EUCOOKIELAW_BANNER_TITLE

microCREDITO locale: SE NON ORA QUANDO?

se-non-adesso-quando-se-non-noi-chi-progetto-per-la-comunita

L’idea e l’iniziativa di una colletta per i più bisognosi promossa in questi giorni dal Prevosto mons. Cecchin nonché dal Cardinale Tettamanzi “è cosa buona e giusta” che merita sostegno e ringraziamenti. Pubblici. E’ una proposta che va replicata in tutti gli ambiti possibili.

Perché, come diceva Brecht, non si può cambiare il mondo e non tenere conto che fuori c’è uno che muore di freddo, ora. Se non gli si dà una coperta nel frattempo che noi cambiamo il mondo quello crepa di freddo. Perciò ben venuta beneficenza.

Mi permetto, in aggiunta, ragionare anche per individuare un modello che riconosca sia la dignità del ricevente che la stortura del sistema che ha impoverito ed impoverisce sempre più persone. Sempre più nostri concittadini che non sono oltre la soglia dell’indigenza ma di questo passo non può bastare più nemmeno la illuminata beneficenza.

Perché come  ha riconosciuto lo stesso Prevosto quest’ultima ha dei limiti.

I limiti sono evidenti e seppur non inficiano la bontà del progetto appunto lo limitano.

Consapevolmente. Il tempo ristretto dell’iniziativa della parrocchia: è, infatti, racchiuso nei 20 giorni delle festività natalizie.

La forma: beneficenza attraverso offerte in Basilica che, con evidenza, ne circoscrivono l’entità

I destinatari: nominativi recuperati dal centro ascolto della Caritas che ne delimita il bacino.

Oltre ad auspicare che la lungimiranza del Prevosto contagi e sensibilizzi altri settori sociali del territorio facendo propria l’iniziativa, è giusto riconoscere che molte potenzialità e valenze sociali rimarrebbero comunque inespresse.

Per queste credo sia urgente e necessario pensare, insieme ad un modello di sostegno e interazione per tutti quei soggetti che non passano al Centro ascolto Caritas. Continua la lettura di microCREDITO locale: SE NON ORA QUANDO?

SETTIMANA CORTA per troppi creduloni

 Prima di ridurre il tempo lavorato e lo stipendio a chi fa già fatica ad arrivare alla fine del mese sarebbe opportuno, soprattutto dalla parte dei lavoratori e di chi li rappresenta fotografare l’esistente e fare alcune considerazioni. Oggettive. E prendere, ognuno per la sua parte, almeno coscienza.

In Italia e negli altri Paesi industrializzati, gli ultimi 25 anni hanno visto la quota dei profitti sulla ricchezza nazionale salire a razzo, amputando quella dei salari, e arrivare a livelli impensabili (”insoliti”, preferiscono dire gli economisti). Secondo un studio pubblicato dalla Bri, la Banca dei regolamenti internazionali, nel 1983, all’apogeo della Prima Repubblica, la quota del PIL, intascata alla voce profitti, era pari al 23,12% Di converso, quella destinata ai lavoratori superava i tre quarti.

Nel 2005 era al 31,34% del Pil, quasi un terzo. Ai lavoratori, quell’anno, è rimasto in tasca poco più del 68% della ricchezza nazionale. Non sono numeri e basta. Hanno un significato. Determinante

Otto punti in meno, rispetto al 76% di vent’anni prima. Una cifra enorme, uno scivolamento tettonico. Per capirci, l’8% del Pil di oggi è uguale a 120 miliardi di euro.

Per i 17 milioni di dipendenti, vuol dire 7 mila euro tonde in più, in busta paga.

Se i rapporti di forza fra capitale e lavoro fossero ancora quelli di vent’anni fa, quei soldi sarebbero nelle tasche dei lavoratori, invece che dei capitalisti.

Continua la lettura di SETTIMANA CORTA per troppi creduloni

PARMALAT: VERITA’ SCREMATA (leggete anche il commento)

Dopo la sentenza Parmalat si resta sbigottiti.

Il caso Parmalat, infatti, trova teoricamente molti spunti di diversità con il caso Lehman Broters o addirittura il recentissimo caso Madoff, l’imbroglione già guru di Wall Street che, con una catena di San Antonio, ha fregato miliardi alle banche.

Il caso Parmalat, ha un dato inoppugnabile, che per il momento non ha avuto valore penale e giuridico. Le Banche con Parmalat sapevano. Oppure è strano, visto il comportamento tenuto, che non sapessero.

Un bond da 150 mil € scadente a inizio dicembre 2003 fece crollare il bluff di Parmalat. Tanzi non riuscì a rimborsarlo malgrado bussò a tutte le banche. Quegli stessi istituti che da 10 anni avevano collocato numerosi bond della Parmalat si tirarono indietro. Tutte. Una società che aveva 7 miliardi di euri di obbligazioni regolarmente sottoscritte dal mercato non trova un soldo? Per quale motivo, se è vera la tesi che le banche non erano a conoscenza del dissesto? Perché, se è vera la tesi che sarebbero state truffate al pari di qualsiasi risparmiatore?

Le grandi banche sono uscite indenni dal dissesto. Anzi, per alcune di esse il crack è stato un lauto affare. Hanno mediamente portato a casa il 93% della loro esposizione verso Parmalat, e alcune l’incasso ha abbondantemente superato il 100% del credito. Stando al commissario straordinario, Enrico Bondi, che l’ha segnalato al Tribunale di Milano. Deutsche Bank il 27 dicembre 2003, alla dichiarazione d’insolvenza, aveva crediti per più di 154 mil€, è uscita con quasi 217milioni: il 40% in più del credito originario. La Parmalat è stata un affare anche per UniCredit e Capitalia, che hanno recuperato il 124% e il 123% dei rispettivi crediti, vale a dire 212 milioni e 533 milioni. Conclusione: la Parmalat è stata, per le banche, una mucca da mungere. Tra proventi e commissioni percepiti negli anni prima del default, UniCredit ha incassato quasi 107 mil€, Capitalia 267, Sanpaolo-Imi 104 e Citibank 182.

Questo è stato anche possibile perché i titoli Parmalat furono “passati” dalle grandi banche ai risparmiatori nei dodici mesi che precedettero il crack del gruppo, dichiarato il 27 dicembre 2003.

Il documento, ricco di particolari, trasmesso dalla Banca d’Italia alla Procura di Parma il 17 novembre 2005 lo dimostra. In questo documento, scovato dall’ottimo Giuseppe Oddo, giornalista de il sole24 ore, si studiano le posizioni di Citibank, Intesa, Bnl, Capitalia, SanpaoloImi, Banca Popolare di Milano (Bpm), Banca Popolare Italiana (Bpi), Deutsche Bank, MPS e Unicredit, cioè alcuni dei gruppi bancari che erano più esposti verso Parmalat.

parmalat-massimo-minimo Continua la lettura di PARMALAT: VERITA’ SCREMATA (leggete anche il commento)

DOPO LE CRISI scorse E PRIMA DELLA PROSSIMA

Ho partecipato mercoledì 10 dicembre alla Assemblea indetta da Federconsumatori Lecco sui risparmi e sul caso Lehman Brothers, interessante e ben partecipata. C’erano, infatti, circa 70 persone e palesemente quasi tutte colpite dal crack della banca d’affari americana. 

Secondo me alcuni aspetti sono nuovamente emersi come macigni.

Due su tutti.

Il primo da parte della platea e quindi degli investitori. Un’evidente carenza di cultura finanziaria che non si vuole riconoscere per se stessi. Grave perché è il mare in cui nuotano i pescioloni e gli squali dei “consulenti” finanziari affamati di soldi e commissioni. Le banche su questo ci campano per raggiungere i propri, ambiziosissimi, obiettivi di budget.Io non ho ancora capito come sia possibile che investitori ordinari – in tutt’altro affaccendati – comprino prodotti e strumenti finanziari che hanno nelle note informative parole come tasso swap, derivativa, currency swap, fiduciaria ecc e poi si lamentino di essere stati fregati.

Oppure come si è sentito dire durante l’incontro da una signora, confermato poi da altri: “sul contratto che ho firmato c’è scritto che ho ricevuto la nota informativa che la Banca era tenuta a rilasciarmi, ma non è vero, non me l’ha data”.

La responsabilità va almeno divisa, io credo. 

Qual’è la ragione per cui dopo questi ultimi lunghi anni di ripetuti crack finanziari (Argentina, Parmalat, Bipop, Giacomelli, Cirio…) ci si continua a fidare, acriticamente, ad occhi chiusi della propria banca?

Il secondo macigno, che si appoggia per giunta al primo, peggiorando la situazione dell’investitore, è il lassismo e il fumo negli occhi che Federconsumatori, ma vale anche per le altre associazioni di (presunta) tutela, gettano negli occhi degli investitori. Per evidenti carenze professionali, per facilità di approvvigionamento di tessere con il minimo sforzo e saltuario, per legittimarsi un ruolo che non hanno, preferiscono, irresponsabilmente, tutelare i risparmiatori solo dopo che sono stati (forse) truffati dalle banche e dai consulenti. Gli investitori vanno educati e messi in guardia. Ma dal modello non da un singolo caso, tantopiù se nel contesto è quasi una goccia nel mare e per giunta quasi probabilmente imprevedibile.  

Mi domando: Cosa si è fatto dopo le crisi Argentina, e dopo Cirio, e dopo Parmalat?

E ancor più necessario: Che cosa si farà prima della prossima crisi?       

 

Continua la lettura di DOPO LE CRISI scorse E PRIMA DELLA PROSSIMA

in dono: RACCONTO di NATALE

Di seguito un racconto-di-natale-kh risalente al mio periodo giovanile, ripeto giovanile, quindi ben lungi da quella maturazione artistica che nell’interezza del suo fulgore mi connota oggi. In effetti esso rappresenta la parte più sciatta della mia produzione letteraria e siccome sotto natale mi sento più cattivo, ve lo propino apposta, ben sapendo fra l’altro che non avrete nemmeno tempo di leggerlo.

Auguro a tutti un s.natale colmo di gioia, pace, letizia e colesterolo.

khorakahneker Gustavo Schianchi

BOLZANETO: non è un accidente.

Le serate informative di argomenti difficili o hanno relatori di qualità o almeno devono avere testimoni diretti.

L’incontro di ieri, giovedì 18 dicembre 2008, sui fatti e le paure del G8 di Genova 2001 e della caserma di Bolzaneto, svoltosi a Lecco organizzato dalle realtà locali Qui Lecco Libera e Centro Khorakhané ha avuto entrambi i tipi di relatori.

Di qualità e testimoni diretti.

Hanno, infatti, interagito con i molti presenti – la sala era gremita (150-170 persone) di cui moltissimi giovani ventenni, cioè che ai tempi di Genova erano poco più che adolescenti   l’autore del libro: “Bolzaneto, la mattanza della democrazia”, che ha fatto da cardine alla serata, Massimo Calandri redattore del quotidiano la Repubblica, collaboratore della rivista Micromega e dell’Espresso, nonché Vittorio Agnoletto, oggi eurodeputato, che a Genova è stato il portavoce di quel movimento italiano composto da oltre 700 associazioni di uomini e donne, religiosi, lavoratori, operai, scout, dei centri sociali, contadini, migranti, si opponeva, ognuno per la sua parte, per la sua competenza, per le sue affinità, ma insieme, alla globalizzazione economica e finanziaria che, lì era rappresentata dai G8, che, è sotto gli occhi di molti in questi giorni, per ingordigia, cecità e modello, sta portando sempre un maggior numero di persone nel mondo – ricco e impoverito che sia – utilizzando gli strumenti deplorevoli della guerra, della finanza, dell’abuso. Del potere. Continua la lettura di BOLZANETO: non è un accidente.

a forza di essere vento