Archivi categoria: Finanza & Etica

RISPARMIATORI E INVESTITORI la domanda che non si pone

bail in

E meno male che c’è stato il “Decreto salva banche”.

Essendo la Banca Etruria socia di maggioranza della nostra Banca popolare Lecchese, con il 54,2125 del capitale, forse è per quello che il tema, anche qui sul lago, ci sta a cuore, ci interessa.
Leggiamo ogni articolo e un poco ci spaventiamo e un poco tiriamo su il fiato.

Si legge di tutto, sui giornali nazionali, e poco o nulla su quelli locali. Sarebbe, invece, buona cosa sapere, per esempio, e innanzitutto se gli sportelli locali della Banca popolare Lecchese “han fatto” sottoscrivere ai propri clienti azioni della Banca locale e quelle della Capogruppo. Se i gestori locali, i funzionari, i direttori, e gli addetti titoli e risparmio “han fatto” sottoscrivere solo obbligazioni ordinarie o anche quelle convertibili.

Non è un’informazione da poco. Per nulla. Lì in mezzo, c’è il mare dove nuotano pescioloni, su una sponda ci sono i risparmiatori, sull’altra gli investitori. Qualcuno finirà sul lastrico, qualcun’altro ha solo visto passare veloce la freccia di Guglielmo Tell e spaccare in due la mela. Salvandosi.

Alcune cose le sapremo, forse, dall’assembea dei soci del 18 dicembre, altre cose è bene chiederle, fin da subito.

Il Decreto Legge del 22 novembre, intanto, è buona cosa che ci sia stato.Forse ha pure un merito, secondario o addirittura non ascrivibile alle voci contabili, ma quello importante di far emergere che c’è differenza tra risparmiatori e investitori e che è sempre meglio, doveroso e tutelante, leggere prima e con calma quello che si compra. Quello che si firma. Anche se sono 40 pagine, soprattutto se sono 40 pagine

Perchè può sembrare cattivo ma è giusto che i crack delle banche siano pagati dagli azionisti (e dai clienti) e non sempre dallo Stato, ossia da tutti. (nel 2013 il debito pubblico europeo è aumentato anche per questo di oltre 400 miliardi di euro)

Ed è questo quello che fa il Decreto e è questo quello che farà, dal 1 gennaio 2016, in tutta Europa, la direttiva BRRD

il famoso e oscuro “bail-in” (salvataggio interno).
E’ bene ricordare – e ricordarsi – che in questi anni, ormai quasi una decina, le Banche, in tutta Europa, sono state salvate spesso e volentieri, dall’intervento degli Stati. Ovvia dei Contribuenti. Quindi anche di chi sta leggendo questo pezzullo e non ha nemmeno un conto in banca. Non intendo in quelle salvate ma prorio in nessuna.

Era, forse, necessario e inevitabile per non mandare a monte il sistema, sarebbe stata buona cosa prendere anche, contemporaneamente, altri provvedimenti tutelanti e ridistributivi, ma questo è un altro discorso.

Dal 1 gennaio 2016 per tutte le banche e, in parte, dal 22 novembre per queste 4 Banche nella cronaca di questi giorni (Banca Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti) è previsto e normato che nel risanamento rientrino oltre agli azionisti che è cosa risaputa, anche i risparmi degli obbligazionisti. Cioè, non solo chi ha titoli di capitale (cioè è per una parte padrone della banca) ma anche chi detiene titoli di debito, chi ha prestato soldi, in cambio di un interesse alla società, in questo caso le banche (con i BOT, BTP, per fare un esempio, si prestano allo Stato).

Però, e qui sta la differenza e, fortunatamente, una differenza importante, solo a chi detiene obbligazioni subordinate di queste banche.

Che cosa sono le obbligazioni subordinate? Particolari titoli di debito classificati come ad alto rischio ed elevato rendimento, spesso con lunghe scadenze. Infatti la cronaca ci dice che gli interessi pagati ai possessori di queste obbligazioni erano anche del 5% e del 8%. Se teniemo conto, come molti già sanno, che i tassi pagati per esempio ai possessori di BOT sono dello 0,1% (si, dello zero!!!).

Queste obbligazioni, a fronte di questi maggiori rischi e maggior remunerazione, in caso di crack dell’emittente (non sempre le banche vendono i prodotti solo della propria banca, è bene controllare) vengono rimborsate solo in subordine – cioè dopo – rispetto ad altre obbligazioni più sicure.
Ovvio, non è escluso che diversi risparmiatori abbiano sottoscritto questi titoli, diventando investitori, non pienamente consapevoli del rischio, attratti dal tasso di interesse o perchè mal spiegato. E’ buona cosa, “precauzionale”, oggi non firmare (ex-post) nulla di cui queste banche – e altre – ci propongano nella contrattualistica. Portare a casa i prospetti, la modulistica e leggerla con calma.

Così da poter verificare se tutta la documentazione precedente sia stata raccolta con correttezza e il profilo di rischio del cliente sia stato adeguato al tipo di prodotto acquistato. Si ha diritto, senza nessun costo, ad avere tutta la documentazione relativa alle operazioni fatte e all’apertura del deposito titoli necessario per l’acquisto di azioni e obbligazioni. (vale la pena buttarci un occhio, vero?)

Per le quattro banche nella cronaca di questi giorni si parla di un crack che vede coinvolte circa 2 miliardi d euro di azioni e poco meno di 800 milioni di euro di obbligazioni subordinate.
Dal 1 gennaio 2016 per queste crisi, con la Direttiva Europea che abbiamo sopra ricordato, è previsto che il salvataggio coinvolgerà innanzitutto in una scala di importanza: azionisti (i soci della banca), obbligazionisti subordinati (appunto come successo per queste banche, oggi), gli altri obbligazionisti e i correntisti titolari di depositi oltre i 100.000 euro.

Questo piano di salvataggio e risanamento, dovrà essere condiviso dall’Autorità e peserà su questi soggetti se il bail-in non è stato applicato ad almeno l’8% delle passività della banca.

Chi deteneva obbligazioni subordinate, di queste 4 banche se le è viste valutate e forzatamente convertite in azioni.  I possessori delle obbligazioni sono passati da essere creditori della banca (avevano dato i soldi in cambio di un interesse) a essere azionisti (cioè “soci, padroni”), partecipando quindi in pieno al rischio di impresa.

Poichè le azioni sono svalutate e il capitale è pressoché azzerato, purtroppo finiscono per perdere, in parte o tutto, il loro investimento. A fronte di questo parte un’azione per andare a recuperare i crediti che la banca vanta(va) nei confronti di terzi, cioè i soldi che la banca aveva prestato a sua volta.
Quelli complicati da riscuote (si chiamano crediti in sofferenza) vengono svalutati e trasferiti in una scatola creata ad hoc (una bad bank) con il solo scopo di cercare di portare a casa il salvabile. La parte buona o sana di ciò che resta della banca viene trasferita in un’altra scatola (bridge bank), la cui gestione e amministrazione viene affidata alle autorità di controllo, – è per questo che hanno azzerato tutti i vertici di queste banche – nell’attesa e sparanza di una successiva vendita sul mercato.

Per far continuare l’attività bancaria dell’Etruria e delle altre è stato creato un fondo di risoluzione, cioè un fondo di salvataggio con soldi di altre banche, nessuno dello Stato. Le banche, chiamate in questo caso ad alimentare questo fodno sono le prime tre per importanza nazionale Unicredit, Intesa ed Ubi. Il tutto per un totale di 1 miliardo e 300 milioni ciascuna. E’ un prestito, che avranno restituito entro un anno e mezzo a tassi di mercato.

Per tornare a bomba quindi l’anello del danno e del pericolo è proprio figlio della manncanza di informazione e ad una scarsa o assente cultura finanziaria dei risparmiatori.
Non è il Decreto Legge salvabanche che ha truffato i risparmiatori ma, nel caso, dalle banche e ahimè, duole dirlo dalla, a volte, inconsapevole, scarsa conoscenza e lungimiranza, del risparmiatore, a volte, mai troppo poca dalla gola di interessi più alti.
Da quando in qua le banche regalano soldi?

(continua…)

Qualcosa di stonato

Deve esserci un “pazzo” ai vertici dell’ufficio marketing del gruppo Banca Etica.
E molti pazzi, ai vertici, che lo lasciano fare.
Mi sono letteralmente imbattuto nei due stand attigui di Etica sgr e di Banca Etica qualche mese fa alla Fiera Fa la Cosa Giusta di Milano, la decima edizione della Fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita, del week end di metà marzo scorso, e son rimasto senza parole.
Sulla sinistra il box di Etica sgr, con bella gente, un buon numero di visitatori che chiedevano informazioni e ragazzi e ragazze spigliate a rispondere. Così su quello di destra, della banca, di Banca Etica. Diversi pieghevoli sempre bella gente, un altrettanto buon numero di visitatori che chiedevano informazioni ad altre ragazzi e ragazze spigliate a rispondere. La finanza etica in Italia è viva. Nonostante la crisi.

Due grandi cartelloni facevano da cornice all’inizio di ognuno di questi stand.

Il primo, quello di Etica sgr con lo slogan: “Contro corrente non contro profitto”… poi quello di banca Etica, stessa forma, diverso slogan, lo storico: “Banca Etica perché l’interesse più alto è quello di tutti”.
Va tutto bene?
Qualcosa stona anche a voi?
Non è un indovinello da settimana enigmistica.
Tocca a voi, però, se vi va.
Non si vince nulla e non scommettiamo nemmeno sull’interesse del post
ma uno ne approfitti.
(…continua)

DERIVATI – ACCORDO E RESPONSABILITA’ Il Comune deve essere trasparente

Sulla questione del rimborso da 1.120.000 euro al Comune per famigerati Derivati non mi interessa evidenziare i miei e di QuiLeccoLibera meriti. (Li si lascia volentieri a marginali consiglieri). Non mi interessa non solo perché inoppugnabili, ma soprattutto perché è, adesso, più importante far emergere le responsabilità che sono sottaciute o poco evidenziate.

Innanzitutto é bene ribadire, infatti, che questo famigerato strumento finanziario, non era obbligatorio sottoscriverlo. É stata una scelta politica e dirigenziale. Questa scelta ha responsabilità ben chiare. Ha nomi e cognomi.

L’allora sindaco leghista Bodega, l’assessore Pdl/ciellino Perossi, e i dirigenti Bruna Forno e, l’ancora in carica, Michele Brivio. Che significa che queste persone hanno sottoscritto, per conto e rischio della città, uno strumento finanziario che, come minimo – lo si è dimostrato – non conoscevano appieno, non erano in grado di valutarlo nella sua totalità. Ed era, è, un titolo da decine di milioni di euro!!!!… Non poca cosa. Eppure tutti impuniti. Oltre un milione di euro recuperati con i denti e sfinimento e nessuna nota di biasimo.

Un’ulteriore punto è che è quantomeno paradossale che il Comune non prosegua l’azione  giudiziaria solo perché rimborsato. L’Amministrazione di Milano, in una vicenda angola, ha firmato sì l’accettazione del rimborso ma non si è sottratta ai suoi doveri etici e di giustizia. Non ha permesso che un principio etico avesse la parvenza di essere stato barattato, mercanteggiato.

Infine, ma non secondaria, è l’opacità dell’Accordo tra Comune e Deutsche Bank che va stigmatizzata, e per questo va chiesto che, nella sua totalità, venga resa disponibile in maniera trasparente.

Se la Banca, e il Comune, nulla hanno da nascondere – come dicono – è doveroso, essendo soldi dei cittadini e non di Sindaco e Banca, che lo rendano pubblico, così come, peraltro, tutta la documentazione (Contratti, Allegatio, Delibere, Accordi, Perizie, flussi di cassa dello swap, estretti conto).

Ne scopriremmo, probabilmente, delle belle.

PS: tanto che ci siamo controlliamoli tutti i contratti con DB, (Tesoreria in primis) vedi mai…

La resa dei Derivati

1.120.000 Euro. E’ quanto La Deutsche  Bank restituirà, è proprio il caso di dirlo, al Comune di Lecco per i contratti in derivati sottoscritti nelle passate giunte leghiste e pdielliste. Ricordiamoci che era Gabriele Perossi l’Assessore di allora, un ciellino del PdL. Che, tonfio, disse pubblicamente:“é la migliore operazione che ho fatto fare al Comune”.

Oggi, finalmente, ci restituiscono non pochi soldi. Anzi una valanga. Da mettere in Bilancio non fosse, da ultimo, per evitare qualche alienazione del nostro patrimonio pubblico, per aumentare, invece di tagliare, i servizi alle famiglie.

Un merito che ci permettiamo di auto-riferirci, (*) dapprima come cittadini, che a quel tempo frequentavano e davano vita al Centro Khorakhané, che denunciò, nel silenzio fino allora assordante, il problema e continuò a farlo inisistentemente per anni insieme poi alla sola Qui Lecco Libera; un merito da attribuire all’Assessore Moschetti, sicuramente, che con testardaggine, acoltò e raccolse direttamente quella richiesta di verifica e denuncia, che  appena nominato diede il via all’iter necessario e che, insistentemente, ha fatto valere il problema in Giunta, un merito come Consigliere comunale, per aver più volte sottolineato il problema in Consiglio Comunale e per aver tenuto sotto pressione in questo modo Sindaco e Giunta. Contribuendo non in maniera marginale a questo risultato.

E però i dubbi persistono. Come è possibile che una Banca decida di versare una cifra così significativa, se poi si dice che il contratto è regolare? (ma lo è per davvero, poi?)

Capiamo l’interesse (di reputazione) di una Banca che ha in questo territorio il suo punto di riferimento per l’alta Italia, ma anche in questo caso la presunta “ beneficenza” non convince. Evidentemente quei contratti di derivato presentavano tali e tante zone d’ombra che il ristoro di questo 1.120.000 euri ne è la copertura stretta. Altro che i 400.000 in un primo tempo ventilati per una transazione “bonaria”.

Aver continuato a perseguire la via giudiziaria, senza desistere, come fortemente voluto dall’Assessore Moschetti, ha avuto un effettivo riscontro e risultato. Un passo importante, che crea un precedente e che sollecita a mantenere uno stesso atteggiamento anche nei confronti di BNP-Paribas, il cui contratto derivato stipulato con il Comune di Lecco è anche più gravoso e inquietante.

Ci domandiamo ora se non sia il caso che il Comune promuova e solleciti, a difesa del suo territorio, in primis le categorie imprenditoriali, perché buttino sul medesimo piatto, l’insieme di contratti di derivati che sicuramente la suddetta Banca e tante altre, hanno stipulato con imprese piccole, medie e grandi della nostra città, della nostra Provincia. Non sarà, ci domandiamo, che tante chiusure, tanti licenziamenti, tanti mancati investimenti dipendano, anche, da questi titoli tossici? Non sarebbe il caso di monitorare questa realtà anche fra i soggetti economici e sollecitare le rappresentanze di categoria a farsi carico (collettivamente) ancor più fortemente degli interessi dei loro soci?

Alessandro Magni, Consigliere Comunale FdS &Sel

(in collaborazione 😉 con Paolo Trezzi, Centro Khorakhanè)

(*)

Il Comune ha recuperato un milione di euro, grazie a noi

alla Deriva(ti) su quileccolibera.net

Il Signor Bonaventura del Lecch

Soldi Derivati e mai Ritornati

L’analisi finanaiaria che ancora manca

Beneficenza o restituzione?

Alcune domande sullo Swap al Comuen di Lecco…inevase

UN PARADISO MASCHERATO (parte3)

Il Belgio, oggi, con Depardieu e gli altri francesi che si incazzano, ( post 1 e 2) può sfruttare molte lacune degli altri stati dell’Unione. Essere un paradiso fiscale grazie alla sua ricetta cucinata per attrarre come commensali i ricchi contribuenti. Ad iniziare dai confinanti francesi. Una nouvelle cuisine fatta di sottrazioni. Un paradiso Fiscale mascherato.

Un tavolo sempre apparecchiato per i detentori di capitali che non hanno, qui, la necessità di fare la coda, prenotare, dichiarare buonissima parte delle proprie portate, plusvalenze e dividendi. Mascherato sotto la campana di qualche vassoio. Le imposte sul reddito infatti negli ultimi anni sono ammontate al 46% del prodotto interno lordo (Pil), cioè addirittura di più che in Francia (44%) Per gli altri ristoranti, quelli per i commensali a menu fisso, infatti, i piatti, i redditi da lavoro sono soggetti ad altrettanto importanti prelievi, con una tassazione progressiva con tassi marginali superiori che si avvicinano anche al 50%, in linea con i fratelli maggiori Francesi. Anche per i redditi da capitale, tra l’8,5 e il 10% del Pil, si equivalgono francesi e belgi.

Ma allora come fa il Regno Belga ad accogliere, attrarre, i fuggiaschi, ad avere ristoranti con posti riservati?

Nel trucco, nella maschera. In una salsa che copre i gusti, maschera i sapori, i profumi, le pietanze. La maggior parte dei contribuenti continua ad essere sottoposta a prelievi tra i più importanti in Europa, chi beneficia di una rendita, invece, può godere, gode, di un regime particolarmente favorevole, di piatti con cibi freschi e di qualità. La cucina del Ristorante Belgio ha infatti adottato il regime di ritenuta d’imposta liberatoria: le società o istituzioni finanziarie che versano interessi/dividendi prelevano una tassa proporzionale (15% nel 2009) sugli importi versati, la quale dispensa il contribuente commensale da ogni imposta ulteriore.

Una simile salsa non solo rende impossibile qualsiasi tassazione progressiva, ma impedisce anche di valutare con precisione cosa c’è sotto, gli ingredienti usati, la distribuzione dei redditi, in quanto l’identità dei commensali beneficiari non viene mai trasmessa alla cassa dell’amministrazione fiscale. Prodotti diretti della ricchezza, interessi e dividendi costituiscono evidentemente una parte molto importante del piatto dei più ricchi.

Anche nella cucina francese interessi e dividendi, possono essere oggetto di un prelievo liberatorio. II tasso d’imposta però è nettamente più alto. 34,5% su dividendi e 37,5% sugli interessi. Gli chef belgi, al massimo arrivano al 25%.

E così, scomparendo gli ingredienti, i redditi da capitale, le valige si preparano e i posti al tavolo si comprano. Se poi ci aggiungiamo le guarnizioni, i contorni, le plusvalenze da capitale, i guadagni tramite la compravendita di azioni…. In Francia, come in Italia del resto, queste sottostanno già ad una tassazione di per sé fin troppo favorevole ma debbono essere dichiarate al fisco. Nel nuovo ristorante di Gerard Depardieu, non finsicono nel totale del conto. Schivano qualsiasi tassazione. Eppure è evidente come sono proprio queste plusvalenze ad essere incassate soprattutto dalla fetta più ricca dei cittadini.

Alcuni dati sebbene non freschissimi: In Francia l’1% dei nuclei fiscali più ricchi contava per più del 50% delle plusvalenze dichiarate sull’imposta sul reddito dal 2002 al 2005. Negli Usa, più recentemente, nel 2008, rappresentavano il 21,8% del reddito imponibile dell’1% delle famiglie più ricche, e quasi il 45% per lo 0,01% più alto. La cifra calava a meno del 3,3% per il 4% delle famiglie successive.

Ovvio che così il Belgio con il suo fisco celestialmente imbandito consente un contributo particolarmente basso al reddito fiscale totale da parte dei commensali più benestanti, più esigenti. Se ci aggiungiamo poi che qui è più facile trasformare le portate i redditi da lavoro e dividendi in plusvalenze non tassabili abbiamo fatto un menu da 5 stelle plus.

L’esistenza del contributo sociale generalizzato (Csg) e dell’imposta di solidarietà sulla fortuna (Isf) in Francia – e non in Belgio – spiega perché “i milionari francesi si incazzano che le palle ancor gli girano” e alcuni di questi, spudoratamente, ammantano di reconditi significati nobili e rivoluzionari: “sono un vero europeo, un cittadino del mondo come mi ha sempre insegnato mio padre” il vecchio ticchio, evidentemente non solo italiano, di farsi gli affaracci propri.

(FINE)

TASSARE GLI ESPATRIATI (parte2)

“….e i francesi che si incazzano che le palle ancor gli girano” cantava Paolo Conte e noi scrivevamo qualche post fa.

Questi francesi sono i multimilionari d’Oltralpe sul piede di guerra e con le valigie in mano. Destinazione Paradiso Fiscale giusto poco più in là. Dovrebbe esserci un moto di indignazione, una ribellione verso queste mete e chi apre le valige e ci va. Ma i titoli dei giornali, non segnalano quest’aspetto ma, in fondo, giustificano quei francesi che si incazzano. Ultimo, almeno finora, Gerard Depardieu, che insieme a Catherine Deneuve, Monica Bellucci, Bernard Arnault, decine di supermanager di imprese, finanziarie e società quotate, stanno prendono la valigia o minacciano di farla.

L’attore francese, ha ammantato di ipocrisia la sua scelta di lasciare la Francia: “sono un vero europeo, un cittadino del mondo come mi ha sempre insegnato mio padre”. Ha scavalcato la frontiera e diventerà cittadino belga. Un piccolo salto. Andrà infatti ad un paio di chilometri dal confine francese, a Néchin, cittadina famosa per il regime fiscale agevolato che applica ai ricchi espatriati francesi. Li già ci stanno alcune famiglie alla guida del colosso Carrefour e membri della “dinastia” Mulliez che controlla Auchan.

L’aspetto allarmante e nello stesso tempo grottesco è che ben il 40% dei francesi (sebbene sia solo un sondaggio) capisce la scelta dell’attore di espatriare. Speriamo che capire non sia giustificare.

Per evitare, contenere, queste fughe ci sono ben poche strade. Non ultima però è quella, che dovrebbe essere utilizzata anche in Italia, di rinegoziare gli accordi fiscali con gli altri Paesi. E “costringere” la Comunità Europea, l’Unione Europea a rivedere le regole, a costruire un minimo di armonizzazione fiscale comune. Legiferare, anche in campo nazionale, per tassare gli espatriati. Rivedere le convenzioni fiscali una a una e in un futuro, appunto, collettivamente come Europa.