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UNA NOTTE NERA PER UNA LECCO ILLUMINATA

cioccolatoDomani, sabato, fino alle 23, la Festa del Cioccolato, iniziata ieri, diventa la Notte Nera. Degustazioni, tavolette, burro di cacao e colesterolo, ma quello buono, probabilmente fuso o fondente.

Vorrei far emergere, senza ammantarla da megaevento, o da Festival “Lecco Città dei Promessi Sposi” che è ben altra cosa per la Città, che questa iniziativa é comunque una bella cosa, positiva, per una Comunità.

L’eccellenza di un prodotto dentro uno spazio facilmente raggiungibile. Certo non è la Festa del Cioccolato di Perugia ma sono passi buoni per la città. Per noi. Ancor prima che turistici.

Se poi, a parer mio, nel futuro si allungassero gli stand lungo via Roma, e le vie intorno, se le vetrine fossero addobbate a tema, se ristoranti e bar offrissero parte di un menu a base di cioccolato e cacao; se ci posizionassero dei tavoli liberi in piazza e lungo le vie dove mangiare quello che lì si compra in autonomia, se si leggessero ad alta voce scritti e storie a tema, ci fossero corsi d pasticceria e cucina nei giorni precedenti o successivi, ect, sarebbe ancor più figo.

Ma, e sta qui la bontà e positività, non bisogna lamentarsi che non c’è (ancora o mai) tutto questo. Apprezzo e applaudo questo che c’è ora, e lo sostengo.  E, se condiviso dall’Amministrazione e dagli altri Promotori, e se ne sono in grado, (io e chiunque ovviamente) dare una mano per quelle cose che mancano.

Anche fosse solo mangiare un piatto di tagliolini al cacao e pinoli :-)

Ma non è perché ci si accontenta ma perché il bello e il buono bisogna sortirli assieme. Che sia cioccolato, cultura, sport, tempo.

È più di qualcosa di buono, è #BeneComune; non il cioccolato, ma voler bene a Lecco

IL CENTRO COTTURA E LA PARTECIPAZIONE FINITA FUORI MENU

VLUU L100, M100  / Samsung L100, M100

Era martedì 19 luglio 2016. Piazza Garibaldi, fronte Teatro.

La Giunta, quasi al completo, e un centinaio di cittadini. Occasione importante: “Un anno insieme a voi”.

Intervengono solo due cittadini. Un operatore del Mercato che vuole tornare in centro e il sottoscritto.

Tra le altre cose (ri)chiedo all’assessore Rizzolino quello che chiedo da anni. Valutare-seriamente- un Centro cottura (extra)comunale per il servizio di mensa scolastica. Come sua abitudine consolidata, in quello stile caricaturale da vecchio curato e da anziano barone di scuola, garantisce, anche stavolta millanta, un coinvolgimento di genitori, città, uffici e consiglieri per valutare – approfonditamente – la possibilità di dotare la città di questo servizio.

Obiettivamente uno strumento che migliorerebbe qualità del cibo, aspetti ecologici/ambientali e, nel medio lungo periodo, un risparmio economico per Comune e famiglie.

Oggi si legge che ha detto no al Centro Cottura. Decisione legittima, i ruoli decisionali spettano a Giunta e Consiglio mica ai social e piazze più o meno virtuali.

Ma quello che non sta in piedi, e un poco fa girare i piatti, sono le motivazioni: “Le verifiche che abbiamo fatto hanno dato esito negativo:non abbiamo a disposizione un edificio adatto, né aree per costruirlo. Abbiamo anche ipotizzato se vi fosse la sostenibilità economica per affidarne la realizzazione direttamente al vincitore della gara, ma i costi sono tali che avremmo dovuto prevedere o un affidamento di lunghissimo periodo oppure un aumento eccessivo del costo dei buoni pasto” ,

Quello che non è dato sapere,  in questo (più di un) anno di lavoro è però chi ha sentito, i verbali, quando e come ha coinvolto genitori, famiglie, cittadini e, oserei dire, commissioni e consiglieri. Perché non vi è traccia alcuna.

E quando parla di non sostenibilità poteva studiare – cosa che non ha evidentemente fatto – l’esperienza di Grugliasco, Comune piemontese grande come Lecco, con poli universitari e un Centro Cottura inizialmente gestito dal Comune con una Cooperativa sociale, prodotti locali/bio, recupero del calore, costato circa 2 milioni e abbattimento del prezzo del pasto per i cittadini. O quello di Empoli, 2000 mq per 4000 pasti al giorno, in un unico turno, che serve oltre che gli studenti anche altri Enti pubblici del Circondario. Idem per Settimo Torinese, Capannoli, Pistoia, o ancora Capannori.

Insomma volere è potere. Qui a Lecco l’Assessore Rizzolino avrebbe potuto valutare, coinvolgere e relazionare, le esigenze di Politecnico, Ospedale, altri Enti, il fabbisogno e la sinergia con i comuni limitrofi.

Invece, anche per questo giro, in tono curiale non se ne farà nulla. Con il forte peso indigesto sullo stomaco di non averci nemmeno provato.

Gli assessori, con evidenza, non sono tutti uguali ma uno come Rizzolino viene continuamente da chiedersi se è in grado, davvero, di farlo. A beneficio della città, si intende.

BIONE: L’ARABA FENICE DI UNA COMUNITA’

BIONELa vicenda del Centro sportivo Bione può diventare l’araba fenice per la città, non il relitto in fondo al lago.

Bisogna solo capire se si vuole buttare a fondo tutto, o, come insegnano storia e battaglie epiche, nei momenti di maggior difficoltà, unirsi e tornare a essere Comunità, o dimostrare di esserlo.

Io resto dell’idea che da queste cose e in questi momenti, si riconoscono uomini e interessi collettivi, e, conseguentemente, lupi e Bruti.

Sono altresì convinto che sebbene di errori ce ne siano stati – amministrativi e dirigenziali a Lecco e in Regione – e pure di errate valutazioni della complessità della materia, oggi sia meglio rimettersi a cucinare e non sedersi a tavola ad aspettare la pappa pronta di nuove elezioni. A prescindere se la firma del differimento della consegna, fatta con merito e coraggio dal Sindaco Brivio a fine anno, dovesse o meno essere valida e andare definitivamente in porto.

In altre parole, dopo l’eventuale chiusura, che si fa?

Perché le responsabilità vere qui sono decennali.

La strada di creare un Consorzio di gestione tra le società sportive lecchesi, mai purtroppo perseguito per litigiosità e incapacità delle stesse, può essere, per il Bando, una delle vie da valutare, attorno ad un tavolo?

Un Centro sportivo non solo di Lecco ma del territorio, con quindi una presa di coscienza e responsabilità di tutto il comprensivo lecchese, dal punto di vista economico, ma anche strettamente sportivo.

Un Tavolo dove, al di là degli schieramenti, il Sindaco Brivio coordini e si faccia garante di un Bene Comune, con il supporto concreto, pratico, dell’Assessore regionale Antonio Rossi, e del vicesegretario del Coni Carlo Mornati, lecchese pure lui. Immagino che a Regione e, soprattutto, Coni, quindi al massimo livello rappresentativo dello sport nazionale, un territorio importante come Lecco stia a cuore. O no?

E, insieme, Istituzioni e politica e, in primis, le società sportive più ricche e partecipate, penso all’Atletica Colombo, con i propri i sponsor, Colombo Costruzioni e Fiocchi Munizioni, potrebbero diventare compartecipi e volanoattraverso un fondo comunitario – con i cittadini e i tesserati – di quel mecenatismo e sostegno, anche non a fondo perduto, già nelle corde della storica borghesia, lecchese e non solo. Se è una questione di soldi (e non esclusivamente di norme) facendo due conti, non è un’impresa impossibile, anzi. 

Per giungere così, più rapidamente, là dove tutti ci si augura si voglia arrivare, ossia un Centro polisportivo di tutti e per tutti. Tutti. Anche nel momento del bisogno e non solo della gloria

GIOCO D’AZZARDO alcuni passi avanti con il Comune

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Leggo l’articolo del quuotidiano La Provincia di Lecco di oggi sul gioco d’azzardo e le dichiarazioni del vicesindaco Francesca Bonacina, altamente trionfanti: “una nostra battaglia vinta”, rivendicando, giustamente, un’ordinanza del Sindaco Brivio che mette dei paletti, importanti, sull’uso delle macchinette slot mangiasoldi. Orari un poco più ristretti (dalla 10 alle 24) e l’impossibilità di aprire questi locali a brevissima distanza dai luoghi sensibili, ossia scuole, chiese, centri anziani.

Il vicesindaco Bonacina fa bene a riventicare questo merito dell’Amministrazione.

Ogni azione di contrasto alla diffusione delle slot va sostenuto e premiato.

Va però ricordato, per continuare si a vedere il bicchiere mezzo pieno ma anche per non negare gli errori e alcuni meriti che non ci sono, che la stessa amministrazione, a differenza di quanto afferma nell’intervista. ha anche approvato un Regolamanto comunale che queste sale le aumentava, non bloccava o diminuiva.

Basta andare a rileggere appunto il: “Regolamento Comunale per la disciplina delle sale giochi”. Delibera nr.33 del 14 marzo 2011.

Lì dove il Comune poteva decidere – per la sua parte piccola o grande che fosse – il numero delle sale giochi da lui autorizzabili ha votato per aumentarle.

A-u-m-e-n-t-a-r-l-e. (Articolo 1 comma 3, mettendo un rapoporto sale/abitanti che ne pemetteva l’aumento)

E i nomi e le forze politiche che nell’articolo vengono elogiate per una campagna contro il gioco d’azzardo, (PD, Appello per Lecco e Italia dei Valori) hanno votato tutte a favore di questo incentivo, di questo aumento.

A margine di questa nota, che ormai è una cosa passata e di difficile rimedio, vorrei fare nuovamente una proposta per integrare la positività della nuova attenzione dell’Amministrazione espressa dal vicesindaco Francesca Bonacina, sul contrasto al gioco d’azzardo.

Visto che le stime parlano di un numero che varia dai 1700 ai 7500 giocatori patologici residenti in provincia e di un numero doppio di giocatori problematici, cioè coloro che utilizzano una parte significativa del proprio reddito per il gioco e che la spesa media annua a persona (neonati compresi) per il nostro territorio è di circa 1.400 euro e per un totale di oltre 460 milioni di euro. All’anno.

In tre brevi punti:

Coordinarsi  insieme Assessore all’Istruzione Salvatore Rizzolino e Dirigenti scolastici e Rettori in percorsi, sostenuti da Comune, Enti e associazioni, propedeutici a momenti formativi e di sensibilizzaione sul tema del contrasto al Gioco d’Azzardo, nelle varie Scuole di ogni ordine e e grado. Credo che il motore per un’efficace azione di sostegno per un contrasto concreto sia non colpevolizzare chi gioca ma sostenerlo in percorsi di consapevolezza e, far argine a chi non gioca perché non lo faccia.

Credo che il Comune tramite un apposito Atto debba altresì, vietare sponsorizzazioni, patrocini e sostegno e tutti quei rapporti non obbligatori per Legge, con i soggetti che, dopo un percorso di consapevolezza e confronto reciproco, – dentro un tempo determinato e misurabile –  scelgono lo stesso di tenere queste slot e, come forma più persuasiva, anche con chi co-organizza iniziative con gli stessi.

Nonchè di non accettare e di conseguenza non autorizzare iniziative pubbliche – anche copromosse o promosse o solo sostenute dallo stesso Comune (penso a Mostre, inziative turistiche, spettacoli e attività sportive e ludiche) dove tra gli sponsor, ci siano soggetti che, seppur legalmente, sostengono e diffondono l’uso del gioco d’azzardo. Qui conto sulla sensibilità dell’assessore alla Cultura Simona Piazza

Un’ultima modalità è quella di chiedervi – come stampa – di non enfatizzare vincite da “gratta e vinci”, limitare la pubblicità di questo tipo di mercato, di informare con frequenza dell’ammontare, immane, di spesa complessiva e procapite sul nostro territorio del gioco d’azzardo. Eancora delle irrisorie, e a volte nulle – si nulle – possibilità di vincita del gioco di azzardo. Nonché dei rischi e delle patologie che l’abuso da gioco genera. Credo valga la pena provarci

Io vedo sempre il bicchiere mezzo pieno.

 

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LE SCUOLE MATERNE PARITARIE E I SOLDI DI TUTTI O DI QUALCUNO

lecco_dati_scuole_4Le scuole materne paritarie a Lecco sono una risorsa. Da sempre.

Lo sono anche i soldi che il Comune ogni anno gli riconosce per questo ruolo a sostegno di un servizio, ora indispensabile, alla città.

Parliamo di oltre 1.300.000 euro ogni anno, cioè ben il 40% circa delle rette delle scuole materne private e questo vale anche per chi non è residente in città. (La Regione si ferma intorno al 3%).

Non mi soffermo, sebbene forse vada fatto, sul parallelismo che intanto nelle scuole primarie pubbliche non ci sono soldi per fare delle banalissime fotocopie e spesso si porta da casa pure sapone e carta igienica.

Non c’è bisogno di fare una guerra tra poveri.

Vorrei solo evidenziare che forse il ragionamento da fare è un altro.

Dal 2013 a oggi c’è stato un calo di iscrizioni, nelle 15 scuole paritarie (una ha addirittura chiuso) di quasi 200 bambini (177 il numero indicato dal Presidente dell’associazione scuole materne paritarie sig. Panzeri) da 1103 a 926.

Sarebbe cosa positiva che tale calo, in percentuale oltre il 15%, sia stornato anche dal contributo annuale riconosciuto dal Comune e proprio in questi giorni in approvazione in Consiglio, tantopiù che non ci si rimette in pari con i contributi “in esubero” degli anni scorsi.

Ma aggiungerei un ulteriore ragionamento di equità e giustizia che non tocca, proprio per questo, caratteri ideologici o politici, ma solo di buon senso. Che fa il paio con appunto quello della logica che vorrebbe che se prima si riconosceva un contributo per un certo numero di iscritti oggi questo vada ridotto in funzione degli iscritti reali attuali.

Il pezzo di ragionamento in più è quello che il Comune dovrebbe riconoscere il contributo procapite per bambino iscritto – anche se lo riconosce alla scuola e non direttamente all’iscritto) solo a quelli residenti a Lecco città e non a chi per scelta, comodità o altre valutazioni della famiglia, ha deciso di iscriverlo ad una scuola della città e non del proprio Comune di residenza.

Ad oggi dovrebbero essere circa il 15-20% degli iscritti totali.

Non è una cattiveria, una miope battaglia di razzismo o di innalzamento di muri ma una logica prettamente oggettiva.

L’Associazione delle scuole materne dovrebbe, più correttamente, fare convenzioni con quei Comuni di provenienza degli iscritti, e non riversare questi oneri sul Comune di Lecco, come peraltro mi pare sia anche riconosciuto dalle norme.

L’Associazione percepirebbe lo stesso ammontare complessivo di contributi ma ripartiti più equamente e correttamente tra i soggetti corretti

Un solo discorso di buon senso.

Che vedrebbe altresì liberarsi così, per il Comune di Lecco, risorse importanti (200/300.000 euro) ogni anno, per azioni amministrative di benessere e qualità della vita per i propri residenti e per completare quei servizi dai bambini agli anziani e disabili che tanto si sente il bisogno.

E’ chiedere troppo?

cibo a chilometro zero in piazza e nei ristoranti

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Riscoprire noi e far scoprire al turista alcuni piatti che ci rappresentano, anche per condividere un tempo comune

La notte bianca di sabato scorso è stata meravigliosa.

Lecco, istituzione compresa, ha dimostrato che ha tutte le potenzialità, gli ingredienti, per essere un’agorà di divertimento, cultura e comunità.

I musei aperti affollati fino a tardi e la cena mysecretdinner collettiva sul lungolago sono stati, a parer mio, le cose migliori, più caratterizzanti.

Un bel richiamo per i lecchesi e i turisti.

Non è semplice semplice ma perché, pur senza l’indubbia capacità organizzativa e di struttura che i promotori della cena segreta hanno dimostrato, non si può ragionare, con il supporto dell’Amministrazione Comunale per permessi, e Associazioni di categoria per quello logistico, a cene o pranzi, – più misurati – sul lungolago e nelle piazze, non solo del centro, – ma anche negli stessi ristoranti – con elemento caratterizzante non l’abito bianco, come è stato appunto per la cena di sabato, ma uno o più prodotti locali?

Mi spiego.

Una Proposta culturale, turistico-gastronomica per tutto l’anno.

Sia portando da casa il cibo sia, ancor più auspicabile, con le stesse abituali qualità della loro cucina, prendendolo da asporto fatto dai ristornati – quando si fa all’aperto – che, nell’occasione propongono un loro menu a “chilometro zero”.

E ci si ritrova in piazza, per festeggiare e condividere un tempo comune. E, di inverno, al posto delle piazze direttamente nei ristornati a prezzi calmierati. E, in entrambi i casi, intorno all’occasione del pranzo – all’aperto o nei ristorati – promuovere attività ludiche e culturali.

I piatti a “chilometro zer0” sono quelli cucinati fornendosi per gli acquisti prevalentemente (esclusivamente) dei prodotti del circondario o dei territori vicini accompagnati nell’occasione comunitaria con adeguata sottolineatura: la storia, la ricetta, il metodo di coltivazione, il produttore… altrettanto vale per i ristornati proponendoli così alla propria clientela.

Il resto lo fa, e lo deve fare, le capacità e l’inventiva del cuoco del ristorante o di casa.

Magari recuperando anche ricette più o meno antiche.

Quanti buoni vini della Valle del Curone e di Montevecchia vediamo evidenziati nelle carte dei Vini dei nostri ristoranti? E l’asparago rosa di Mezzago, l’ottimo olio d’oliva di Perledo? Il prosciutto crudo di Oggiono? I dolci di cioccolato di Lecco? I caviadini di Introbio? I formaggi di capra e pecora dei Piani Resinelli? Il farro antico o il mais biologico di Monte Marenzo? Il pane cotto nel forno a legna di Colle Brianza? La Birra Cruda del comasco, di Lecco e Galbiate?

La Meascia poi meriterebbe un capitolo a parte, ma chi la trova più o sa cos’è?

Ed il miele bio della Valsassina e della Brianza? La patata di Campodolcino o le mele di Torre de Busi? Le castagne secche …? Riusciamo a degustare solo i taleggi, qualche porcino e sempre meno i missoltini. Un po’ poco o sbaglio?

Riscoprire noi e far scoprire al turista anche alcuni piatti che più e meglio ci rappresentano: l’accoppiata: riso e luganega, l’Ugiada: minestra d’orzo ineguagliabile, il Manzo alla California, la Zuppa di ciliegie e marasche, la già citata Meascia che ormai si propone in solo qualche raro e raffinato pranzo casalingo…

E chissà quante me ne dimentico.

Insomma credo che sarebbe bello se provassimo a valorizzare il bello e il buono che abbiamo in modalità diverse.

Ho esagerato con l’utopia o c’è chi raccoglie l’invito?