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CECCHINI AI PARCHEGGI

La risposta del Sindaco Brivio al disagio evidenziato dalla lettrice Adelaide Colombo in merito alla problematica parcheggi, sembra voler entrare nel merito, invece, schiva i quesiti, li lambisce, li accarezza, li capovolge, li sposta, e, in diversi casi, addirittura non li affronta.

I ragazzi che presidiano i parcheggi sono fastidiosi e mettono ansia? Si concordo. I ragazzi che vendono cianfrusaglie fanno concorrenza sleale? No, ma quando mai. I ragazzi che rivendono il ticket orario del parcheggio non completamente utilizzato fanno un danno alle casse del Comune? Ma va la. Il problema del degrado del centro città è dovuto all’alcolismo? Magari. Il problema del caro parcheggio? Non affrontato. In altre parole il Sindaco ha gettato più fumo che sostanza.

E’ vero che è accerchiato dai suoi e dall’opposizione che vedono nella presenza di tanti migranti nei parcheggi del centro il massimo danno per la città, però suvvia. Ha fatto mettere, con il nuovo comandate dei Vigili, Franco Morizio a contendergli la scena di sceriffo, una pattuglia stabile al parcheggio di via Nava e un’altra che gira spesso e volentieri nei paraggi.

Populismo, evidentemente temporaneo, spostando in altri luoghi della città i venditori non autorizzati (occhio non vede elettore non duole?) e buchi di controllo altrettanto evidenti dei Vigili, essendo il Corpo di polizia sotto organico.

Ci si è chiesti cosa non fanno più, che controlli non fanno più, questi solerti vigili sceriffi essendo appostati come cecchini nei parcheggi del Centro?

Dire, continuare a dire che i ragazzi ai parcheggi sono venditori che fanno concorrenza sleale ai commercianti è nella logica, una palese bugia. Vendono cianfrusaglie anche i negozi del centro? E quando offrono portafogli e borsette “griffate” a 30 euro mi sembra palese che chi li compra sa già, prima, che sono tarocche, false firme, e che non sono le stesse dei negozi della creme cittadina.

Sul ticket dei parcheggi vorrei domandare al Sindaco se il furto alla collettività lo fanno i ragazzi che in una forma di mutualità, lo rivendono per il tempo pagato e non utilizzato al successivo automobilista o il Comune stesso che non prevede le frazioni di ora nel costo del parcheggio. Un’automobilista è costretto a pagare, come ricordava la lettrice, anche per il tempo che non lo usa. Qui il Sindaco, senza vigili e interventi divini potrebbe, da solo e subito, provvedere a non mettere le mani nelle tasche senza dare il resto. Ma non lo fa.

Gli atti vandalici, il degrado del centro non è dato maggiormente dall’eccesso di alcol ma dalla maleducazione, dal poco senso civico, dall’interesse egoistico di molti commercianti e residenti.

Infine una proposta di cui gli utili potrebbero in parte essere reinvestiti in progetti sociali per i migranti oggi costretti  ad inventarsi venditori non autorizzati.  I vigili e non solo loro, in borghese, al posto di fare da cecchini ai parcheggi li si faccia girare dentro e fuori i negozi del centro per verificare se vengono emessi sempre gli scontrini, perché il danno alla collettività, visti i conti, è senz’altro più evidente nel non farli nei bar che nei parcheggi.

L’ETICA NELL’ECONOMIA E’ UNA BRUTTA BESTIA

Il lavoro è tutto uguale? Proviamo, per capirlo, per rispondere, a metterci nella scala delle priorità.

E’ importante, perché forse è arrivato il tempo, malgrado la pubblicità, malgrado la televisione, malgrado tutto, che sempre di più si vedrà la gente che ha pochi soldi e li deve spendere meglio li spenderà con una scala di priorità che somiglia molto ad una scala etica. E ci sarà sempre più riflesso, somiglianza, sincronia tra una scala di priorità e una scala di valori. Perché l’etica alla fine dei conti è figlia della volontà di ognuno di soddisfare i propri bisogni. Anzi, della necessità di farlo. Così, se oggi dicono che sei inutile perché lavori in una fabbrica che fa macchine per abbronzatura, non stanno dicendo qualcosa campato per aria. Perché non appena una famiglia taglia i consumi, prima del cibo (nutrirsi) verrai tagliato tu. Prima delle medicine (curarsi) verrai tagliato tu. Prima delle case (abitare), prima dei vestiti (coprirsi), verrai tu.

Perché è un dato di fatto, in questi tempi di crisi, che in qualsiasi scala dei bisogni, ovvero dei valori, abbronzarsi nel solarium vale zero. E non appena si porta il consumatore a scegliere (cioè lo si lascia libero di scegliere) secondo una scala di valori, cioè una scala fondata sui bisogni, l’economia diventa etica. E la tua azienda di macchine per pigmentare idioti chiude.

E non è etico anche questo? Nessuno ha mai detto che l’etica sia una passeggiata. E tanto più potrà dirlo adesso. Per trent’anni, quest’economia, questi guru, questi venditori di fumo e di reclame, di consigli per gli acquisti, di top brand, hanno rincoglionito la gente spiegando loro che no, anche le lampade abbronzanti fossero una cosa bella. Che sprecare 300 persone a costruirle fosse bello. Che fosse “lavoro”.

Che fosse “valore”! Ma oggi, di fronte ad una crisi, ad un filotto di schifezze finanziarie, la verità balza sotto gli occhi: siamo i primi a cadere. Siamo stati giudicati inutili da 60 milioni di persone. Una gigantesca elezione, un momento di democrazia assoluta, nel quale gli “elettori” si sono chiesti chi buttare dalla torre, e hanno scelto la fabbrica di lampade per abbronzatura. Hanno scelto la chirurgia estetica che gonfia le tette, l’agopuntura per il gatto, le pubbliche relazioni per il garden party, l’arredamento feng shui. Zac, tagliati.

Da una scelta, da un modello etico, perché la famiglia impoverita sceglie basandosi sui bisogni. Che è “etica” allo stato puro. E il cibo? E l’acqua? E le medicine? No, quelle non si tagliano. La si può vedere, toccare, quindi, l’etica?

I RECINTI SENZA BUOI. Tra Bandi e solite delocalizzazioni

Se mi è consentito vorrei dissentire dalla denuncia esposta  giovedì 17 sulla Provincia, da due ditte del “territorio” (Lovers e Tessitura Majocchi) in merito agli appalti per la fornitura di divise per le Poste.

Capisco che era l’anniversario del 150° dell’Unità d’Italia ma credo ci sia stato troppo patriottismo.

Ci sono molti motivi per ritenere un pianto fuori tempo massimo quello esplicitato ieri. Posso perciò esprimere una solidarietà formale ma le ragioni non reggono.

E’ il solito vizio egoistico degli imprenditori che chiedono di chiudere il recinto quando i buoi sono già scappati. Qui non è in discussione se il prezzo limite fissato nell’appalto delle Poste sia o meno incompatibile con i costi di produzione europei, come dicono le due ditte .

Qui è in discussione, vorrei che fosse in discussione, il fatto che oggi ci si lamenta, si lamentano per le stesse politiche che loro hanno attuato, o sfruttato, fin dagli  scorsi decenni e che gli ha fatto fare ottimi affari.

Qui c’è ben poco di made in Italy. Qui di italiano ci sono solo gli utili ed i dividendi. La fabbrica, 600 operai, dell’azienda che si lamenta non è in Brianza, è, da 20 anni, in Romania. Qui ci sono nemmeno 20 dipendenti, famiglia compresa. Continua la lettura di I RECINTI SENZA BUOI. Tra Bandi e solite delocalizzazioni

una proposta per LA CITTADELLA DELLA LUCE

Forse ci sono due strade che non sono ancora state pensate per sostenere il Progetto 4L per salvare cioè la Fabbrica Leuci di Lecco da una fine ingloriosa.

La prima non è un disquisire in termini teorici e retorici ma c’era – ci sarà – un modo, pubblico e concreto, per far sì che la “Cittadella della Luce-Leuci”, possa trovare forza, gambe salde,  concretezza e sostenibilità. Cioè che trovi commesse e dia lavoro, che contribuisca a sviluppare una nuova linfa di economia locale con ricadute positive sul territorio.

La prima strada è quella che l’azionariato che si sta cercando di formare sia composto, come per Silea o Lrh Lario Reti Holding, dagli Enti pubblici della Provincia. I quali possono investire, ognuno, cifre relativamente non esorbitanti per i loro bilanci o pensare di raccoglierle attraverso l’emissione di BOC, Buoni ordinari comunali, finalizzati ad un progetto specifico, in questo caso la Cittadella della Luce.

Essere i soli azionisti, dovrebbe permettere di creare una società in house, ad esclusivo o prevalente servizio degli stessi soci, e conseguentemente di affidarle direttamente tutti gli appalti per introdurre i Led, il fotovoltaico Solar print ecc.

Immaginiamo, infatti, quanto i Comuni potrebbero aver bisogno di queste tecnologie e servizi, a partire dall’illuminazione pubblica stradale, la segnaletica semaforica, la produzione di corrente elettrica e riscaldamento questo dopo un’adeguata coibentazione degli edifici e delle scuole pubbliche, e ancora le lampade e i punti luce interni agli edifici comunali …Cioè senza andare a cercare appalti e commesse al massimo ribasso, cosa oggi invece pressoché obbligatoria, la nuova realtà societaria avrebbe per i primi anni, per un quinquennio e più almeno, la strada tracciata per una sostenibilità economica  ed uno sviluppo anche lavorativo.

Una strada che non sarebbe peregrina se il ministro Tremonti e questa maggioranza non avessero introdotto un divieto. L’Art.23-bis della legge 133-2008 che vieta, infatti, categoricamente questi sostegni, questi affidamenti diretti. Ma uno spiraglio ci sarebbe, c’è. Nei prossimi mesi sarà indetto il referendum abrogativo di questo articolo, legato e promosso per salvare l’acqua pubblica dalla speculazione e dai profitti dei privati.

Se vincesse il SI all’abrogazione di questo articolo, oltre a salvare l’acqua pubblica, si riuscirebbe a sostenere, per l’interesse collettivo dei cittadini anche attività come quelle della Cittadella della Luce, o quantomeno ci sarebbe una possibilità in più.

La seconda strada, che potrebbe diventare la prima, è quella di affiancare a imprese del settore che si stanno sollecitando, ed eventualmente ai Boc, un’associazione degli amici della Cittadella della Luce, (come quella degli amici dell’Ospedale Manzoni – un poco più rappresentativa) da creare ad hoc, per fare una cordata di singoli privati, modello azionariato popolare (ma non per vendere/comprare isolette locali tramite procacciatori di affari) per intervenire – ognuno con quel che può – con alcune quote da aggiungere a quelle delle imprese locali alle quali, coem incentivo temporaneo potrebbe essere parzialmente compensata la stessa  con lavori di adeguamento energetico nei loro stabilimenti, aziende, servendosi dei prodotti e della progettazione di 4L, la Cittadella della Luce.

Di Leuci ne abbiamo già parlato qui e qui

CEPPI bui e abbagli DI LUCE

Caro Direttore, ho letto l’intervento sulla “cittadella della luce” pubblicato sulla Provincia mercoledì 8 dic.2010 .
Se serviva comprendere come è possibile vendere qualcosa che non c’è per fare affari, fare capitalismo, la lezioncina angolofona dell’architetto progettista, ma fa più glamour dire designer, Giulio Ceppi, è perfetta.
Siamo inevitabilmente un territorio che si basa sul prodotto e sulla capacità di lavorare “laurà, laurà, laurà” senza tanti divertimenti e fronzoli. Manufatturiero e sudore ma evidentemente non siamo capaci di fare impresa. Non siamo più capaci. Non siamo in grado di stare al passo con i tempi. Implicitamente si invitano le diverse associazioni di categoria a mettere subito nella cartelletta dei corsi di aggiornamento giornate di formazione su venture design, vision, sensorialità sostenibile, design thinking.  Cioè le solite espressioni anglofone che tutto significano e nulla significano. Da restare sconcertati.
Un gruppo di lavoratori che non si sono pianti addosso hanno messo in piedi un Progetto su un percorso di studio e di competenza, hanno faticato a trovare ascolto e forse, ora, appoggio delle Istituzioni (Comune, Provincia, Università) e ora arriva il designer Ceppi e boom con la sua matitina ben temperata decreta la fine di Leuci e del Progetto “Cittadella della Luce”, se non l’ascoltano.

Non vorrei essere altrettanto saccente ma consiglierei ai soggetti che si sono appena visti il loro impegno, competenze e studio cancellati senza attenuanti da un colpo di matita, di resistere. Continua la lettura di CEPPI bui e abbagli DI LUCE

SONO UN CAPITALISTA

Sono un capitalista.

Sono un capitalista e me la passo bene. Possiedo molti beni, molti immobili in giro per il mondo. Aerei privati per il business e imbarcazioni da diporto. Faccio vacanze in località che voi nemmeno vi sognate.

Sono un capitalista da sempre, come quasi tutti quelli della mia generazione. Ho ereditato i capitali dai miei avi, sono nato capitalista. Non è difficile fare il capitalista, non servono particolari competenze. Non serve avere una grande cultura né elevato q.i.

Non serve nemmeno lavorare, se è per quello. Sono i capitali che lavorano per te. Che corrono in giro per il mondo, tornando indietro con gli interessi.

I soldi si fanno con i soldi, non con il lavoro.

Ci sono dei fessi che si ammazzano di lavoro dalla mattina alla sera e non fanno altro che accumulare debiti. A volte ci penso, la mattina mentre faccio colazione e guardo giù in strada, dal mio attico. Tutti in coda verso il lavoro, con le loro macchinine comprate a rate … Dio mio, che patetici!

Certo, per fare il capitalista qualcosina devi saper fare. La cosa più importante che occorre saper fare è parlare bene in pubblico, figa, questo è fondamentale. Bisogna saper parlare bene in pubblico tanto più se il pubblico è già ben predisposto, come per es. la platea di Rimini. Quella del meeting dell’amicizia (amici di chi?).

Quella di comunione, fatturazione, sussidiarietà e oplà: sempre dalla parte degli ultimi, come conviene ad ogni buon cristiano. Infatti sono stati ospitati per esporre le loro ragioni gli ultimi, gli umili, gli oppressi. E se non siete nemmeno capaci di parlare bene in pubblico (come me, per es.), non c’è problema. Esistono figure specializzate (si chiamano manager) che voi pagate (tanto, ahimè) e le mandate là a parlare in vece vostra. Continua la lettura di SONO UN CAPITALISTA