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SI VENDA ALLA CITTA’ NON LA CITTA’

Ho partecipato, invitato, all’incontro promosso dall’Amministrazione per la presentazione del Piano delle alienazioni e valorizzazione dei beni immobili comunali. L’incontro, quello di giovedì, aperto alle associazioni col fine, sulla carta, anche per raccogliere proposte e suggerimenti.

L’incontro è stato abbastanza partecipato. Diverse, infatti, erano le realtà presenti, quelle che hanno locali del Comune in affitto, altre che lavorano con lo stesso e altre ancora che aspira(va)no ad averla una propria sede in locali del Comune. Cioè, mi si scusi l’arroganza, più per interessi particolari che collettivi.

Nella sostanza però il tutto si è rivelato più un tentativo di misurare il polso, per un’alienazione auspicata da parte del Comune con una ricerca di legittimazione. Se il Comune ha idee diverse dall’alienazione o dismissione non si è ben colto, nel suo asse esplicito e portante. Se si deve vendere, se si è deciso di vendere, allora si venda alla città, ai cittadini.

Sono stati mostrati i beni alienabili e quelli “appaltabili” in cambio però della loro ristrutturazione. Una manciata o poco di più di beni che cozza sullo scopo dichiarato dell’incontro.

Beni troppo pregiati/simbolici per esser venduti (Villa Guzzi, Villa Ponchielli, complesso Bione) e beni troppo irrisori o malandati o vincolati per ricavarci seri proventi dalla loro dismissione (23 lavatoi, l’ex asilo notturno di Pomedo e l’ex Cinema Lariano). La polpa, la ciccia, per far cassa restano il Palazzo Ghislanzoni (avuto in donazione) di via Roma 51 e il Palazzo ex Artistico di Via Sassi dove ci sono diversi uffici comunali.

E proprio qui si aprono alcune strade che il Comune farebbe bene ad esplicitare per evitare incontri che vorrebbero richiamare la trasparenza della prassi, del metodo, ma che, invece, rischiano di essere incontri vuoti, formali, che giocano con le parole. Basta vedere il Palazzo delle Paure – nei fatti nuovamente abbandonato – a cui non è ancora stata scelta una destinazione d’uso.

L’Amministrazione vuole, ha deciso, di trasferire in altra sede – in un’unica sede – gli uffici, le attività del Comune? Se ha deciso per il si, come sembra, il dovere di queste riunioni con le associazioni non si pone mica poi tanto. Come la si paga la sede nuova che soldi non ce ne sono nemmeno per gli autobus e la mensa scolastica? Che non ce ne sono nemmeno per salvare il simbolo turistico di Lecco quale è Villa Manzoni? Facendo operazione di permuta e scambio? Per vendere il Palazzo di via Sassi ovvio che devi trasferire gli uffici ora li presenti. Dove? Nella sede attuale della Banca Popolare in Piazza Garibaldi? Nel temporaneo Nuovo Tribunale? Nella terza o quarta Torre della Meridiane?

E se devi pagare uno di questi nuovi palazzi vendendo/scambiando i beni comunali attuali poco o nulla resta. Nell’attesa che ce lo dicano, non sembra fattibile l’accollo degli stabili da parte delle associazioni. Anche pensando, infatti, di avere in comodato d’uso gratuito per le associazioni alcuni stabili in cambio delle spese di adeguamento a norma e di ristrutturazione, questo preclude la possibilità di partecipare all’assegnazione alla quasi totalità delle realtà associative della Città che difficilmente potranno farsi carico di costi non indifferenti. Essendo, come risaputo, moltissime rette solo grazie al volontariato gratuito.

Allora l’invito in realtà è diretto a sollecitare ben altri soggetti? Quelli economici e imprenditoriali? Se così non fosse come si può mantenere un bene in dotazione al pubblico per una valorizzazione ad  utilità sociale?

Essendo la situazione e la società figlia di questi tempi è da ritenere, purtroppo, marginale, improbabile, l’intervento di un mecenatismo della borghesia lecchese, dei capitani d’industria del terzo millennio. I Badoni, i Bovara, i Fiocchi, i Guzzi, i Beretta, nemmeno nelle valenze sociali e civiche odierne se ne vedono all’orizzonte.

Allora auspicando che prima di impegnarsi nella trattativa di cambio sede del Palazzo – si inizi a mettere testa e tempo vero in progetti intensi di alfabetizzazione elettronica e telelavoro che ne ridurrebbero di molto la necessità e paventata urgenza di trasferimento e contemporaneamente si realizzino interventi ecologici/redditizi, a costo zero, grazie alle Esco, le società private che permettono risparmi economici di ampia importanza – credo che forse si possono e si debbono valutare forme di sostegno al mantenimento dei beni del Comune e la loro contemporanea valorizzazione pubblica e sociale con altri interventi che non sono le vendite e le dismissioni.

Anche perché è quantomeno bizzarro valorizzare beni pubblici vendendoli. E allora perché non battere altre strade, complementari, da sperimentare, da preferire, da considerare almeno, come per esempio i percorsi degli ATU (ambiti di trasformazione urbana), nel PGT in approvazione. Ce ne sono ben 19 e, semplificando, sono una partita di giro. Io pubblico ti autorizzo a te privato a trasformare delle zone, delle aree, in cambio mi dai oneri urbanistici, opere e servizi. Ecco partiamo da qui: alziamo la posta per lo scambio.

E soprattutto utilizziamo la leva della compensazione ecologica preventiva, cioè prima privato fai i servizi e le opere di interesse pubblico (quindi anche mettere a posto gli stabili dismessi del Comune) e solo poi fai le tue opere che ti abbiamo approvato. Ma si può anche pensare altro. Perché con attenzione e prudenza, non si studia anche di creare un supporto finanziario per questi – e altri – beni dei Comune? Se come sembra la priorità del Comune non è la conservazione, come infatti ribadisce il Sindaco: “anche se Tremonti ci dà i soldi domattina la nostra priorità non è quella di metterli nella valorizzazione degli immobili”, seppur noi ancora basiti basta dirlo.

Vuoi vendere? Bene, “vendi” ai cittadini.

Con un fondo immobiliare chiuso a lunga durata, a maggioranza comunale eventualmente, dove le singole quote vengono messe in vendita ai cittadini e con questi proventi si ristrutturano gli immobili da ristrutturare. Si fanno confluire, per redditività, tutti gli affitti attuali e i progetti (anche economico-sociali) di post-recupero raccolti in un lasso di tempo più lungo che i pochi mesi attuali. Ora un piano di svendita sembra pure al ribasso.

Questo percorso di sostegno lo si può fare anche usufruendo dei più semplici Certificato di deposito dedicati che, attraverso un fondo di garanzia moltiplicatore, dato dal valore dei beni stessi, una banca, Banca Etica ( o con un’integrazione al Bando per la Tesoreria che lo rende condizione per l’assegnazione del servizio) faccia da catalizzatore dei risparmi dei cittadini o di altri Enti che al posto di tenerli inutilizzati li investono a tasso fisso appunto in CD? Fors’anche si può pensare al pagamento non solo di cedole in denaro reale ma con interessi sociali, servizi comunali.

Certo se poi la vendita è la priorità del Comune basta dirlo. Ma si venda alla città e non la Città.

PANNELLI E TASCHE PIENE DI VUOTO

E’ paradossale – ma proprio tanto – come questa nuova Amministrazione Comunale di Lecco incominci sempre dalla coda nel fare azioni propedeutiche ai cittadini depotenziandone quindi i risultati.

Dopo l’aumento dei biglietti dei bus e pure il taglio delle corse; dopo l’adesione a singole giornate sul risparmio energetico e all’imperterrito quotidiano spreco di corrente in corridoi e stanzoni vuoti del Municipio, ecco la farloccata del Bando per i pannelli fotovoltaici.

La missione del Comune non è certo fare lo speculatore ma è paradossale come faccia azioni dove fa credere di guadagnare 10 ed invece ne perde 90.

L’ennesimo esempio è appunto il Bando per la cessione, alla società che vincerà l’appalto, del diritto di superficie del tetto della scuola media don Ticozzi, (1400mq), per l’istallazione di pannelli fotovoltaici, in cambio, più o meno, del pagamento della bolletta elettrica, (16.000 euro).

Questa Amministrazione, che si spaccia, a vanvera, di essere ecologista, vicina all’ambiente (bastano i fiori nelle aiuole?) e attenta agli interessi dei cittadini, nasconde, o ignora, innanzitutto il problema maggiore degli immobili scolastici comunali. Che non è il costo dell’energia elettrica consumata ma la dispersione termica e conseguentemente lo spreco di riscaldamento con i relativi costi.  Che quei pannelli non risolvono. Continua la lettura di PANNELLI E TASCHE PIENE DI VUOTO

CATTIVO RIPETENTE

Credo che l’intervento del Presidente Nava fintamente sulla lapide fascista posta allo stadio di Lecco e della rimozione della stessa, sul quotidano La Provincia del 1 maggio, sia la dimostrazione che non ha le idee chiare neanche su questo tema.

Parla di cattivi maestri e poi copia le parole di un suo assessore evidentemente non avendone di proprie che ritiene efficaci. Non che quelle dell’assessore Dadati lo siano, ma leggere, sebbene su organi di stampa diversi, le stesse frasi sui “cattivi maestri” prima a firma dell’assessore e poi del Presidente… dovrebbe fare almeno la tara del cattivo ripetente.

Troppo intenti i finti pacificatori, i veri revisionisti, a trovare termini ad effetto, da commettere errori degni della chiacchiera da cantun dei ball.

E’ bene far presente non tanto la Storia degli anni della dittatura fascista in Italia e qui a Lecco, o del finire di essa con la battaglia del 26-27 aprile 1945 a Pescarenico in via Como presso casa Panzeri, e cioè gli atti ed i fatti che hanno portato, inevitabilmente, alla fucilazione, – secondo le Leggi di guerra – dei 16 ufficiali allo Stadio di Lecco che, revisionisticamente, con finto moto umanitario e vero strumentalismo si vogliono ricordare con quella Lapide della vergogna.

Non serve scomodare la Storia perché per quei fatti e appunto quella Storia ci sono molti libri e molte testimonianze anche solo andando nella Biblioteca civica di Lecco in via Bovara, che dista 150 metri dalla sede degli uffici provinciali di Nava.

Serve invece  ricordare a loro e tutti gli altri ingenui applauditori delle parole del Presidente Nava che togliere la lapide non è una richiesta del cattivo maestro di mezz’età Alberto Anghileri a cui si imputa di non aver vissuto la guerra  o addirittura dell’ancor più giovane, sebbene solo cattivo, sottoscritto che l’ha proposto ancor prima e che la guerra non l’ha neppure studiata sui libri di scuola.
La richiesta al Comune di togliere da quella via pubblica la Lapide fascista è della sezione provinciale dell’Anpi di Lecco, che è l’acronimo, nel caso sia sfuggito al glabro Nava, di Associazione nazionale partigiani d’Italia. Cioè proprio quelli che quella guerra, quella dittatura, quelle violenze, quell’atto vigliacco e omicida dell’esposizione della bandiera bianca e del continuo far fuoco fatto dai fascisti il 27 aprile 1945 a Pescarenico, e che ha causato la morte di giovani partigiani, l’hanno vissuta in prima persona, direttamente. E cioè quella richiesta ha tutte legittimazioni per essere accolta. Tutt’altro che ideologica.

Ricordo che dieci anni fa quando il Comune paventò la posa di quella lapide della Vergogna, oltre 800 cittadini, tra questi i più illustri, in pochi giorni firmarono la loro contrarietà.
Tanto che i Nava e i Dadati dovettero metterla, come ladri nella notte, in gran segreto.

Infine sono a sollecitare il Sindaco, che in questo caso non può essere pilatescamente il sindaco di tutti, a rimuovere quella lapide a prescindere dalla formale richiesta, sebbene ormai pubblica, dell’Anpi.

Alcune decisioni, come questa appunto, distinguono gli uomini e gli amministratori ancor più di un consenso elettorale. Ogni giorno che passa è un giorno perso, di ripristino di verità e giustizia.

Una volta tolta non la butti via, la faccia pure deporre sul muro interno di un cimitero.
I morti sono tutti uguali ma le vie pubbliche, le targhe commemorative, lo dimostra anche questo 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è ad esclusivo servizio della memoria di chi l’Italia, con le sue gesta l’ha fatta e non di chi l’ha offesa, umiliata, stuprata e ora la vuole mettere al muro.

ATTO VANDALICO CON LA LAPIDE

Non vuole essere un paradosso ma il Comune dovrebbe finirle le frasi dei suoi rapidi e precipitosi comunicati stampa.

E’ deplorevole e ignorante imbrattare la lapide fascista allo Stadio. Chiunque sia stato.
Ma è un atto vandalico ben peggiore, a cui questo Comune, questa Amministrazione, dovrebbe con fermezza e dignità, porre rimedio, quello di lasciare esposta al pubblico la lapide fascista stessa.

C’è un oridne del giorno dell’ultima assemblea provinciale dell’Anpi che ne richiede, a ragione, la rimozione.
Non si rimuove la storia togliendo quella lapide ma quel becero, peloso, amorale, tentativo di revisionismo che i promotori hanno voluto promuovere con la sua posa.

L’atto vandalico è la posa della lapide.
Malgrado questo imbrattamento il Comune dovrebbe, coerentemente con la sua storia e i suoi valori, toglierla finalmente da quel muro e mettere via.

UNA STAZIONE DI LIBRO

Non che compensi l’aumento dei biglietti dei treni, ma, almeno in parte, potrebbe alleviare i ritardi cronici che ormai quotidianamente si è costretti a subire come pendolari.

Una piccola proposta, romantica, e senza particolari oneri è quella di contribuire ad istallare in ogni sala d’attesa delle stazioni ferroviarie del territorio una piccola mensola con dei libri a disposizione gratuitamente dei viaggiatori. Credo che sia molto meglio di quella free-press, giornali gratuiti, pieni di pubblicità e disordine che invadono le panchine delle stesse.

Potrebbe essere un servizio che le Ferrovie, con i vari Comuni, le singole Biblioteche, le stesse librerie mettono a disposizione attingendo dalle giacenze e disponibilità delle Biblioteche, edizioni doppie, da scartare ecc.. che invece in mano al viaggiatore ritrovano vita e utilità.

Libri che possono essere letti durante l’attesa del proprio treno e poi riposti sulla mensola o anche presi in prestito, con un rapporto implicito fiduciario, senza nessuna registrazione, portati a casa e resi dopo la lettura. In quella stessa stazione o in un’altra.

Il viaggiatore può anche riporre sulla mensola i suoi libri che ha già letto e che, se in buono stato, contribuiscono ad alimentare questo scambio.

Senza ingolfare la sala d’attesa, bastano, credo, in media una decina di libri inizialmente, ci accorgeremmo che prendendo un libro… il tempo vola. Ed il treno è quasi subito qui.

Fra poche settimane si inaugurerà la nuova edizione della settimana della cultura e del libro promossa da Confcommercio Lecco, potrebbe perciò essere, senza voler dettare agende a nessuno, un modo di affiancare queste giornate di promozione con un servizio concreto e continuativo. Da promuovere anche, perchè no,  con iniziative durante l’anno. Letture condivise, presentazione di un libro….

Ci sono degli interessati?

una proposta per LA CITTADELLA DELLA LUCE

Forse ci sono due strade che non sono ancora state pensate per sostenere il Progetto 4L per salvare cioè la Fabbrica Leuci di Lecco da una fine ingloriosa.

La prima non è un disquisire in termini teorici e retorici ma c’era – ci sarà – un modo, pubblico e concreto, per far sì che la “Cittadella della Luce-Leuci”, possa trovare forza, gambe salde,  concretezza e sostenibilità. Cioè che trovi commesse e dia lavoro, che contribuisca a sviluppare una nuova linfa di economia locale con ricadute positive sul territorio.

La prima strada è quella che l’azionariato che si sta cercando di formare sia composto, come per Silea o Lrh Lario Reti Holding, dagli Enti pubblici della Provincia. I quali possono investire, ognuno, cifre relativamente non esorbitanti per i loro bilanci o pensare di raccoglierle attraverso l’emissione di BOC, Buoni ordinari comunali, finalizzati ad un progetto specifico, in questo caso la Cittadella della Luce.

Essere i soli azionisti, dovrebbe permettere di creare una società in house, ad esclusivo o prevalente servizio degli stessi soci, e conseguentemente di affidarle direttamente tutti gli appalti per introdurre i Led, il fotovoltaico Solar print ecc.

Immaginiamo, infatti, quanto i Comuni potrebbero aver bisogno di queste tecnologie e servizi, a partire dall’illuminazione pubblica stradale, la segnaletica semaforica, la produzione di corrente elettrica e riscaldamento questo dopo un’adeguata coibentazione degli edifici e delle scuole pubbliche, e ancora le lampade e i punti luce interni agli edifici comunali …Cioè senza andare a cercare appalti e commesse al massimo ribasso, cosa oggi invece pressoché obbligatoria, la nuova realtà societaria avrebbe per i primi anni, per un quinquennio e più almeno, la strada tracciata per una sostenibilità economica  ed uno sviluppo anche lavorativo.

Una strada che non sarebbe peregrina se il ministro Tremonti e questa maggioranza non avessero introdotto un divieto. L’Art.23-bis della legge 133-2008 che vieta, infatti, categoricamente questi sostegni, questi affidamenti diretti. Ma uno spiraglio ci sarebbe, c’è. Nei prossimi mesi sarà indetto il referendum abrogativo di questo articolo, legato e promosso per salvare l’acqua pubblica dalla speculazione e dai profitti dei privati.

Se vincesse il SI all’abrogazione di questo articolo, oltre a salvare l’acqua pubblica, si riuscirebbe a sostenere, per l’interesse collettivo dei cittadini anche attività come quelle della Cittadella della Luce, o quantomeno ci sarebbe una possibilità in più.

La seconda strada, che potrebbe diventare la prima, è quella di affiancare a imprese del settore che si stanno sollecitando, ed eventualmente ai Boc, un’associazione degli amici della Cittadella della Luce, (come quella degli amici dell’Ospedale Manzoni – un poco più rappresentativa) da creare ad hoc, per fare una cordata di singoli privati, modello azionariato popolare (ma non per vendere/comprare isolette locali tramite procacciatori di affari) per intervenire – ognuno con quel che può – con alcune quote da aggiungere a quelle delle imprese locali alle quali, coem incentivo temporaneo potrebbe essere parzialmente compensata la stessa  con lavori di adeguamento energetico nei loro stabilimenti, aziende, servendosi dei prodotti e della progettazione di 4L, la Cittadella della Luce.

Di Leuci ne abbiamo già parlato qui e qui