno un gran numero di lavoratori di cui si vorrebbero disfare che allo Stato che risparmierebbe, grazie ad essa, un mucchio di soldi di ammortizzatori sociali.

Il guaio è che essa non giova per niente ai lavoratori e non serve a farci uscire dalla crisi economica.

In aggiunta va ricordato che l’economia italiana, nel periodo in cui l’occupazione è stata più stabile, cioè dal 1970 al 1995, ha avuto una disoccupazione alta ma anche un alto tasso di incremento della produttività che dal 1980 al 1995 è cresciuto in media del 2,2% l’anno, mentre dal 1996 al 2007 la crescita media annua è diminuita allo 0,4%, meno di un quinto del periodo precedente.

E qui, secondo me, sta il nocciolo: se l’impresa non può licenziare facilmente il lavoratore è portata ad investire in impianti, macchinari, formazione, formule organizzative più efficienti, ecc. per far rendere al massimo il lavoro. Se, invece, l’impresa può mandare via quando vuole il lavoratore precario non ha interesse a fare gli stessi investimenti o ce l’ha in misura molto minore, tanto pensa di guadagnare grazie al minor costo del lavoro. Continua la lettura di LA PRECARIETA’ DEL LAVORO E’ QUELLA DELLE IMPRESE

L’ETICA NEI CONSUMI E I BRAND ANZICHE’ PRODOTTI

Non ci si può più raccontare che tutto il lavoro è uguale.

E questo la crisi dell’economia ci vien in aiuto. Così da discernere cos’è etica e cosa non lo è. Con questa crisi ormai di sistema non ci si può più raccontare che una laurea in scienze sopravvalutate con master in pubbliche relazioni valga più di una laurea in medicina, così old economy.

Con questa crisi ormai internazionale non ci si può raccontare che se programmi un oroscopo erotico sei utile come chi fa il cibo che mangi. Mangiamo. Abbiamo vissuto tutti, negli ultimi 30 anni, un incubo immorale. Un mostruoso abominio che ha divorato risorse in quantità pazzesche. Abbiamo permesso che si investissero milioni e milioni e milioni di denari per avere strumenti utili per sentire il nostro oroscopo erotico o sempre dal nostro smartphone la notizia che Clooney e la Canalis si sposano, mentre chi studia come curare la sclerosi multipla deve chiedere, nell’indifferenza più che generale, l’elemosina? Un mostruoso abominio che ha divorato risorse in quantità pazzesche.

Perché?  Non per costruire il vestito che ti copre, ma per decidere come chiamarlo! Cioè un indecente, disgustoso, patetico show dell’inutilità umana ribattezzata  “valore aggiunto”. Abbiamo vissuto uno show  disumano nel quale un tizio che produce database può comprare un Mig27 per hobby. Continua la lettura di L’ETICA NEI CONSUMI E I BRAND ANZICHE’ PRODOTTI

il punto di attenzione: ART 18 E LOTTA DI CLASSE

Quando si chiede ad un genitore di mantenere i figli finché trovano un lavoro e nel frattempo si teorizza che il suo articolo 18 è un malsano privilegio, non è una stupidata che dimostra che questo Governo vive sulla luna?

Quando l’unico welfare nel Paese che funziona è la cara, vecchia, decrepita famiglia, si possono offendere impunemente i giovani perché vogliono vivere vicino a mamma e papà come dice questo Governo, che sembra venire da Marte?

Quando per l’ennesima volta ci spiegano che i disoccupati aumentano, soprattutto tra i giovani e questo Governo continua imperterrito a dire che bisogna rendere più facili i licenziamenti, c’è qualcosa che non quadra o siamo noi che veniamo da marte?

Perché qui l’oggetto del contendere non è che la Fornero ha una figlia con due posti fissi e insegna nella stessa università di mamma e papà.

Qui bisogna contestare in primis la derisione dei giovani da parte del potere e soprattutto far emergere che il punto d’attenzione, da cui non distrarsi, è il modello che questo Governo propone ed incarna: il modello di una classe dirigente che sembra aver abolito qualsiasi idea di parità di diritti, insieme a quella di comunità, di Stato fatto di persone.

Deve perciò far più arrabbiare questo piuttosto che essere chiamati “sfigati”, “mammoni”, “monotoni” o sapere, appunto, del doppio posto fisso della figlia del Ministro.

Se ci lasciamo distrarre, come vogliono, e non ci accorgiamo fino in fondo di quello che sta succedendo, non siamo coscienti della nostra posizione.

E se non c’è una coscienza di classe, beh allora la lotta è già persa in partenza. Perché la lotta di classe esiste, gente, e la stanno vincendo loro. Domandiamoci il perché. Farà male ma è necessario. Non questo Governo (politico altro che tecnico), ma il domandarci il perché.

GUERRIGLIA. IL POTERE E’ FOLLE

Il potere è folle. Consuma le risorse del pianeta come se fossero inesauribili. Fabbrica ancora auto che necessitano di petrolio. Venera il totem della crescita e stila budget come se non esistessero i limiti fisici dei mercati, come se il margine di incremento della domanda fosse infinito.

Il potere industriale, politico, economico si giustifica come i nazisti che non potevano che obbedire agli ordini del fuhrer-mercato. Si comporta come quei clan camorristi che si arricchiscono sversando rifiuti tossici e avvelenando le falde acquifere del proprio territorio, dove costruiranno le loro stesse ville. Il potere è folle, si alimenta di non senso. Costringe direttori di banca, commercianti e politici a sentirsi in dovere di ciulare i 50€ al pensionato.

E con quei soldini, guadagnati così onestamente, circondarsi di aggeggi elettronici che forniranno le risposte a tutte le loro domande, tranne una. Quella che dovrebbero porsi almeno seduti sul water: io chi sono?

Il potere è folle, ma non stupido. Ha individuato esattamente ciò che potrebbe nuocergli: la micro- conflittualità. Perciò lorsignori ci vogliono tutti coperti e allineati. Omologati, soprattutto nel pensiero. Continua la lettura di GUERRIGLIA. IL POTERE E’ FOLLE

Prima vedere moneta, poi dare cammello

Leggo sulla stampa locale che anche gli industriali lecchesi, con una folta delegazione, hanno partecipato entusiasti all’Assemblea nazionale dove hanno potuto sentire la loro Presidente Emma Marcegaglia aprire i lavori con una sentita relazione davanti al Presidente della Repubblica ed altre centinaia di iscritti, questa volta più dignitosamente composti che la settimana scorsa a Bergamo dove, altrettanto entusiasti, applaudirono il vertice della Thyessen malgrado la sentenza storica di condanna per omicidio di operai a scopo di profitto.

Una Relazione, quella della Presidente Marcegaglia, che ha messo lucidamente un dito nella piaga di quest’Italia così malandata: “Il Paese arretra, abbiamo perso 10 anni” e ancora, ferma con lo sguardo diretto alla platea e alle autorità: L’Italia “ha già vissuto il suo decennio perduto” in termini di “minore competitività” e di “mancata crescita”. Ora “dobbiamo muoverci in fretta. Il tempo è un fattore discriminante”.

Un impegno e monito che ha trovato sponda anche nel Ministro del (non) Lavoro Sacconi con la proposta di costruire un nuovo Statuto dei lavori. E, facendo l’occhiolino ad una parte dell’opposizione parlamentare, ha ricordato che: “Ci sono proposte di una parte riformista dell’opposizione su uno schema di riforma complessiva che considera anche la flessibilità in uscita”.

Per finire, certamente tra gli applausi convinti anche della delegazione lecchese, un messaggio benaugurante e di fiducia per la classe lavoratrice: “Queste proposte hanno in comune il riequilibrio delle tutele tra i lavoratori troppo garantiti e i giovani dal futuro sospeso. Occorre proteggere i lavoratori dalla perdita di reddito, non dalla perdita del posto di lavoro.

Nell’apprezzare personalmente questo slancio di responsabilità, tramite gli Industriali lecchesi vorrei far giungere alla signora Marcegaglia questa mia, maturata appena sentite le sue dichiarazioni: “Vedi che piano piano la Emma viene sulle nostre posizioni: “occorre proteggere i lavoratori dalla perdita di reddito, non dalla perdita del posto di lavoro”. D’accordo, lasciateci a casa e mandateci lo stipendio a domicilio. Anzi, in ordine cronologico prima si fa una legge per il reddito di cittadinanza e poi sulla flessibilità in uscita. Prima vedere moneta, poi dare cammello.

Certo di trovare una sponda responsabile e coerente lascio anche il mio recapito postale

Paolo Trezzi viale Turati 71, Lecco.