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E’ il megaevento turistico davvero quello che ci serve?

sfinge-copertinaIl turismo a Lecco è diventato materia di attenzione diffusa. E di critica ancor più estesa. Le critiche agli amministratori e alla Città riempiono i social.  Le proposte senza progetto, senza soldi, senza contesto, ma impaginate bene, sono come conigli dal cilindro, ne spuntano ogni minuto. Tra maghi e illusionisti.

C’è chi propone al Comune  megaeventi da milioni di euro, mai suoi, con farlocchi bilanci: “ogni euro investito ne ritornano 8”  e da oltre 100.000 presenze concentrate in pochi giorni, forse lo spazio di qualche week end. Megaeventi fotocopia. Senza peraltro badare alla non sostenibilità, oltre che economica, ambientale.

Megaeventi che oltre a non tener infatti conto della montagna di soldi che servono per organizzarli da zero e farli crescere e mantenere negli anni prima che – forse – diventino riconoscibili e (auto)sostenibili – ci siamo domandati se oggi è prioritario per Lecco spendere 5/8 milioni di euro per fare questo tipo di turismo?, generano domande sia ambientali che di concretezza e realismo.

Dove la mettiamo tutta questa montagna di turismo che dovrebbe generare – oltre 100.000 persone parla qualcuno – a  Lecco città?

E le infrastrutture – se ci sono – sono in grado di reggerli questi numeri? Raccolta rifiuti, consumo idrico, traffico veicolare, servizi pubblici, inquinamento? Per non parlare dei posti letto e ricettivi in genere, che non abbiamo?

Ma pur coprendo con un velo pietoso la bocca del cilindro di tutto questo, è mai possibile che siamo eccitati dalle inaugurazioni e non dalle manutenzioni? Anche in campo turistico culturale, intendo. Ci eccita solo l’eventone, la manifestazione imponente, la banda in alta uniforme che passa con il Sindaco e la sua fascia tricolore al collo.

Ci piace la spettacolarizzare, far dané, più che manifestazioni educative popolari. Pare che abbiamo in testa il turismo con l’obiettivo dei soldi come fine primo. Ci serve creare consumatori con i loro portafogli, non cittadini con le loro teste, curiose, stimolate e stimolanti.

Siam per lo spettacolo ma non per la Cultura, siam disposti a danni ambientali pazzeschi e messi in un angolo pur di camminare sulla nostra Passerella di Christo o sui Fiori di loto di Mantova.

Mordi e fuggi e via per la prossima Disneyland

E mai che si voglia procedere prima a ricostruire la città, di pietre e di anime, di senso di comunità. La propria Storia progettando turismo e cultura conoscendo sia le piazze che le persone, le vocazioni e le aspirazioni della città. Tenendo conto della città e di chi ci vive. Tutto l’anno. Altrimenti è tutto mercato. E basta guardare non solo le piazze di Lecco, per averne visione incessante.

E’ il megaevento turistico davvero quello che ci serve?

Megaeventi che dimenticano tutto il resto. Non gli importa il prima e il dopo, orpelli  per una città che fa nulla se prima e dopo non esiste. O non se ne tiene conto. Al posto di progettualità, di costruzione di saperi e percorsi con un più lungo senso del tempo.

Siamo al modello di turismo per Città al servizio del benavere di pochi contro quella del benessere, ossia del “star bene” di tutti.

#JESUISCHARLIE e noi diventati musulmani

#JesuisCharlie è tornato figlio unico. O quasi.

E’ bastata una vignetta sul terremoto italiano che c’è stato un fuggi fuggi dalla famiglia.

Nessuno è più Charlie.

Tantomeno a sinistra. Basta leggere i commenti sui social.

A Lecco non è più tempo di presidi autocelebrativi. E’ ancora estate c’è teatro e prodotti bio in agriturismo e la barca ancora sulla cresta dell’onda in Sardegna.

Appena si torna si organizza qualcosa, forse un’amatriciana di solidarietà a 5 euro in Canottieri.  Però se aumentano le accise sulla benzina per pagare la ricostruzione mi girano i maroni.

Mica è venuta giù casa mia.

Io credo, dal marciapiede dell’analisi, che la maggior parte della gente pensa che il significato di satira sia “far ridere”. Che satira e comicità siano sinonimi.

Io credo invece che la satira deve essere sgradevole. Satira non è  sfottò, satira non è ironia, satira è un modo di informare.

Lo sfottò è, riuscito o meno, prendere in giro la sinistra da salotto che organizza i presidi a favore della satira e dei suoi morti ma se ne fotte di quelli nei Balcani, Mogadiscio, Aleppo o Bagdad.

O delle censure, politiche, giornalistiche e addirittura Istituzionali anche di Lecco.

 A me la vignetta di Charlie non piace ma, mi pare, quasi perfetta.

Mancavano solo tra gli strati di lasagna le banconote.  Potevano intendo condire uno strato anche con degli euro, sarebbe stata più efficace.

Può piacere o meno, ma non han fatto satira sulle vittime ma sugli aguzzini.

L’accusa. “Sisma all’italiana” è, per quanto l’ho capita io, la vera accusa, per la frequenza delle emergenze e l’abbandono del potere della cura degli esseri umani.

La vignetta di Charlie Hebdo troppi l’hanno intesa come una derisione delle vittime del terremoto e invece, a me pare, una denuncia politica e sociale.

Ecco i sismi all’italiana, in cui nemmeno le scuole anti-sismiche sono anti-sismiche

“Cose fatte all’italiana”

I morti sono lì raffigurati come vittime, non scherniti.

E’ satira rispondere dicendo, in sintesi: “Gli italiani non tollerano la vignetta di Charlie sui terremotati e minacciano di costruire scuole anche in Francia”.

Vediamo il bicchiere mezzo pieno.

 Come un esercito pedagogico. Siamo

 diventati musulmani anche noi.

Charlie Hadbo ci tratta, con le sue vignette, come ha trattato i musulmani. Forse ora capiamo di più.

E sempre dallo stesso marciapiede dell’analisi:

 Cosa sono le penne al sugo e le lasagne? Uno degli stereotipi dell’Italia per gli stranieri.

Cosa sono gli stereotipi? Dei luoghi comuni frutto di una verità rintracciabile (effettivamente in Italia si mangiano molte penne al sugo e lasagne).

Cosa è, oramai e purtroppo, un “terremoto all’italiana”? Uno stereotipo.

E perché?

Perché in Italia si muore per terremoti di intensità 6.0 che in altri Paesi invece non causano alcun morto, perché si permette ai soliti ignoti di costruire in zone sismiche, tetti in cemento armato che collassando, schiacciano 300 fra donne, uomini e bambini, come delle lasagne, e perché non si stanzia alcun fondo per mettere in sicurezza le suddette case o nel caso in cui vengano stanziati, immediatamente e altrettanto misteriosamente, spariscono.

E’ indecoroso, feroce, oltraggioso permettere che muoiano centinaia di cittadine e cittadini, sepolti vivi sotto le macerie come delle lasagne, continuando a garantire impunità a chi costruisce, ai governi locali e nazionali, alle mafie

Con i dovuti paragoni ricordo che sono stati, per un tempo incalcolato, in classi a rischio crollo, minore ma pur sempre grave, centinaia di nostri figli che frequentano l’Istituto Parini.

Chissà chi era Charlie e chi cazzo è ora.

Poi resta sempre il dubbio che questi di Charlie non sappiano nulla dell’Italia e a loro interessa fare solo vignette disturbanti per creare scandalo.

Come priorità consiglio, prima di tutto a me stesso,  di preoccuparmi per come son costruite le case e le scuole più che per come son fatte le vignette.

TENDERSI LA MANO, gesto politico e olimpico

rifiutoSta facendo notizia il plateale rifiuto, alle olimpiadi in corso in Brasile, di un judoca egiziano di dare la mano ad un suo avversario israeliano.

Gesto ripetuto anche da un altro atleta, un boxeur siriano, che addirittura si è rifiutato di sfidare un atleta anch’esso israeliano.

Io credo che abbiano sbagliato.

Non per antisportività, che comunque conta, soprattutto simbolicamente in un’Olimpiade, non solo perché non è dato sapere se i due atleti israeliani erano piuttosto che filogovernativi, attivisti nonviolenti favorevoli ad un riconoscimento della Palestina e a una libertà e autodeterminazione del suo popolo.

Credo che abbiano sbagliato perché resto convinto che come “gesto politico” fosse molto più dirompente un abbraccio in mondovisione. Una beffa al potere, ai poteri, un riscatto dei popoli, un segnale di dialogo che nasce dal basso. Di rispetto.

L’abbiamo vissuto anche a Lecco, non tanto tempo fa, un gesto che ha fatto discutere, che ha fatto notizia, che ci ha permesso di interrogarci. Un velo occidentale, indossato dell’Assessore alla Cultura del Comune di Lecco, Simona Piazza, dentro la “moschea”, il luogo di preghiera del Centro culturale Assalam, un velo, un gesto, che non nascondeva ma che mostrava, svelava, comunicava, avvicinava.

O, ancor prima, i pranzi nelle case dei lecchesi a Natale promosso dalle Volontarie delle Lezioni di Italiano al Campo, con i ragazzi richiedenti asilo del Campo profughi del Bione.

Gesti simbolo di dialogo, di fiducia, di giustizia.

Capisco che non dare la mano vuole essere un gesto politico, ma mi chiedo se questa è l’unica politica e soprattutto la politica più efficace da parte di un’atleta, di un cittadino.

Non utilizzo argomentativamente il parametro facile di invitare ad immaginare tutti gli atleti alle Olimpiadi che rifiutano la stretta di mano  – o addirittura di sfidare  – un atleta italiano, perché si sa, vero che si sa, che l’italiano è mafioso, dopato, e venditore di armi ai Paesi islamici in guerra o, quello di immaginare di vedere noi stessi come l’atleta italiano a cui tutti rifiutano per questa ragione di dare la mano o di sfidare.

Saremmo contenti perché così vuol dire vincere l’oro o, invece, arrabbiati perché noi non siamo il nostro Governo, la mafia e tutto il resto?

Ecco io credo che come cittadini, e quindi nell’occasione come atleti, bisogna provare sempre a fare del dialogo e del rispetto la propria stella polare, mantenendo chiara la rotta per costruire una società dove vi sia spazio per tutti e nessuno spiraglio, invece, per la paura, onda cavalcata già da troppi esponenti politici che soffiano sul fuoco dell’odio, del razzismo e del terrore.

Non significa non vedere i drammi che il popolo palestinese subisce, quotidianamente, e le politiche barbare e inumane del Governo d’Israele, ma come ci ha insegnato Vittorio Arrigoni, dobbiamo imparare a Restare (o tornare) Umani.

I gesti di pace aiutano più che quelli d’odio. L’abbiamo visto anche qui a Lecco, fatti da esponenti delle Istituzioni e anche da semplici cittadini.

Così abbiamo capito cos’è un’opera d’arte. E’ voler male a qualcuno o a qualcosa. Ripensarci sopra a lungo. Farsi aiutare dagli amici in un paziente lavoro di squadra. Pian piano viene fuori quello che di vero c’è sotto l’odio. Nasce l’opera d’arte: una mano tesa al nemico perchè cambi.

(Lettera a una professoressa) Don LORENZO MILANI e i ragazzi della scuola di BARBIANA

 

“scoop”: I PROMESSI SPOSI: la lettera di LUCIA A RENZO

promessi sposi darkCaro Renzo, vi scrivo da un posto orribile.

Spero con tutto il cuore che, semmai ci rincontreremo, non sarà qui, un luogo pregno di dolore, piaghe, morte. Non angosciatevi, anch’io sono stata colpita dal morbo, ma ne sono uscita bene, e presto uscirò anche da qui.
In realtà vi scrivo per dirvi che meglio ancora sarebbe se non ci rincontrassimo più, quantomeno in questo mondo, dove già non ci si deve star molto.
Il motivo per cui sarebbe meglio che le nostre strade si dividessero non è tanto il voto, del quale sarete già stato messo al corrente da mia madre, ma si tratta di ben altro. No, non inalberatevi, nessun altro uomo. Si tratta di una donna. No, di nuovo non inalberatevi, nessun lesbismo. Quella donna sono io stessa.
Parliamoci chiaro, questa donna, Lucia, non può fare per voi. Non potrebbe ragionevolmente fare per nessuno; quantomeno come moglie non l’augurerei a nessuno.

Non stupitevi se mi prendo la libertà di parlare così di me stessa: su questa pagina è zona franca, extra romanzo, fuori dalla giurisdizione del nostro Creatore (il sig. Manzoni).

Qui posso finalmente dire cosa penso davvero del personaggetto bigotto che mi è stato affibbiato, della sua grettezza morale, sentimentalismo superficiale, profondo egoismo, vasta ignoranza, scarso quoziente intellettivo.

Diciamo subito che se questa promessa di castità mi ha cavato di impaccio là nel castello dell’Innominato, un bel vantaggio nevvero, un’insperata via di fuga, d’altro canto non è che abbia comportato per me chissà quale sacrificio. In fondo che ne so io di amplessi, di orgasmi, ma anche semplicemente di petting? Non ne so nulla, non so letteralmente cosa mi perdo. Occhio non vede, non ha mai visto, cuore non duole.

Certo, ora il bacchettone di turno salterà su a precisare che la vita di coppia, familiare, matrimoniale non è fatta solo di quello, d’accordo, ma provate a togliere quello… Non so, forse voi, che siete uomo di mondo, avrete idee meno vaghe in materia, voi potete meglio immaginare cosa perdete, ma lo perdete voi mica io. Il voto coinvolge anche il mio promesso sposo in prima persona, mi sono mai chiesta che conseguenze questo comporta sul suo animo? Può darsi. E la risposta? Affari suoi. Mi dimentichi.
E voi, non voi Renzo, voi lettori manzoniani, questo me lo chiamate amore.
E’ un grande amore. Grande amore per me stessa, per l’animaccia mia promessa alla Madonna che quando starà lassù verrà premiata; voi non so, per voi meno timorati non ne sarei tanto sicura, ma in fondo sono fatti vostri. L’importante sono io e soltanto io. Una volta che mi sono garantita una comoda posizione nell’aldilà, questo mondo può pure fottersi e sprofondare nella peste.

E quand’anche un fra’ Cristoforo dovesse convincermi del contrario (in un discorsetto di cinque minuti, eh! tanto salde sono le mie convinzioni), che questo voto vale nulla, che possiamo convolare a nozze, ebbene io vi dico che anche in questo caso questa storia non sarebbe a lieto fine.
Sarebbe una meschina storia piccolo borghese dove i protagonisti, una volta ottenuto il loro piccolo orticello, dimenticherebbero (peggio, perdonerebbero) ben presto le soperchierie dei potenti, dei prepotenti. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Voi diventereste uno di quei padroncini di filatoio, un piccolo imprenditore brianzolo, non so se mi spiego, di quelli che si incarogniscono per le pretese dei lavoranti. Bella roba.

Tuttavia a pensarci bene, una come me, come mi ha disegnato il sig. Creatore intendo, non si troverebbe affatto male a trascorrere il resto della vita lì fissa a scrutare un orizzonte che si ferma al tetto, della villetta come della fabbrichetta.

Caro Renzo, scusa se passo al tu, ma perché credi che l’incipit di questa lettera contenga le coordinate per farmi trovare se davvero non volessi farmi trovare? Perché mi dico e contraddico, io vorrei, non vorrei, ma se vuoi… oh che gran guazzabuglio è il cuore umano! Per questo? No. Perché vorrei, voglio e ottengo la buona coscienza a buon mercato, l’amor sacro e l’amor profano, la botte piena e la moglie ubriaca (anche se non toccherei nemmeno un goccio, a meno che non me lo offrisse fra’ Cristoforo, in tal caso anche un botellòn, alla spagnola). Perché so mentire con cortesia, cinismo e vigliaccheria e ho fatto dell’ipocrisia la mia formula di poesia (cit.)
Renzo, sei sveglio, te la sei sempre cavata, sei pratico, pragmatico, anche fortunato, certo. Una fortuna non comprata tramite voti di scambio, senza fioretti alla Madonna, e questo dovrebbe dirci qualcosa.

Sinceramente non capisco cosa ci trovi in me, fossi almeno figa capirei (non lo dico per falsa modestia, è sempre il sig. Creatore che mi disegna così) ma non lo sono, e del resto Pescarenico non è che offra granché. Dove lo trovo un altro tontolone che mi si piglia. Dai, vienimi a prendere, che se va bene ci fottiamo pure i soldi d’una vedovaccia che c’ho per le mani.

E se questa lettera ti ha un po’ confuso, credimi, s’è fatto apposta.

(dal genio dentro la penna dell’ex Khorakhaneker Pococurante, un fantabosco di lettera per l’estate)

MILAN AI CINESI. Andiamo a comandare

FEDEZMilan ai cinesi; il futuro è iniziato davvero. Il futuro sembrava davvero cominciato quell’inverno all’alba dell’86, quando in curva sud, dietro lo striscione della Fossa, invocavamo a squarciagola Silvio! Silvio! Dal baratro del fallimento alle porte del paradiso; un futuro pieno di promesse (stramantenute).

Ricordo un’intervista sul Guerin Sportivo al neo presidente che rispondeva così all’ultima domanda ‘che accadrebbe se nei prossimi cinque anni il Milan non dovesse vincere lo scudetto?’ ‘E’ una domanda senza risposta perché l’ipotesi è impossibile.’

Immagino i discorsi che doveva tenere ai suoi ‘giuocatori’ in camera caritatis a Milanello: ragazzi, viviamo un’epoca storica, siete parte della mia narrazione, il futuro dell’Italia dipende anche da voi. Vi pago, vi pago bene, voi vincete, io vinco, facciamo i soldi e andiamo a comandare!
Al cinema davano Ritorno al futuro, Gorbaciov parlava di perestroika, Reagan e Thatcher completavano l’opera e Sabrina Salerno ci deliziava con la sua voce e i suoi bellissimi occhi…
Insomma gli anni ’80, i peggiori anni della nostra vita (se escludiamo appunto le gioie calcistiche)

Trent’anni dopo, proprio il loop temporale di Ritorno al futuro, il futuro ricomincia. Un futuro pieno di minacce (temo stramantenute). Un futuro cinese, per loro, per i comandanti. Tibetano, per tutti gli altri.

Se ci sono due cose che trovo insopportabili sono obbedire e comandare (le posso sopportare solo sporadicamente, a sprazzi). Non capisco chi riesce a sopportarle sistematicamente, anzi manco le sopporta, le cerca! Accetta bovinamente l’idea che sia naturale una società fondata sulla gerarchia. E allora i penultimi, i terzultimi si sentono autorizzati a punire chi sta sotto di loro.

Anche i più sfigati possono sentirsi a modo loro dei Fedez, dei Rovazzi che cacano in testa a chi è ancora più sfigato mentre scrutano questo bel futuro che si profila all’orizzonte dall’alto di grattacieli costruiti non con i soldi sporchi della ‘ndrangheta ma con quelli puliti e profumati di diritti umani dei fondi cinesi e qatarioti. Andiamo a comandare.

l’analisi definitiva di Pococurante

MILAN

I PATELLI CHE NON SI LAVANO E CHE SI DIMENTICANO

pannolinoRicordo. Era una sera quasi piovosa di primo autunno, e il vento dal Resegone soffiava in faccia a chi guardava il Palazzo Comunale illuminato dalle luci della sera.
Quella sera erano accese anche quelle della Sala Consigliare.
Era lunedì 28 settembre 2015, erano quasi le 19 e lo sparuto pubblico non pagante di cittadini stavano entrando per ascoltare una proposta che più che rivoluzionaria stava – secondo lui – fortemente a cuore al consigliere Gianluca Cine Corti di Appello per Lecco che l’aveva annunciata in pompa magna sui social network.

Incentivi per l’uso dei pannolini lavabili per le famiglie lecchesi.
“Il Comune promuova l’uso dei pannolini lavabili, con campagne di informazioni, prodotti omaggio o con la riduzione della tassa sui rifiuti” , aveva detto

Il giorno dopo, già alle prime luci della mattina, si poteva leggere su tutti i giornali, il comunicato stampa, e la proposta del consigliere e le infinite condivisioni.
“Se li usi sconto sulle tasse”.

Quello che non erano riusciti a fare nella passata legislatura diversi cittadini che lo avevano proposto a  tutti i partiti in campagna elettorale, che avevano scritto a tutti i capigruppo, ad Assessore e poi, nuovamente, ad ogni consigliere, trovando ascolto solo in Zamperini, Magni e Parisi, oggi, il 28 settembre 2015 – finalmente, grazie ad Appello per Lecco e al suo Capogruppo che – diceva – aveva preso a cuore la vicenda, si sentiva aria di sapone e primavera.

Era solo questione di crederci, di attenzione e di stare con il fiato sul collo all’Amministrazione, se questo lo fa un consigliere, per giunta di maggioranza, il risultato doveva essere garantito.

Poi il sole cala, la notte prende tutto il cielo e la stampa non può seguire tutto, così le stagioni passano, il vento soffia in faccia ad altro, e ti accorgi che son passate nuove lune, mesi e mesi.

Se ne accorge un cittadino (Mauro Milesi) che sui social network, (sei di Lecco se…) usati a più non posso dai politici del fare per magnificare le loro opere, (ma pronti, però, a scappare alla prima critica) così, inopportunamente, osa chiede al promotore dell’iniziativa dei patelli lavabili del “se li usi sconto sulle tasse”, la domanda delle domande: “a che punto sta?”

E Gianluca Cine Corti, per nulla abbagliato da tanta velocità, non può far altro che scrivere: “Mi impegnerò a ri-sollecitare la cosa…”.
Ebbene si, di grazia, ben 7 mesi dopo. 7mesi dopo!! Si impegnerà.
Una proposta quasi morta per abbandono dello stesso proponente.

In un’azienda privata era giusta causa di sanzione.
Qui a Lecco basta l’annuncio per prendere applausi.

Che sembra da tempo l’unico lo scopo di troppi consiglieri.
E’ pieno di politici del far credere
Forse bisogna suggerire alla stampa una rubrica del “che fine ha fatto?”