EUCOOKIELAW_BANNER_TITLE

GIU LE MANI DA QUESTE MANI

Dedicata a chi non c’è spiegazione che gli possa far intendere che è sbagliato, che è solo l’inizio di una brutta storia, la solita, fatta di uomini che pretendono di essere migliori di altri uomini con le conseguenze tragiche che già mille volte si sono compiute.

Ma davvero possiamo credere che archiviando i segni delle mani dei bambini figli di chi non ci piace, macchiandole con inchiostro rubato ai calamai, potremo vivere meglio e sentirci più sicuri?

Non verrebbe da sé un mondo migliore e giusto da una società che fosse in grado di legiferare a beneficio di tutti gli uomini sapendo poi farle rispettare quelle stesse leggi?

Senza magari sospendere processi in corso che danno fastidio a chi non ha bisogno di sporcarsi le mani per rubare la democrazia e la dignità?

O è meglio forse mettere avanti le mani sporcando piccole mani innocenti ree unicamente di aver preso forma dentro una roulotte o sotto ad un ponte?

Giù le mani da queste mani!

IL BEL PAESE : rete lecchese per la tutela del territorio

Si è costituita nella nostra città una Rete che si è data il nome :

“IL BEL PAESErete lecchese per la tutela del territorio

La Rete vuole mettere a confronto e unire cittadini singoli e associati che danno vita sul territorio della nostra città a comitati o consigli spontanei che avversano le scelte urbanistiche ed edificatorie, rese possibili dal vigente piano regolatore, che stanno rendendo ulteriormente invivibile e caotica la nostra città.

Producendo inoltre forme di preclusione ai cittadini e alle nostre comunità territoriali dalle scelte fondamentali di convivenza urbana. Con l’evidente rischio, invece, di continuare ad avvantaggiare e favorire, pochi poteri forti che, nel nome dell’urbanistica contrattata, possono decidere del destino della maggioranza dei cittadini; generando contemporaneamente una percezione non trasparente tra amministratori e interessi economici ristretti, che allontanano i più da qualsiasi impegno civico e sociale.  La Rete è manifestazione dell’autonomo organizzarsi della società civica.  Le espressioni della società politica quali i partiti non sono in quanto tali in esso presenti e rappresentati. La Rete ritiene che partiti e istituzioni, possano e debbano essere interlocutori ma nel riconoscimento della loro diversità e distinzione di ruoli e funzioni. 

Gli obiettivi prioritari della Rete sono:

mettere in collegamento i Comitati spontanei che si sono già costituiti nel territorio

promuovere o sostenere la nascita di nuovi comitati o consigli spontanei, in presenza di aree o zone del nostro territorio che hanno una destinazione a rischio speculativo o ambientale.

condividere con i Comitati/consigli una comune idea dello sviluppo della città e delle sue aree, muovendosi sul duplice lato della difesa e tutela del territorio e dall’altra della proposta e della promozione di un territorio autosostenibile.

La Rete ritiene fondamentale che debba essere considerato come elemento della proposta anche il NON FARE urbano ed edificatorio, valutando riduttivo, dal punto di vista ambientale, stimare le alternative progettuali come esclusivamente espressioni della categoria del fare. La prospettiva della RETE si muove in primo luogo nella direzione della PREVENZIONE e non vuole limitarsi a intervenire solo a posteriori per tamponare o contenere i danni, prodotti da pianificazioni sbagliate. 

Una Rete che conseguentemente porti la sua attenzione, formulando alternative possibili, in primo luogo sulla discussione e approvazione del nuovo PGT (Piano di Governo del Territorio) e degli altri strumenti di pianificazione. E’ essenziale a questi fini promuovere una cultura e una formazione civica diffusa sull’uso dei suoli e del territorio urbano. Cultura e formazione in cui la Rete si impegna direttamente ma a cui sollecita anche le istituzioni del territorio, come Comune e Provincia, perché impegnino le loro risorse formative e informative non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per le realtà aggregative e singole della società.

La Rete a cui abbiamo dato vita vuole riuscire ad esercitare una cultura civica, critica, selettiva, di controllo su tutte quelle attività di trasformazione urbana e territoriale, che con il contributo fondamentale delle decisioni dell’Amministrazione Comunale e degli altri Enti pubblici coinvolgono e determinano – direttamente o meno – la qualità della vita urbana e della quotidianità degli abitanti. 

IL BEL PAESE – rete lecchese per la tutela del territorio

sito web: retebelpaese.it        mail: info@retebelpaese.it telefono: 0341.1840073

La Rete è promossa da  Centro Khorakhané, Qui Lecco Libera, Comitato Caviate, Comitato ViviAmo Germanedo, Ass.ne naturalistica lombarda, Arci Provinciale Lecco, Attac Lecco e da diversi singoli cittadini e cittadine   

 

SIAMO TUTTI CLANDESTINI

Siamo tutti clandestini, perchè quando per Legge viene imposta la stella gialla l’unico modo per renderla innocua è indossarla tutti.
Segnaliamo qui di seguito un chiaro e condividisibile appello che vi invitiamo a  sottsocrivere e divulgare:  

LETTERA APERTA

Siamo associazioni e singoli cittadini del territorio lecchese, che guardano con sempre maggiore preoccupazione quanto sta accadendo in Italia: le aggressioni agli insediamenti rom, le deportazioni, i roghi degenerati in veri e propri pogrom, la caccia agli immigrati; le gravi misure del pacchetto sicurezza, la militarizzazione del territorio,l’attacco alle libertà democratiche.

Ancora una volta risuonano purtroppo veritieri i versi di Brecht: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari/ e fui contento, perché rubacchiavano” ma continuando su questa strada di rifiuto del diverso e delle minoranze, complice il nostro silenzio e si suppone con il nostro beneplacito, c’è il pericolo che si inveri anche il finale “Un giorno vennero a prendere anche me,/ e non c’era rimasto nessuno a protestare”.

Stiamo raccogliendo i frutti  di quanto è stato seminato e sottovalutato  in questi ultimi vent’anni, in cui abbiamo assistito al diffondersi di mitologie neo-etniche, al ritorno di ideologie razziste e alla loro banalizzazione. Finora in Italia la cultura democratica ha impedito il riaffermarsi di un senso comune razzista e pratiche razziste di massa.

Ma nel momento in cui nell’immaginario e nella coscienza collettiva il razzismo cessasse di apparire una pratica censurabile, per assumere i connotati di una reazione legittima a minacce reali o presunte, cioè una nuova forma di “diritto”, allora metteremmo a repentaglio le fondamenta stesse della convivenza civile e della democrazia, e ci troveremmo a vivere tutti in una sorta di far west.

Per questo riteniamo importante rompere il silenzio e invitare tutti coloro, che ritengono sia necessario fare qualcosa, a “battere un colpo”.

Renata Addis, della parrocchia di san Giovanni Lecco; Maria Andreotti, Associazione Italia-Nicaragua; Anna Anghileri, Les Cultures; Manuela Bartesaghi; Mariarosa Beretta; Mariuccia Buttironi, Rete Radiè Resch; Valeria Campagni; Carla Casiroli, Pax Christi; Mauro Castelli, Mir Sada Progetto per la Pace; Giacinta Codega, delle Acli provinciali Lecco; Micol Dell’Oro, Mani Tese Bulciago; Dario Figini, Rete di Lilliput; Roberto Meregalli, Beati i Costruttori di Pace; Federica Spreafico

DIVENTA CLANDESTINO

Vi offriamo/proponiamo la possibilità di autodenunciarvi in ogni momento della vostra vita, passeggiando e andando in bus, al ristorante o in un negozio: la maglietta che dichiara il vostro stato di clandestino[agli occhi di Berlusconi, Veltroni, ecc.].
Sarà un’estate caldissima, affrontatela con la coscienza più leggera.

A NOI COSTA 10 € – E COSI ANCHE A VOI (non si specula, tantomeno sulle tragedie) 

qui trovate info su chi la produce, la confeziona, a chi vanno i soldi www.carta.org/attachments/pdf/0000/1124/20autodenuncia.pdf

qui info sulla sartoria Rom che lavora la maglietta clandestina  www.carta.org/campagne/migranti/rom%2Be%2Bsinti/14147

 

LA SANITA’ E’ MERCIFICATA: E ALLORA PERCHE’ STUPIRSI?

Il recente caso della “clinica degli orrori” a Milano a riportato alla luce il grave problema legato all’attività privata nel campo della sanità. Le raccapriccianti intercettazioni che hanno incriminato i medici della clinica Santa Rita (che, se passerà la Legge proposta dal Governo, non potranno più essere fatte) hanno portato a galla una realtà inevitabile, un binomio (quello tra sanità e capitale) che per natura non può coesistere.

Qui sotto riportiamo una lettera pubblicata su la provincia di lecco  di mercoledi 18 giugno che nella sua pacatezza è molto “inchiodante” (se ti poni le domande o sei fottuto o sono fottuti)

Caro Direttore,                                                                                                                                           Lo scandalo della clinica di Santa Rita provoca indignazione. Dinnanzi a notizie di questo genere, la coscienza avverte quello che Montanelli descriveva come un sussulto, aggiungendo, in un suo scritto lucidissimo come sempre, che la vita nazionale procede con sussulti delle coscienze e rinvii della giustizia, ma che in fondo, a parte qualche piccola increspatura tutto poi si appiattisce nell’indifferenza più totale.
Ed anche in questo caso probabilmente le vicende si avvieranno su questa strada. Tuttavia quanto lascia perplessi è il finto stupore di taluni.

Quando sentiamo che la salute non deve essere mercificata fingiamo di non sapere che il legislatore ha denominato gli enti ospedalieri Aziende Sanitarie. L’azienda, nella sua specie, è una entità che genera profitto e quindi fingere scandalo ora perché questo profitto è cercato spesso al limite, ed oltre forse, del lecito e dell’etica lascia perplessi.
Non si giustifica nulla. Ma quanti esami clinici inutili vengono fatti effettuare da sanitari sempre pronti all’inchino dinnanzi all’amministrativo che osserva con compiacimento i numeri se sono alti o con disapprovazione quando seguono una curva discendente? Timore di perdere il posto, desiderio di mettersi in mostra:chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Però in tutto questo c’è qualcosa che non funziona: pubblico e privato si equivalgono nell’inseguire obiettivi che poco hanno a che vedere con quello che dovrebbe essere il principio base.
E cioè :l’uomo sofferente non dovrebbe essere fonte di lucro. (se vuoi leggere anche il resto, continua qui)

RAZZISTI? UN MANUALE PER PROVARE A SMETTERE

Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe successo così in fretta. I campi rom incendiati, il reato di immigrazione illegale, le espulsioni per i richiedenti asilo, le ronde. E quest’aria avvelenata che ha prima suscitato allarme dei nostri vicini spagnoli, poi quello di Amnesty International, dell’Onu e, infine, anche del Vaticano. Troppe cose e troppo in fretta per attribuirne la responsabilità al risultato elettorale. Il nuovo clima politico può aver contribuito a far cadere certi pudori, può aver fatto sentire legittimati i vari giustizieri fai-da-te, ma un paese non cambia da un momento all’altro. Il fatto è che, come spesso “glialtrinoi” ha sottolineato, siamo il paese dei “norapperi”, i “non razzisti però…”. La novità è che negli ultimi mesi quel “però” è diventato enorme perché ognuno l’ha nutrito col proprio malessere.

Un libro appena uscito per Laterza, fin dal titolo – “Sono razzista ma sto cercando di smettere” – enuncia il problema e, nel contempo, suggerisce un percorso per uscirne. I due autori, Guido Barbujani e Pietro Cheli, sono rispettivamente un docente di genetica e un giornalista. Hanno messo assieme le loro competenze per svolgere una pacata riflessione sul “però” e hanno raggiunto una conclusione spietata: non basta aver ragione, non bastano i buoni argomenti.

Per esempio, la ragione (la scienza) ha da tempo escluso la possibilità di dividere l’umanità in razze. Quelli che negli ultimi tre secoli ci hanno provato, da Linneo alla polizia inglese, passando per il nostro Biasutti, hanno proposto una tale varietà di classificazioni (da tre diverse razze fino a più di cinquanta) da aver ottenuto il solo risultato di dimostrare l’impossibilità dell’impresa. Verrebbe da sorridere nel leggere dei “negroidi” e dei “tartari”, dei “caucasici” e degli “australoidi”, dei “melanesiani” e dei “lapponi”, se dopo non si scoprisse che il pregiudizio razzista resiste a dispetto di tutto. E non solo tra le reclute delle ronde anti-immigrati ma anche nel mondo scientifico. E’ di pochi mesi fa l’intervista al “Sunday Times” del premio Nobel James Watson che (salvo poi, come un qualunque politico italiano, sostenere di essere stato frainteso) si è detto pessimista sul futuro dell’Africa per via della “dimostrata” minore intelligenza dei neri. (se vuoi leggere anche il resto, continua qui)

a forza di essere vento