Archivi categoria: Campagne

PIANO CAVE IN COMUNE

Lo scorso giovedì 14 marzo abbiamo assistito alla Commissione comunale avente per oggetto l’illustrazione della proposta del nuovo Piano cave provinciale, in vista della sua imminente approvazione. Oltre agli amministratori, i commissari e i tecnici provinciali, non c’era nessuno. Salvo noi, tra il pubblico (quanto sono lontane ormai le elezioni). Un giornalista , il cronista de Il Giorno.

Venendo al merito, è confermato quel che già si sapeva, purtoppo, e cioè che il Comune di Lecco non ha la minima intenzione d’essere parte attiva nella tutela e salvaguardia del suo territorio. A parte il consigliere d’opposizione Stefano Parolari -l’unico che ha dato quanto meno l’impressione di aver letto le carte e le schede in discussione- nessuno ha saputo spendere una ragione credibile. A favore o contro il pesantissimo conto presentato dal piano: oltre 10 milioni di metri cubi da estrarre, da qui ai prossimi vent’anni. Del tutto irrilevanti le domande poste ai tecnici. “Bisogna capire bene il punto di partenza, capire cosa vogliamo farne delle montagne fra vent’anni, quali montagne vogliamo lasciare ai nostri figli in termine di fruibilità” ha aggiunto -tra il paradossale e il provocatorio- il consigliere pd Angelibusi, a favore del Piano. Mentre sul telo in fondo veniva proiettata una scheda riportante: Vaiolo Alta, Valle Oscura “totale sfruttamento”. Fine della disponibilità dell’escavato.

Il Comune, in questi due anni di iter del Piano, ha fatto troppo poco per far valere quanto mano la sua idea di difesa del territorio. Afono se non assente alle Conferenze di VAS, la Valutazione ambientale strategica. Incapace di presentare un’osservazione.

Nel frattempo, il Piano Cave Provinciale che sarà approvato nella seduta del Consiglio provinciale di fine mese, o più probabilmente di inizio aprile, segna quota meno 12.250.000 di metri cubi di rocce per uso industriale dal monte Magnodeno. Anche perché “la valutazione dei quantitativi di rocce per usi industriali e pietrischi è bastata esclusivamente sugli effettivi fabbisogni di alimentazione degli impianti di lavorazione ovunque ubicati, indipendentemente dalle richieste del mercato locale, rapportati anche ai quantitativi estratti nel decennio precedente” (punto 4 pag.21 Piano Cave relazione tecnica. Dove la sostenibilità ambientale è valutata in base al fabbisogno delle aziende cavatrici.

Che fare? Noi, com’è noto, abbiamo chiesto, insieme a 500 cittadini, lo stralcio delle cave lecchesi. Il Comune di Lecco, che si è guardato bene dal chiederlo, avrà 60 giorni di tempo dopo l’approvazione da parte della Provincia delle prossime settimane, così come tutti i cittadini, per ripensarci, per fare osservazioni, per fare quello che fin qui non ha fatto, malgrado questo Piano sia nelle mani di quell’assessorato e assessore, l’Ambiente. E non accettiamo presunte ragioni di cassa, visti gli introiti riconosciuti al Comune da chi cava: 0,49 euro al metro cubo. Risorse che a ben vedere non bastano nemmeno per sistemare il manto stradale che ogni anno, soprattutto in Corso Bergamo, ma non solo, si rompe e va rifatto, a causa del continuo transito di tir stracarichi e pesanti con su le nostre montagne. È un addio ai monti che la città , seppur distratta, non si merita.

Qui Lecco Libera

La resa dei Derivati

1.120.000 Euro. E’ quanto La Deutsche  Bank restituirà, è proprio il caso di dirlo, al Comune di Lecco per i contratti in derivati sottoscritti nelle passate giunte leghiste e pdielliste. Ricordiamoci che era Gabriele Perossi l’Assessore di allora, un ciellino del PdL. Che, tonfio, disse pubblicamente:“é la migliore operazione che ho fatto fare al Comune”.

Oggi, finalmente, ci restituiscono non pochi soldi. Anzi una valanga. Da mettere in Bilancio non fosse, da ultimo, per evitare qualche alienazione del nostro patrimonio pubblico, per aumentare, invece di tagliare, i servizi alle famiglie.

Un merito che ci permettiamo di auto-riferirci, (*) dapprima come cittadini, che a quel tempo frequentavano e davano vita al Centro Khorakhané, che denunciò, nel silenzio fino allora assordante, il problema e continuò a farlo inisistentemente per anni insieme poi alla sola Qui Lecco Libera; un merito da attribuire all’Assessore Moschetti, sicuramente, che con testardaggine, acoltò e raccolse direttamente quella richiesta di verifica e denuncia, che  appena nominato diede il via all’iter necessario e che, insistentemente, ha fatto valere il problema in Giunta, un merito come Consigliere comunale, per aver più volte sottolineato il problema in Consiglio Comunale e per aver tenuto sotto pressione in questo modo Sindaco e Giunta. Contribuendo non in maniera marginale a questo risultato.

E però i dubbi persistono. Come è possibile che una Banca decida di versare una cifra così significativa, se poi si dice che il contratto è regolare? (ma lo è per davvero, poi?)

Capiamo l’interesse (di reputazione) di una Banca che ha in questo territorio il suo punto di riferimento per l’alta Italia, ma anche in questo caso la presunta “ beneficenza” non convince. Evidentemente quei contratti di derivato presentavano tali e tante zone d’ombra che il ristoro di questo 1.120.000 euri ne è la copertura stretta. Altro che i 400.000 in un primo tempo ventilati per una transazione “bonaria”.

Aver continuato a perseguire la via giudiziaria, senza desistere, come fortemente voluto dall’Assessore Moschetti, ha avuto un effettivo riscontro e risultato. Un passo importante, che crea un precedente e che sollecita a mantenere uno stesso atteggiamento anche nei confronti di BNP-Paribas, il cui contratto derivato stipulato con il Comune di Lecco è anche più gravoso e inquietante.

Ci domandiamo ora se non sia il caso che il Comune promuova e solleciti, a difesa del suo territorio, in primis le categorie imprenditoriali, perché buttino sul medesimo piatto, l’insieme di contratti di derivati che sicuramente la suddetta Banca e tante altre, hanno stipulato con imprese piccole, medie e grandi della nostra città, della nostra Provincia. Non sarà, ci domandiamo, che tante chiusure, tanti licenziamenti, tanti mancati investimenti dipendano, anche, da questi titoli tossici? Non sarebbe il caso di monitorare questa realtà anche fra i soggetti economici e sollecitare le rappresentanze di categoria a farsi carico (collettivamente) ancor più fortemente degli interessi dei loro soci?

Alessandro Magni, Consigliere Comunale FdS &Sel

(in collaborazione 😉 con Paolo Trezzi, Centro Khorakhanè)

(*)

Il Comune ha recuperato un milione di euro, grazie a noi

alla Deriva(ti) su quileccolibera.net

Il Signor Bonaventura del Lecch

Soldi Derivati e mai Ritornati

L’analisi finanaiaria che ancora manca

Beneficenza o restituzione?

Alcune domande sullo Swap al Comuen di Lecco…inevase

FUORIGIOCO. Ce ne vorrebbe una al giorno

Non moltissimi mesi fa anche al Bar Mojito del Viale Turati di Lecco è stato messo a  segno un furto.
Dalle prime notizie trapelate mi stavo dicendo: caspita tutta la mia solidarietà. Qui c’è gente che lavora e arrivano dei ladri a rovinare tutto. A vanificare gli sforzi di una giornata.
Mi sono così informato e cercato di approfondire. L’ho fatto.
Non vorrei sembrare cinico ma posso se non ritenermi contento almeno non provare nessun tipo di solidarietà?
Premesso che i furti, se non per fame, vanno (quasi) tutti condannati, è altrettanto vero che ci sono furti e furti.
Alcuni fanno girare le scatole, altri l’economia, altri sono restituzione del maltolto… Il furto in questione, infatti, senza procurare danni e spaventi diretti ad avventori e personale ha interessato esclusivamente le macchinette slot machine, i vodeopoker. Cioè quello strumento che da più fonti è accertato sia causa di disagio e dipendenza.

Un modo facile e pericoloso, in termini sociali (che sembrano apparentemente molto cari ai titolari del Mojito), seppur legale di far soldi (una montagna di soldi: “Il Mojito ci gratifica dicendoci quanto al giorno, fine settimana, mese, anno?) senza minimamente interessarsi e tener conto di tutto il dramma e la vulnerabilità che oramai quotidianamente anche le strutture ospedaliere e Asl registrano come patologia da questo tipo di gioco.
I videopoker, soprattutto in un locale altamente frequentato da giovani e adolescenti come lo è il Mojito, dovrebbero essere rapinati e messi fuori uso quotidanamente.
E gli stessi avventori, (vale per tutti i bar che hanno le macchinette) almeno fra quelli più sensibili e svegli dovrebbero lanciare una campagna di sensibilizzazione tipo: “Mojito (Bar x) o noi o le macchinette”. Sempre se pensano di contare qualcosa e non essere solo trattati come consumatori e spenditori di palanche.
Mi auguro fortemente quindi che i titolari del Mojito al posto di dare la caccia al ladro alla fine lo ringrazino perchè forse è stata l’occasione buona per svegliarli dal torpore della convenienza economica. Devono però far da soli, il Comune è tollerante.

Invito a guardare la “vignetta” e a proporla al proprio locale.

GRUPPO D’ACQUISTO CONTI CORRENTI

Si sentono sempre più spesso cittadini che si lamentano delle banche. Cittadini che dicono di vivere tutti i giorni sulla loro pelle i costi delle commissioni bancarie.

Le banche italiane sembrano, per questi cittadini, partire dal presupposto di fare un favore, tra l’altro ben remunerato, nel gestire i soldi che i clienti prestano loro e di richiedere onerosi interessi quando (quando?) sono loro a prestarglieli. Sempre più cittadini correntisti chiedono e si chiedono che cosa fanno le autorità competenti a parte ribadire che i costi sono elevati.

Sconsolati si trovano a ripetere se qualcuno riuscirà mai a fare qualcosa di concreto a favore dei correntisti italiani perché di fronte alle banche si è tutti indifesi. Ebbene io ho una lettura diversa. Che voglio condividere. Sui costi bancari da capogiro è vera l’analisi dei correntisti ma è arrendevole nelle soluzioni.

“Qualcuno riuscirà mai a fare qualcosa di concreto a favore dei correntisti italiani?” “Di fronte alle banche siamo tutti indifesi”. Permettetemi. Non è vero. O quantomeno non è così totalmente vero.

Siccome le banche ragionano per numeri e numeri, non certo col cuore, non le si può sconfiggere da soli. A meno che non si abbia un bel po’ di soldi. Ma se si ha un bel po’ di soldi è probabile che non si pensano più di tanto queste cose. Poi. Tra l’altro si fa prima ad andare dal Direttore della filiale e contrattarli i costi. Come si fa ad avere un (bel) po’ di soldi per incidere sulle scelte se non li si hanno? Intendo legalmente, il furto è lecito quasi sempre solo per fame. Semplice. Ci si unisce. Ci si mette assieme tra amici e conoscenti correntisti. Potreste creare un Gruppo d’Acquisto conti Correnti…

E la contrattazione con il Direttore, con la Banca, diventa un poco più equilibrata. Si è molto, molto, molto meno indifesi. Non ci credete? Provate. Toccate con mano. E’ l’uovo di Colombo, è la scoperta dell’acqua calda. Funziona o quantomeno ci si prova. Io la chiamo la tecnica exCondominio. Oggi i condomini aprono il conto per le spese comuni del Condominio presso una banca ma continuano a tenere i conti personali sparsi in varie banche.

Ecco, se invece ci si unisse in un’unica Banca, come si fosse un condominio, mantenendo però i propri conti correnti separati e con i valori, saldi, movimenti sempre sconosciuti agli altri (“condomini”) si potrebbero, si ottengono, condizioni ben più favorevoli. Risultati impensabili. Non serve sapere quanti soldi ha l’amico, l’altro socio. Non serve un conto unico Conti separati ma istanze comuni. Vince il numero, la quantità, il rischio di perdere i clienti. Oggi poi, molte banche fanno conti a gratis o quasi ai nuovi clienti, condizioni favorevoli. Ecco prendete il vostro potere nelle vostre mani. Provate a recarvi assieme dal Direttore vediamo chi vince.

Oggi le banche, come non mai, hanno bisogno di numeri, soldi e volumi. Tenetelo a mente anche voi, non solo loro. Conti separati ma istanze comuni.

Il primo che può far qualcosa per il correntista è il correntista stesso.

UN’ALTRA FINANZA E’ POSSIBILE. CONCRETAMENTE

Abbiamo vinto un premio prestigioso, lo ritira, anche per noi, Mag2.

Il latte è bianco. Ma lo senti, se chiudi gli occhi, il profumo della terra. Il verde delle colline mista di gialli e rossi sopra i campi, verde di erba ancora sui terrazzamenti. Perché il sapore del burro, delle caciotte, del grana, delle mozzarelle, degli yogurt,  viene da lì. Un latte, un profumo, un cammino a ritmi di una civiltà che ti si ripropone davanti. Una storia che, per un’azienda, stava per chiudere. Di colpo, come il latte bollente che straripa dal pentolino e spegne il gas. Ed invece, questa storia, questa azienda, è stata salvata dal fallimento grazie ad un esperimento di finanza “dal basso” interessante, specie in tempi in cui più di un’impresa su dieci fatica ad avere accesso al credito. Una fatica comune perché le banche ed il sistema del credito non finanziano sufficientemente il futuro ma la speculazione.

Era il 4 gennaio 2009. Domenica. Ricevemmo via mail come altri, soprattutto Gas, Gruppi di Acquisto Solidale, i clienti del Biocaseificio F.lli Tomasoni, la lettera che, come ogni anno, ad inizio anno, serviva per tracciare un bilancio consuntivo dell’anno appena chiuso e una traccia di quello appena  iniziato. Una lettera, una mail, ordinaria. Pensavamo.

Non era così. Era un grido di aiuto, in punta di piedi e con l’educazione dei contadini, sobria, modesta, dignitosa. Ma anche con poca pochissima speranza. Le bastonate della vita, i muri e le porte delle banche, anche quelle che avrebbero dovuto, dovevano, essere più solidali – più etiche – sempre più alti, sempre più chiuse rendevano un progetto di lavoro di quasi 200 anni – Tomasoni è un caseificio dal 1815 – destinato alla chiusura.

Per un problema di liquidità non di qualità e fatturati. Non colpa del mercato ma dei mercati. Non dell’economia reale ma di quella finanziaria. C’era poco tempo. Non c’era tempo. Un mese. Quel giorno, grazie a Tomasoni, riuscimmo a tracciare e poi concretizzare, un progetto di reale finanzia altra, finanza alternativa. L’opposto dei fondi etici quotati in borsa, che prestano denaro ad aziende che non ne hanno bisogno e tantomeno, va ricordato, del nostro.

Decidemmo di proporre immediatamente a chi ci stava e poteva starci, di salvarlo noi il Biocaseificio Tomasoni. Non un cavaliere bianco, nemmeno un finanziere dei solotti dell’alta finanza, tantomeno un fondo di private equity, per nulla un rentier alla Soros. Semplicemente i suoi clienti.

I Tomasoni erano, sono, gente per bene, molto più di semplici fornitori, erano fratelli. Tra di loro e con noi. Serviva solo trovare gli strumenti, il mezzo, per concretizzare l’altra economia Proponemmo 2 strade, parallele. Il Prefinanziamento della spesa e la sottoscrizione di quote di un “Fondo Tomasoni” tramite una coop o una MAG. Le due strade han dato ottimi frutti. Che non è, ovviamente, il Premio, seppur prestigioso. Ma aver contribuito a salvare un’azienda, con le sue famiglie e la sua qualità, senza diventarne i padroni e aver messo in moto un meccanismo “emulativo”, meccanismo che ha dato forza per altri progetti. Dimostrazione che un’altra finanzza è possibile. Concretamente. Se ne accorse, allora, pure il Corsera a il Sole24ore. (da cui non hanno imparato nulla)

Seppur, com giusto, questo premio è stato consegnato direttamente a Mag2, lo sentiamo molto anche nostro. Non per oggettiva primogenitura o per chissà quale ego da alimentare, ma per poter girarlo e condividerlo anche con voi.

SOLDI DERIVATI E MAI RITORNATI (ora c’è pure la sentenza nr 5032)

Mi stupisco ogni volta che c’è qualcuno che si stupisce. Leggi qui un investimento paradossale.

Mi stupisco dello spavento che un investitore, grande o piccolo che sia, famiglia o impresa che sia, azienda privata o Ente pubblico che sia manifesta quando gli dicono…“scusi abbiamo, forse, un problema. C’è crisi sul mercato c’è il rischio che…”

Mi stupisco perché prima sottoscrivono prodotti che non sanno cosa sono, come sono costruiti e per questo devono affidarsi alla fiducia di chi glieli vende e poi si accorgono che la fiducia l’han riposta nelle banche? Continua la lettura di SOLDI DERIVATI E MAI RITORNATI (ora c’è pure la sentenza nr 5032)