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SUPPLENZA CIVICA. LA LAPIDE LA TOGLIAMO NOI

Dopo un post di Alberto Anghileri che ricordava che la lapide fascista, malgrado il parere avverso di una Delibera ne decretava la rimozione entro il 31/12/2012, era ancora sul muro dello Stadio, si è deciso, con lui, di scrivere questa Lettera aperta…: Se non la toglie l’Amministrazione, per supplenza civica, la togliamo noi. Ci stiamo??

Lettera aperta al Sindaco di Lecco e al Presidente del Consiglio comunale

La storia è ormai nota a tutti i nostri concittadini, la riassumiamo solo per titoli, giusto per non dimenticare.

Nel 2001 l’Amministrazione comunale della nostra Città, formata da Lega nord, Forza Italia e Alleanza nazionale decise di equiparare i Partigiani e i repubblichini, lo fece ponendo una targa commemorativa per celebrare i fascisti fucilati dai partigiani.

Basterebbe rileggere le cronache di quei giorni, alla testa l’allora vice sindaco e attuale presidente della Provincia, Nava coadiuvato dal borgomastro leghista: i morti sono tutti uguali, è tempo di riappacificazione e altre corbellerie simili erano gli slogan di chi nel 2001 e ancora oggi, diserta le celebrazioni del 25 aprile per andare il giorno successivo a ricordare “il sacrificio” dei repubblichini.

Da subito noi antifascisti ci opponemmo a quella iniziativa, lo abbiamo sempre fatto nel rispetto delle Istituzioni, chiedendo formalmente alle diverse Amministrazioni comunali di rimuovere la lapide fascista.

Le risposte sono sempre state negative, poi finalmente il cambio della Giunta, finalmente anche nella nostra città il centrosinistra vince le elezioni, abbiamo pensato che togliere la lapide fosse “cosa normale”, purtroppo non è stato così, ma si sa i problemi della città erano e sono molti, l’eredità delle Giunte precedenti molto pesanti, i tagli alle finanze degli Enti locali non consentono grandi iniziative, anzi impongono sacrifici e rinunce.

Allora abbiamo chiesto formalmente un impegno del Consiglio Comunale per rimuovere la lapide, dopo un lungo e incomprensibile travaglio, finalmente, lo scorso 21 maggio , arriva la Delibera che decide “in ogni caso” la rimozione entro il 31 dicembre 2012. L’anno è finito e la lapide invece è ancora al suo posto.

Signor Sindaco e signor Presidente, ci piacerebbe sapere perché non fate rispettare quanto da voi stessi deciso, quali sono gli ostacoli che impediscono l’esecuzione della Delibera? Ostacoli – o presunti tali – che fino a ora non vi siete degnati di render noti.

Viviamo momenti difficili: il lavoro che manca, la crisi economica e finanziaria,  la perdita di ideali e valori, la mercificazione di tutto e via di questo passo. Ma proprio per questo, perché non compiere quei piccoli ma significativi gesti che non costano assolutamente nulla ma che sono utili e indispensabili per dimostrare attenzione a quanto richiesto da moltissimi cittadini?

Perché non applicare quanto da voi deliberato? Perché continuare a rinviare, magari nella speranza (vana) che ci si dimentichi? Sindaco Brivio e Presidente Marelli, attendiamo una vostra risposta o meglio ancora che facciate rimuovere la lapide.

Se questa decisione, di un secondo, rispettosa di un impegno pubblico, già per altro scaduto a fine anno, tarderà ad essere assunta, chiediamo ai cittadini per bene, seri, democratici, antifascisti, di ritrovarsi tutti insieme sabato 19 gennaio alle ore 15 (il 19 gennaio 1939 il fascismo sciolse il Parlamento e lo sostituì con la Camera dei fasci e delle Corporazioni) allo Stadio di Lecco, in via Cantarelli, davanti alla lapide non ancora rimossa.

Dopo canti, letture della Resistenza, e appunti di Storia, sarà nostro impegno di supplenza civica, dare concretezza a quanto già deciso dalla Delibera consigliare. Toglierla da lì. Pubblicamente.

Ci auguriamo, ovviamente, che prima di quella data sarete Voi stessi a fare quanto deliberato il 21 maggio a nome e per conto della Città.

Questa Lettera è tuttora aperta alla sottoscrizione e adesione di cittadini, associazioni e movimenti che condividono la richiesta di rimozione della lapide fascista.

Alberto Anghileri, alberto.anghileri@me.com

Paolo Trezzi, ugomoi@libero.it

CI VUOLE 1 MINUTO 1

Dopo le violenze durante lo sciopero europeo di mercoledì viene da pensare che l’impotenza non ha obiettivi per definizione: infrange quel che trova. E questo è quello che hanno fatto diversi manifestanti. Ma se si vuole aspirare a vivere in una democrazia, non si può esimersi dal sottolineare e dall’odiare chi piange infrazioni alle statue, alle vetrine delle banche, alle auto e mai ai diritti. Quel poliziotto che ha pestato, manganellato in faccia un ragazzino inerme e già a terra bloccato, tutti i suoi colleghi attorno, e quelli che lo conoscono e stanno zitti, insieme a quelli che non lo denunciano, quelli che non lo sbattono fuori dalla polizia e almeno lui dentro un carcere, tutti questi sono complici. Come lo sono stati a Genova, come in ogni altro posto dove in piazza le divise difendono i poteri.

Soffocano la democrazia.

Spesso viene vantato dai governanti il merito di aver mantenuto la coesione sociale.La coesione sociale viene vista da loro come un valore.I Giovani, i manifestati vogliono rompere dunque questa coesione sociale. Coesione sociale significa che gli oppressi dormono. Il sistema di potere al servizio degli oppressori ha diritto di detenere il monopolio della violenza e degli armamenti che legittimamente esercita attraverso la polizia, le forze armate, i servizi segreti. Agli oppressi, per troppi benpensanti, spetta il monopolio del bon ton e delle buone maniere, da esercitare nei modi e nelle forme della protesta pacifica, democratica e politically correct.

Qualcosa non torna.

Chi si chiama se a ferire tuo figlio (di tredici anni) è stata la polizia?

Se vogliamo aspirare a vivere in una democrazia e fare un primo passo verso questa direzione ci vuole 1 minuto 1 per far si che il Ministro Cancellieri obblighi i poliziotti a mettersi quel cazzo di numero identificativo su casco e divisa. Ogni minuto che passa senza che un parlamentare (vale anche per i locali Codurelli, Rusconi, Bodega ed il più impresentabile di tutti Castelli) la presenti come proposta, ed il cittadino la chieda come legge, è complicità.

Chi si chiama, nel frattempo, se a ferire tuo figlio (di tredici anni) è stata la polizia?

NO ALLA PARATA DEL 2 GIUGNO

Senza retorica, ma 2,9 milioni di euro per la parata militare del 2 giugno e 10 milioni di euro per la parata del Papa a Milano potrebbero andare subito alle zone terremotate alle famiglie degli operai morti, alle famiglie rimaste senza tetto.

Senza affidarsi solo ai soliti SMS e al buon cuore degli italiani. E’ innanzitutto lo Stato che deve fare lo Stato.

Il Presidente Napolitano avrebbe potuto dare un segnale diverso.
Avrebbe potuto.

Nel 1976 la revoco’, la parata, Forlani, Forlani dico signori… ce n’è uno laggiù tra grilli e bradipi che si rietiene almeno all’altezza di Forlani? Per la miseria, di Forlani…

LA LAPIDE FASCISTA, LA STORIA E IL RAGAZZINO

“Vogliamo ricordare 16 ragazzi che hanno dato la prorpia vita per un ideale, per avere un paese vero. Alcuni hanno detto che erano idee da condannare e chi avesse combattuto per queste idee doveva morire”. Così, falsamente, ancora una volta, ragazzini poco onesti e ideologicamente violentati scrivono e pronunciano senza vergogna. Una falsità che serve solo a loro per negare l’evidenza, negare la verità. Storica e quotidiana.

Quei 16 ufficiali e sottoufficiali fucilati il 28 aprile del 1945 allo Stadio di Lecco “avevano un’ideale” sì ma sarebbe onesto, è onesto dire pure quale. Il ragazzino intervistato dimentica di dirlo. L’ideale era quello nazifascista. Nazista e fascista che da oltre 20 anni stava massacrando, violentando e umiliando popoli e cittadini.

Il ragazzino dice ancora che “volevano un Paese vero” ma sarebbe onesto, è onesto, dire pure quale. Il ragazzino intervistato dimentica di dirlo. Il paese vero era quello nazista e fascista, dittatoriale e razzista. Quello delle Leggi razziali, delle violenze gratuite, dei campi di sterminio, delle torture, del ritenere gli altri, tutti gli altri, succubi, animali e meritevoli di ogni violenza. Un Paese così vero che negava democrazia, libertà, giustizia e solidarietà.

Il ragazzino dice ancora che “alcuni hanno detto che erano idee da condannare e chi avesse combattuto per queste idee doveva morire”. Ma sarebbe onesto, è onesto, dire che quegl’ufficiali e sottoufficiali, come tutto l’esercito e le milizie fasciste, che loro comandavano e rappresentavano, erano formate per uccidere e hanno ammazzato. Il ragazzino intervistato dimentica di dirlo.

Il ragazzino dimentica di dire a se stesso e a tutti che le milizie della GNR fascista da anni ammazzavano brutalmente e con torture partigiani e cittadini con la sola colpa di non esssere fascisti, di non volere la dittarura. Qui a Lecco i fascisti con i nazisti hanno mandato a morire in campi di concentramento e sterminio ragazzi, uomini che il 7 marzo del 1944 hanno avuto la forza e la dignità di rivendicare – con uno sciopero nelle fabbriche di Lecco, in primis la Rocco Bonaiti – pane e libertà, pane e pace. Continua la lettura di LA LAPIDE FASCISTA, LA STORIA E IL RAGAZZINO

LA MARCIA DURA UN GIORNO SOLO, LE CONSEGUENZE DELLE SCELTE?

E’ stata una bella marcia della pace.
Colorata, numerosa, giovane. Così l’ho vista oggi dal balcone di casa verso la chiesa dei Cappuccini.

Tanti gruppi, tanti oratori, con striscioni pieni di speranza, pace e giustizia.
E sebbene la gente in generale non è sede di ogni virtù, e la gente di questo paese in particolare non gode di un curriculum politico e civile tale da farcela considerare sicuro strumento di redenzione, speriamo che questo afflato di giustizia sia un seme di cambiamento.

Perché pensare e vedere che in questa marcia di Pace e giustizia, soprattutto in prima fila, non come lampadieri di umanità ma come generali in testa al proprio esercito, c’erano politici, istituzioni e autorità che fino a pochi mesi fa (e ancora oggi) consideravano inevitabile e giusto, bombardare (in silenzio) i libici per liberarli da Gheddafi o sterminare afghani per liberarli dagli stessi afghani, nonché sodali e solidali con parlamentari e partiti che hanno votato a favore di bombardieri e guerre, stringe un poco il cuore. Disorienta un poco.

Nell’attesa che i politici aprano gli occhi il mio tifo è tutto per quella moltitudine di persone, giovani o meno che erano in marcia mal guidate, mal precedute, da questi professionisti della passerella, della sfilata, dall’anomala declinazione di Giustizia in giustizieri.
(Qualche riciclato alfiere dell’intervento armato in Libia, per non parlare della campagna “Oil for Democracy” direzione Kabul, non dovrebbe essere sfuggito infatti neppure al più distratto).

Un tifo che chieda quindi atti concreti, visibili, misurabili, rapidi a politici, autorità, chiesa.
Che chieda finalmente giustizia sociale e voti conseguenti, che chieda rispetto del territorio e del paesaggio, dei beni comuni e della libertà delle persone. Che chieda minori spese militari e basta guerre, anche quelle mascherate da missioni umanitarie.
Che chieda verità e giustizia, trasparenza negli atti, chiarezza nelle parole e coerenza nelle azioni.

Perché o si “marcia” tutti i giorni o non si marcia mai. Tanto più se i politici e autorità che ce lo chiedono sono tutt’altro che pecorelle smarrite.
Altrimenti, mi sia permesso,  tutta quella gente che era in marcia era solo la legittimazione per cui quelli davanti stanno davanti e continueranno a prendere in giro i cittadini.